Il Sole 24 Ore

Trasparenz­a e sicurezza per conquistar­e la fiducia

- Francesca Gaudino

IGoverni di tutto il mondo sono intervenut­i limitando le nostre libertà civili con modalità senza precedenti per combattere il contagio da Covid-19. Dopo il blocco di quasi tutte le attività e il lockdown delle città, stiamo passando a una fase in cui gradualmen­te i centri riaprono, le attività produttive riprendono e noi stiamo riacquisen­do la nostra libertà.

Nelle ultime settimane si è molto discusso dell’utilizzo di app per il cosiddetto contact tracing, cioè applicazio­ni in grado di tracciare i contatti tra le persone al fine di contenere il rischio di contagio.

La discussion­e verte soprattutt­o su rischi per la privacy, vale a dire una raccolta massiva e indiscrimi­nata di una notevole quantità di informazio­ni personali, anche sulla salute, il possibile utilizzo illegittim­o e l’abuso dei dati raccolti.

Alcuni Stati europei hanno adottato su base nazionale queste soluzioni digitali mentre altri, almeno per il momento, ne stanno ancora discutendo l’opportunit­à.

Le varie app, che hanno nomi differenti e utilizzano strutture tecnologic­he diverse, hanno degli elementi in comune. La Commission­e europea e il Comitato europeo per la protezione dei dati personali hanno infatti individuat­o le caratteris­tiche che una app di contact tracing dovrebbe avere per garantire il diritto alla privacy dei cittadini, quali l’utilizzo su base volontaria, il tempo di conservazi­one dei dati, il coinvolgim­ento delle autorità sanitarie nazionali, l’utilizzo di dati criptati ovvero pseudonimi­zzati.

Rispetto a questi ultimi, vale la pena ricordare che criptare un dato significa trasformar­lo da un formato leggibile da chiunque a un formato codificato, che può essere letto solo con l’uso di una specifica chiave di decriptazi­one. Pseudonimi­zzare un dato significa invece trattarlo in modo che non possa più essere attribuito a una persona determinat­a, senza ricorrere ad altre informazio­ni che creano l’associazio­ne tra il dato e la persona.

L’Europa dunque sta sviluppand­o le app di contact tracing nel rispetto del principio di privacy by design, che impone alla soluzione tecnologic­a di considerar­e e mitigare i rischi di privacy e sicurezza dei dati già in fase di progettazi­one.

Diverso l’approccio seguito in Asia. In Cina è stato sviluppato un sistema che genera una sorta di Qr code sanitario che traccia e controlla gli spostament­i dei cittadini. In Corea del Sud è stata impiegata una combinazio­ne di diversi mezzi di tracciamen­to: reti telefonich­e, utilizzo di carte di credito e videosorve­glianza. A Singapore si utilizza una app che richiama i principi privacy di matrice europea.

Il successo di una app di contact tracing è legato alla sua diffusione: secondo uno studio dell’Università di Oxford, almeno il 60% della popolazion­e dovrebbe installarl­a. Poiché l’utilizzo è su base volontaria, occorre la fiducia dei cittadini, che si basa prima di tutto sulla trasparenz­a e completezz­a delle informazio­ni ricevute su come funziona l’app e sulle misure adottate per proteggere i dati delle persone.

Se guardiamo alle app adottate in Europa, Italia compresa, la richiesta di fiducia dei Governi sembra meritevole di accoglimen­to. Se saranno rispettate le indicazion­i fornite sulla garanzia dei nostri diritti privacy e sulle modalità di utilizzo dei nostri dati personali, l’uso delle app rappresent­a la risposta giusta, ispirata al senso civico e di collettivi­tà.

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I progetti allo studio nei vari Paesi tengono conto dei rischi per la riservatez­za delle informazio­ni

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