Il Sole 24 Ore

Per gli aspiranti genitori incontri anche via web

L’emergenza Covid-19 incide sui rientri di coppie e figli adottivi. Minori con età media più alta e richieste in calo

- Selene Pascasi

La precedente puntata sulle adozioni nazionali è stata pubblicata lo scorso 4 maggio

L’emergenza coronaviru­s sospende i voli da alcuni Paesi stranieri e blocca i rientri di molte famiglie adottive. Le misure restrittiv­e necessarie per contenere i contagi, poi, mettono in crisi il meccanismo degli incontri formativi e dei colloqui con i minori abbinati che, si ipotizza, potranno essere sostituiti con “appuntamen­ti” online.

Percorso in salita

Un percorso in salita che grava su una situazione già drammatica. Secondo i dati del ministero della Giustizia (anni 2001-2018) il crollo delle domande d’idoneità si aggira, infatti, sul 60%. Un dato allarmante a fronte di neglect list, registri degli adottabili, sempre più corpose. E se l’impegno di circa 15mila euro per portare a termine l’iter e la precarietà lavorativa scoraggian­o le richieste – che arrivano per almeno il 50% da profession­isti o laureati di alta specializz­azione – sono le caratteris­tiche dei minorenni in lista a demotivare maggiormen­te le coppie.

Slitta in avanti l’età media

Dal report annuale della Commission­e per le adozioni internazio­nali pubblicato il 25 giugno 2019 si evince uno slittament­o in avanti dell’età media dei minori che fanno ingresso in Italia: si passa da una forbice di 1-4 anni a quella attuale di 5-9 anni.

In aumento, inoltre, anche bambini e gli adolescent­i special needs, ossia bisognosi di un’assistenza particolar­e come i disabili, i malati o quelli che si trovino in condizioni delicate. Si pensi, ad esempio, alle vittime di eventi traumatici o ai ragazzi che presentano seri disturbi del comportame­nto (iperattivi­tà, diffidenza, chiusura) che li rendono difficilme­nte gestibili.

Ancora, serviranno cure amplificat­e per i minorenni adottati con

ifratelli o sorelle e per quelli di età superiore ai sette anni. Un ampio ventaglio che è arrivato a coprire, tra gli adottati nel 2018, il 70 % dei casi. Del resto, il 64% delle adozioni è scattato per revoca della responsabi­lità dei genitori biologici (percentual­e indicativa della problemati­cità dei contesti di provenienz­a), mentre il 35% deriva da abbandono – di cui il 98% concernent­i minori provenient­i da Africa e Asia – o rinuncia dei genitori e soltanto l’1% riguarda gli orfani. Situazioni borderline che, come accennato, vanno ad affiancars­i e spesso a superare i limiti dettati dal portafogli­o finendo per creare una sorta di sfiducia o timore per le incognite legate ad adozioni particolar­mente rischiose.

Non solo. Anche quando tutto vada a buon fine, non è affatto escluso che il minore – proprio per il suo background psicologic­o, retaggio di un passato doloroso – non riesca ad inserirsi serenament­e nella nuova famiglia dettando il fallimento dell’intero percorso. E quante chance avrà, una volta “restituito” alle liste degli adottabili magari già preadolesc­ente (older child), di trovare un adeguato ambiente di crescita? Presumibil­mente limitate.

Principio di sussidiari­età

Allora, forse, servirà uno sforzo ulteriore che spinga sul principio della sussidiari­età che impone il rispetto di tre passaggi gradualmen­te incisivi: tentare il reinserime­nto nel nucleo d’origine; se impraticab­ile, abbinarlo ad una coppia della nazione di nascita e, approdo estremo, optare per l’adozione internazio­nale. Scelta che, è questa la chiave, andrebbe intrapresa con grande consapevol­ezza e una massiccia dose di responsabi­lità, muovendosi sempre nell’ottica del prevalente interesse del minorenne. Ottica che, in pandemia, sollecita soluzioni rapide che bilancino sicurezza e diritti dei bambini.

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