«Nuovi oratori come arcipelago per riaprire le porte ai giovani»
La sfida dei centri estivi in epoca Covid-19 chiama in prima linea anche gli oratori italiani, circa 8mila in Italia, capaci di accogliere ogni anno 2,4 milioni di bambini e ragazzi grazie all’attività di circa 400mila animatori. Questi sono i numeri del Forum degli oratori, sorto nel 2009 per coordinare le numerose iniziative e poi confluito nel 2018 all’interno del Servizio nazionale di pastorale giovanile della Conferenza episcopale italiana. Il suo responsabile, don Michele Falabretti è consapevole che il modello tradizionale di grest e centri estivi debba cambiare, ma è pronto a darsi da fare per rispondere ai bisogni dei giovani e delle famiglie.
Avete presentato una proposta al Governo per riaprire i centri estivi. Come li immaginate? Bisogna dimenticarsi gli assembramenti come venivano fatti in passato nei cortili degli oratori, perché bisognerà lavorare con piccoli gruppi e contatti ridotti al minimo. Dovremo chiamarlo “l’oratorio arcipelago” e passare dalla concentrazione di tutti nello stesso luogo alle attività diffuse, dimezzando le presenze, facendole ruotare, utilizzando scale o palestre o gli altri spazi che ci saranno, nel rispetto delle regole che ci verranno date.
Sarà necessario fare controlli, dialogare con le istituzioni, trovare spazi e magari educatori. Siete pronti a fare rete con le realtà del territorio?
Da anni sul territorio ci sono forme di collaborazione con gli enti locali per diversi servizi o per integrarli. Non in modo omogeneo: certamente una parrocchia sperduta ha legami molto diversi rispetto a quelle nelle grandi città. E non sempre entrambe le parti sono disponibili a condividere i progetti. Ma più si fa rete più si risponde ai bisogni delle famiglie. Questo ragionamento va sostenuto anche con creatività in questa fase.
A proposito dei bisogni delle famiglie: secondo lei la proposta di aprire i centri estivi da giugno risponde alle loro esigenze?
Quest’anno ci saranno tante famiglie in grande difficoltà. Molti genitori hanno già consumato le ferie, i soldi non ci sono e la mobilità sarà quel che sarà. E tanti avranno bisogno di andare a lavorare. Ma c’è un altro aspetto molto importante che dobbiamo considerare: la salute pubblica e mentale dei bambibi. Un conto è chiuderli in casa a marzo un conto è pensare di tenerli tra le mura domestiche a giugno e luglio.
Le parrocchie, quindi, sono pronti a fare la loro parte?
Sarebbe assurdo mettere tra parentesi un vissuto e una storia che è radicata sul territorio e nelle famiglie da decenni. È stato fatto tanto finora, ma soprattutto c’è tanta voglia di fare ora che c’è bisogno.
Famiglie in difficoltà e senza ferie: non si può pensare di tenere i ragazzi in casa a giugno e luglio
Don Michele Falabretti RESPONSABILE PASTORALE GIOVANILE