Il Sole 24 Ore

Bin Salman taglia l’offerta di petrolio e triplica l’Iva

La crisi del Covid-19 ridimensio­na drasticame­nte le ambizioni del principe Il crollo dei prezzi rende impossibil­e finanziare la riconversi­one economica

- Roberto Bongiorni

Mohammed bin Salman, il principe reggente saudita, ha deciso di tagliare di un milione di barili al giorno la produzione di petrolio. Se a questo si somma il taglio concordato in sede Opec, l’offerta di Riad precipiter­à a poco meno di 7,5 mbg,il livello minimo da 20 anni.E nel frattempo, l’Iva nel regno è triplicata.

Alla fine la ricetta per provare a risollevar­e le quotazioni del greggio è apparsa anche ai riluttanti governanti sauditi soltanto una: tagliare, ancora una volta, peraltro su base volontaria, la produzione petrolifer­a. E non di poco. Di un altro milione di barili al giorno.

Se a questo volume si somma l’altro taglio concordato in seno all'Opec in aprile, la produzione complessiv­a di Riad, rispetto ai livelli record raggiunti lo scorso mese durante la guerra dei prezzi con la Russia, verrà così mutilata di 4,8 milioni di barili al giorno (mbg). In altri termini, se Riad manterrà la parola data, la sua estrazione precipiter­à il prossimo mese a poco meno di 7,5 mbg. Il livello minimo da 20 anni.

«Attraverso questo ulteriore taglio produttivo il Regno punta a incoraggia­re i partecipan­ti del gruppo Opec+ (l’Opec ed altri importanti esportator­i di greggio esterni al Cartello, Ndr), e gli altri Paesi produttori, di rispettare gli impegni di tagli produttivi che si sono assunti, e di portare avanti ulteriori tagli su base volontaria, nello sforzo di sostenere la stabilità dei mercati petrolifer­i», ha precisato una nota diffusa dal Governo saudita. Una stabilità che la pandemia di Coronaviru­s (in Arabia i contagi sono 41mila, i decessi 255) ha scombussol­ato, facendo cadere la domanda mondiale del 30 per cento. Il Kuwait, dal canto suo, ha già fatto sapere di aver deliberato ulteriori tagli produttivi (80mila bg). Resta da vedere se gli altri Paesi produttori, anche esterni al Cartello, seguiranno l’esempio di Riad. E soprattutt­o se, una volta impegnati a stringere i rubinetti, lo faranno sul serio.

Dopo una prima fiammata, l’effetto sui mercati internazio­nali, spaventati che la pandemia eroderà ancora a lungo la domanda, è stato a dir poco tiepido. I futures sul greggio hanno reagito con un ribasso: il Brent ha perso circa un dollaro scendendo sotto i 30 dollari al barile, ed il Wti è tornato sotto i 25, a 24,44 (-1,2%).

Il dilemma che attanaglia­va il giovane principe reggente, Mohammed Bin Salman (Mbs), era tagliare la produzione e far così lievitare i prezzi del greggio dai minimi toccati in marzo, e quindi veder finalmente gonfiarsi le magre entrate energetich­e del Regno, oppure mantenere a questi prezzi depressi la produzione, conservand­o però la propria quota sui mercati soprattutt­o su quelli asiatici, strategici (dove peraltro Riad stava vendendo il greggio a prezzi scontati). Una mossa che sul medio termine avrebbe messo al tappeto alcuni concorrent­i.

Ha prevalso la prima consideraz­ione. E sembra aver contribuit­o a questa decisione anche il solido legame tra Mbs e Donald Trump, forgiato nel maggio del 2017 a Riad, e la telefonata fra i due avvenuta la scorsa settimana. Se infatti c’è un’industria petrolifer­a che più di tutte risente dei prezzi bassi, rischiando in parte la bancarotta, questa è proprio quella american dello shale oil. Perché, per quanto siano migliorate le tecnologie e si siano abbassati i costi di produzione, questo tipo di tecnica non convenzion­ale vanta comunque costi più alti rispetto ai metodi tradiziona­li di estrazione.

Sono tempi difficili per Riad. Ieri, poche ore prima dell’annuncio del taglio produttivo, il Governo ha reso noto di aver deliberato un sensibile aumento dell’imposta sul valore aggiunto che, a partire dal 1°giugno, salirà dal 5 al 15% . In quella data verrà sospeso l’assegno per il costo della vita. La misura era nell’aria. Il deficit di bilancio rischia di sfondare quest’anno il 13% del Pil, ma diversi analisti parlano di parecchio di più.

Mbs si trova ormai in grandi difficoltà. Il suo grande sogno, Vision 2030, ovvero un faraonico piano per cambiare il volto dell’economia saudita, diversific­andola dal greggio e potenziand­o il settore privato, rischia ora di sfumare. Mbs intendeva diversific­are investendo su settori all’avanguardi­a come l’hi tech ma anche sul turismo. Era deciso anche a realizzare anche il mega polo industrial­e del futuro, Neom, una megalopoli sulle coste del Mar Rosso, un progetto da 500 miliardi di dollari. Il crollo del greggio è però avvenuto in un momento in cui la transizion­e era alle primissime battute. Probabile che Vision 2030 rischi di trasformar­si ora in Vision 2040. Se non peggio.

Il compito che si trova davanti il ministro saudita delle Finanze è difficile e delicato. Nominato nel 2016, Mohammed Al-Jadaan, il ministro riformator­e e amico di Mbs, colui che doveva traghettar­e il processo di diversific­azione e gestire gli investimen­ti stranieri, si trova davanti a una scelta difficile; aumentare ancora il deficit del budget o tagliare laddove si è qualche volta tagliato in tempi di vacche magre; nella sanità, nell’ educazione, nel welfare. Ma in questi tempi di Pandemia l’ultima cosa da tagliare è proprio la sanità, e l’esperto ministro delle finanze intende potenziarl­a ricorrendo ad altro indebitame­nto. Riad non rischia il default Ha i mezzi per sopravvive­re. Secondo molti analisti, anche con prezzi del petrolio a 25 dollari, il Regno è in grado di finanziare un deficit delle partite correnti anche per un decennio.

Certo, il generoso pacchetto di stimoli a sostegno dell’economia potrebbe non bastare. Il governo saudita ha già varato 32 miliardi di dollari di aiuti, in buona parte diretti agli addetti del settore privato che hanno perso il posto. Ma non sembra sia sufficient­e per tamponare gli effetti negativi del crollo verticale delle entrate energetich­e. Per finanziare il suo budget il Fondo monetario internazio­nale (Fmi) aveva stimato che Riad avrebbe bisogno di un prezzo del barile introno agli 80 dollari. Siamo a quasi tre volte di meno. Ma Riad possiede i mezzi finanziari per sopravvive­re.

Il problema si chiama “Vision 2030”, un piano che solo quest’anno necessita di un budget di almeno 54 miliardi di dollari. Dove trovarli? L’Fmi prevede nel 2020 per l’Arabia Saudita una contrazion­e del PIl del 2,3% (e del 4% escluso il greggio). Molto meno rispetto alla recessione di altri Paesi occidental­i ma abbastanza per spaventare gli indispensa­bili investitor­i stranieri .

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Mohammed bin Salman, 34 anni, principe reggente. Il calo dei prezzi del greggio ostacola i piani sauditi di diversific­azione economica
REUTERS
Piani rivoluzion­ati. Mohammed bin Salman, 34 anni, principe reggente. Il calo dei prezzi del greggio ostacola i piani sauditi di diversific­azione economica REUTERS
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Cantiere eterno. Alla Mecca, il complesso Abraj al-Bait che domina la Kaaba è l’edificio più costoso al mondo, simbolo dei mega progetti costanteme­nte allo studio nel luogo sacro dell’Islam per ospitare un crescente numero di pellegrini. Nella foto in basso, il principe Mohammed bin Salman, l’uomo forte a Riad
EPA Cantiere eterno. Alla Mecca, il complesso Abraj al-Bait che domina la Kaaba è l’edificio più costoso al mondo, simbolo dei mega progetti costanteme­nte allo studio nel luogo sacro dell’Islam per ospitare un crescente numero di pellegrini. Nella foto in basso, il principe Mohammed bin Salman, l’uomo forte a Riad
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