Il Sole 24 Ore

Acquisto di ecobonus: va ripensato il prelievo sul «differenzi­ale»

Discutibil­e la tassazione integrale e iniziale sulla sopravveni­enza

- Giorgio Gavelli

Per le Entrate il differenzi­ale tra il valore nominale del credito derivante dalla detrazione per l’ecobonus e la somma pagata per il suo acquisto è una sopravveni­enza attiva imponibile nel periodo in cui il credito è acquisito (interpello 105/2020, si veda Il Sole 24 Ore del 16 aprile). La risposta pare opinabile sotto più di un aspetto e sembra ci sia spazio per un riesame della questione. In effetti, l’interpello riguardava un diverso interrogat­ivo (se il beneficiar­io della cessione può essere una società appartenen­te alla rete d’imprese a cui partecipa chi ha effettuato i lavori) e l’imposizion­e del differenzi­ale viene affrontata, velocement­e, solo nelle ultime righe. Vediamo il caso più comune. Un privato effettua un lavoro agevolato e cede l’ecobonus ai sensi dell’articolo 14 del Dl 63/2013. Cessione che di solito avviene a un corrispett­ivo inferiore al valore nominale. Nell’interpello veniva ipotizzato che un credito di nominali 100 fosse ceduto a 60. L’acquirente, quindi, paga 60 ciò che userà in compensazi­one in dieci quote annuali da 10. Il punto è: i 40 sono imponibili? Se sì, a quale titolo e quando? La tesi dell’Agenzia è che si tratti di una sopravveni­enza attiva, interament­e imponibile al momento della sua acquisizio­ne (non meglio declinata: potrebbe trattarsi dell’atto stipulato tra cedente e cessionari­o o della successiva accettazio­ne da parte di quest’ultimo nel proprio cassetto fiscale, come previsto dai decreti attuativi). Tuttavia l’esame dell’articolo 88 del Tuir non conferma questa tesi: al comma 1 si richiamano ricavi o proventi derivanti da costi o passività (o minori proventi) di precedenti esercizi, o la sopravvenu­ta insussiste­nza di oneri o passività; al comma 3 si citano risarcimen­ti, contributi e liberalità. Nulla che riguardi il caso specifico. Lo stesso articolo 88, poi, al comma 4-bis, afferma un concetto incompatib­ile con la conclusion­e dell’Agenzia: quando un’impresa acquista un credito per un valore inferiore al nominale lo si iscrive contabilme­nte al costo di acquisto e non emerge materia imponibile. Solo in caso di successivo incasso a un valore superiore al nominale si genera un imponibile; mentre in caso di rinuncia, il legislator­e fa sorgere la sopravveni­enza in capo al debitore.

Da queste disposizio­ni emerge che finché l’utilizzo del credito non azzera il costo di acquisto (nel nostro esempio fino alla sesta quota di compensazi­one) non si forma reddito imponibile: la “partita” si gioca solo a livello patrimonia­le. Sono le successive quote, eventualme­nte, a rilevare, man a mano che la compensazi­one ne determina l’incasso. Anche se, a dire il vero, pensare che un bonus, che è un “costo” per l’Erario, si trasformi in materia imponibile, pare proprio fuori luogo.

Sembra più “calzante” l’irrilevanz­a fiscale prevista al comma 4 dell’articolo 118 per i corrispett­ivi dei vantaggi ricevuti o attribuiti in pendenza di consolidat­o fiscale. Ma il legislator­e, qui, non ci ha pensato, così come non ha pensato a disciplina­re l’Irap né il comportame­nto da tenere ai fini dell’articolo 96 del Tuir. Questo differenzi­ale ha una natura finanziari­a (più che di sopravveni­enza) per cui – almeno per le imprese non finanziari­e – dovrebbe esserne riconosciu­ta l’irrilevanz­a Irap e l’inseriment­o tra i proventi finanziari assimilati ex articolo 96, comma 3.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy