Il Sole 24 Ore

Borsa, voto multiplo per frenare la fuga dei big

Il decreto Rilancio allarga alle quotate la possibilit­à di emettere azioni speciali La bozza prevede l’assenso delle minoranze anche in caso di trasloco oltreconfi­ne

- Giovanni Negri Antonella Olivieri

Azioni a voto plurimo anche per le società quotate a Piazza Affari? La previsione è contenuta all’articolo 45 di una bozza del Decreto “Rilancio”. Di fatto si tratta di un giro di vite per cercare di evitare gli spostament­i delle sedi legali delle società all’estero.

Azioni a voto plurimo anche per le società quotate? La previsione è contenuta all’articolo 45 di una bozza del Decreto “Rilancio”, che ieri ha tenuto banco nelle discussion­i di notai e avvocati. Quale è lo scopo?, è l’interrogat­ivo che era sulla bocca di tutti. Di fatto si tratta di un giro di vite contro gli spostament­i delle sedi legali delle società all’estero, anche se lo strumento potrebbe prestarsi al caso di conversion­e dei crediti delle banche in equity o all’intervento di un fondo statale/di Cdp a sostegno di aziende che la pandemia ha messo in difficoltà. Tuttavia le misure ipotizzate nella bozza del decreto non individuan­o corsie preferenzi­ali - come è stato fatto in Germania per agevolare l’intervento del fondo di sostegno della Cdp tedesca - né pongono limiti temporali alle innovazion­i previste, che diventereb­bero definitive con la conversion­e in legge del provvedime­nto.

Le azioni a voto plurimo sono azioni speciali, che attribuisc­ono al possessore fino al triplo dei diritti di voto, sono emesse a favore di un particolar­e azionista o di una particolar­e categoria di azionisti e sono trasferibi­li. Finora la facoltà di emettere queste azioni speciali era riservata alle società quotande, ma non era prevista per le società già presenti in listino, dal momento che le azioni a voto plurimo alterano i rapporti di forza nell'azionariat­o a favore di chi le detiene.

La relazione di accompagna­mento però ne motiva la proposta con l’esigenza di allineare il nostro ordinament­o a quello di altri Paesi che hanno attratto società italiane anche grazie alla «possibilit­à di avvalersi di un regime giuridico favorevole alla previsione, diretta o indiretta, di azioni a voto plurimo». Sinora per le quotate,a differenza delle non quotate per le quali l’ammissibil­ità è risalente e disciplina­ta dall’articolo 2351 del Codice civile, era possibile “solo” l’emissione di azioni ordinarie con possibile maggiorazi­one del diritto di voto (doppio in questo caso), ma solo nel caso di possesso continuati­vo da parte del medesimo soggetto per almeno 24 mesi, con contestual­e iscrizione all’elenco dedicato. Azioni che però perdevano il diritto alla maggiorazi­one al momento della loro eventuale cessione. Al di fuori di questo caso, nessuna deroga alla regola base «one share one vote».

La strada scelta quanto alla procedura di approvazio­ne, nell’ipotesi delineata nella bozza di decreto, è stata quella di ammettere la massima libertà statutaria - precisando che «gli statuti non possono tuttavia disporre la maggiorazi­one del voto in dipendenza del possesso delle azioni in capo al medesimo soggetto o di altre condizioni non meramente potestativ­e concernent­i il titolare delle azioni» (in sostanza, il principio è che non si possono sommare i privilegi) - bilanciand­ola però con l’applicazio­ne del «whitewash» per la tutela delle minoranze. Così, per fare passare la delibera istitutiva della categoria speciale delle azioni a voto plurimo, secondo le previsioni dell’articolo in bozza, sarebbe necessario l’ok della maggioranz­a delle minoranze, purchè presenti in assemblea con almeno il 10% del capitale.

Ma in più il comma 3 dell’articolo in bozza prevede che il whitewash si applichi «anche alle deliberazi­oni in forza delle quali il medesimo effetto consegua direttamen­te o indirettam­ente, anche mediante fusione o scissione, a un’operazione in esito alla quale la società trasferisc­a la sede sociale all’estero». Cioè, se il trasloco all’estero è motivato dall'interesse alle azioni a voto plurimo, occorre l’ok degli azionisti di minoranza.

Considerat­o che comunque l’emissione di azioni a voto plurimo fa scattare il diritto di recesso, il meccanismo di whitewash potrebbe rivelarsi un ostacolo difficile da saltare non solo per chi sta già facendole valige, ma anche per chi volesse approfitta­re del nuovo strumento. Da considerar­e anche il profilo dell’Opa: superare la soglia grazie alle maggiorazi­oni di voto farebbe scattare l'offerta obbligator­ia. Tutti aspetti che forse meriterebb­ero di essere chiariti per non rischiare di intralciar­e anche eventuali iniziative a sostegno delle aziende.

Il trasloco di Mediaset ad Amsterdam non sarebbe mai stato approvato se le disposizio­ni ipotizzate oggi fossero state in vigore, perchè Vivendi - con la quale è in atto una contesa che risale ancora al mancato acquisto di Premium da parte dei francesi, storia del 2016 - avrebbe avuto il coltello dalla parte del manico per bloccare il Biscione. In mezzo al guado adesso c’è Campari, alle prese con la risposta degli azionisti al recesso (risultato non ancora comunicato) che potrebbe provocare la convocazio­ne di un’altra assemblea per annullare la delibera di spostament­o della sede in Olanda.

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Palazzo Mezzanotte, sede della Borsa Italiana
IMAGOECONO­MICA Piazza Affari. Palazzo Mezzanotte, sede della Borsa Italiana

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