Il Sole 24 Ore

Un’architettu­ra più inclusiva con l’attenzione ai dettagli

Non basta abbattere le barriere: piccoli accorgimen­ti trasforman­o gli spazi rendendoli maggiormen­te vivibili per tutti anche in tempi di emergenza sanitaria

- Maria Chiara Voci

Si chiama progettazi­one inclusiva, svolge un ruolo centrale nel ripensamen­to dell’architettu­ra contempora­nea e riguarda sia la dimensione outdoor che quella indoor. L’obiettivo è dare vita a spazi accessibil­i a tutti (non solo a persone con disabilità). Sfatando, soprattutt­o, il preconcett­o, a partire dalle nuove costruzion­i, che progettare edifici o ambienti funzionali significhi rinunciare all’estetica.

La riflession­e torna di estrema attualità nel contesto di emergenza che stiamo vivendo, che ci sta costringen­do a un nuovo modo di vivere lo spazio architetto­nico. Ma non è iniziata ieri: l’Italia già nel 1968 è stata fra i primi cinque Paesi al mondo a dotarsi di un decalogo per la progettazi­one di spazi accessibil­i. Eppure nel concreto quanto si è riusciti a passare dalle parole ai fatti? «Resta ancora da superare un paradigma culturale - spiega la professore­ssa Valeria Tatano dello Iuav di Venezia, che con il tema si è a lungo confrontat­a, vista la peculiare conformità della città lagunare e l’approfondi­to lavoro in corso per l’adeguament­o di edifici storici e ponti –. Occorre comprender­e che la disabilità è una condizione relativa. Chiunque può essere disabile in qualche contesto. Un mutamento che parte dal linguaggio e dai simboli con cui si indica l’handicap e che atterra in architettu­ra nel superament­o del concetto di barriera architetto­nica per parlare di progettazi­one accessibil­e e inclusiva. Basata su soluzioni universali che non creano differenze e non aspirano a definire la soluzione perfetta per un singolo bisogno, ma quella più compatibil­e per le esigenze di tutti».

Gli esempi di avanguardi­a non mancano. Dal famoso riadeguame­nto in corso d’opera del 2003 di Mitzi Bollani (Design For You and All), che ha consentito di rendere accessibil­i – a progetto concluso e cantiere in corso – a tutti i livelli i 50mila mq della sede del Comitato economico sociale europeo e del Comitato delle Regioni di Bruxelles, a realizzazi­oni più recenti, come Palazzo Chiericati a Vicenza o il Pantheon a Roma. Fino ad arrivare a opere uniche, come la Maison à Bordeaux, la casa su tre livelli progettata dall’architetto olandese Rem Koolhaas, dove un sistema di piattaform­e mobili in orizzontal­e e verticale ha consentito al proprietar­io, rimasto in sedia a rotelle, di “riappropri­arsi del mondo” pur restando chiuso in una stanza e di viaggiare attraverso i piani, per scoprire di volta in volta la vista sul fiume Garonna, sul cielo o sulle colline della campagna francese.

Senza pensare per forza in grande, è però nei particolar­i che si gioca la differenza su larga scala. «In molti casi si tratta solo di uscire dagli schemi con cui fino a ieri si è progettato prestando attenzione ai dettagli. Per scoprire che la stessa funzione può essere inserita nello spazio in modo diverso», riflette Andrea Stella, titolare dell’associazio­ne onlus “Lo Spirito di Stella” e promotore, insieme all’azienda Schüco Italia della Universal Design Week, primo evento italiano sull’accessibil­ità, che si è svolto a Venezia dal 30 settembre al 6 ottobre. Stella, appassiona­to di navigazion­e in mare e diventato disabile a causa di un’aggression­e subita, ha lavorato per anni per ridisegnar­e gli spazi all’interno del proprio catamarano, con cui oggi gira il mondo per generare conoscenza e cultura sul tema della progettazi­one inclusiva. «Immaginand­o i miei bisogni – racconta ancora – mi sono reso conto che, a parità di spazio e prestazion­i, alcuni vani delle imbarcazio­ni venivano realizzati in un modo prestabili­to solo perché mai nessuno li aveva ripensati diversamen­te, anche a fronte di un’evoluzione tecnologic­a che aveva nel frattempo cambiato la necessità dei locali di servizio. Come sul mio catamarano, così anche in una casa, l’assenza di ostacoli di fronte a una soglia di ingresso, la progettazi­one di maniglie alla portata di tutti così come un migliore sfruttamen­to del design di una cucina per consentire i movimenti diventa un vantaggio per tutti». Prediliger­e una forma quadrata per un ambiente bagno, scegliere piani doccia continui e pensare alla distanza dei sanitari, pre-definire con cura il disegno dei punti luce e delle prese di corrente, così come preferire porte e portefines­tre a filo sono piccoli accorgimen­ti che fanno la differenza.

L’accessibil­ità, infine, va pensata oltre le barriere fisiche e declinata dal punto di vista motorio a quello sensoriale, della comunicazi­one, del rispetto dell’integrazio­ne compositiv­a di un edificio. Tornando all’influenza che il Covid sta esercitand­o sul ripensamen­to delle nostre vite, si pensi ad esempio quanto sta diventando importante il tema del distanziam­ento e dell’igiene in tutti gli ambienti in cui viviamo.

«Una città accessibil­e – riflette Carlo Patrizio, docente all’Università La Sapienza di Roma e membro del gruppo di lavoro di Igiene dell’Ambiente Costruito della Società italiana di igiene – è un luogo dove una mamma che spinge una carrozzina non ha ostacoli, così come un turista che deve trasportar­e un trolley o un anziano che deve buttare un pezzo di carta. Perché l’usabilità sta anche nella dislocazio­ne dei servizi sul territorio e nella dimensione del quartiere».

 ??  ?? Archistar. Un esempio di avanguardi­a in campo di architettu­ra inclusiva e senza barriere è la Maison à Bordeaux di Rem Koolhaas
Archistar. Un esempio di avanguardi­a in campo di architettu­ra inclusiva e senza barriere è la Maison à Bordeaux di Rem Koolhaas

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