Anfia: con l’auto riparte tutta la manifattura
Un mercato che rischia di immatricolare mezzo milioni di autovetture in meno in un anno e centinaia di migliaia di veicoli fermi nei piazzali per colpa del lockdown, con il rischio di rallentare ulteriormente la ripresa. È l’allarme lanciato dal mondo dell’automotive, con associazioni e sindacati che chiedono al Governo misure urgenti a sostegno di un settore che «rappresenta – scrivono in una nota – circa il 10% del Pil italiano e impiega oltre un milione e 200mila lavoratori». In un contesto di crisi profonda, le ragioni economiche e quelle ambientali, sottolineano Anfia, Aci e sindacati metalmeccanici, devono stare insieme. Da un lato, dunque, i sostegni robusti ai veicoli meno inquinanti e alle infrastrutture di ricarica, dall’altro gli incentivi destinati a rinnovare il parco auto italiano, tra i più datati in Europa. Il punto di partenza, ribadiscono le imprese della filiere e i metalmeccanici di Cgil, Cisl e Uil, deve essere il tavolo automotive convocato dal Governo nei mesi precedenti lo scoppio della pandemia. Da lì bisogna ricominciare, in un contesto economico però completamente stravolto, con un mercato che da inizio anno in Italia ha perso il 50% delle immatricolazioni e che fa fatica a ripartire, anche dal punto di vista produttivo. Ieri l’annuncio che Fca, dopo aver riavviato la produzione in Sevel e alle linee della Fiat 500 elettrica (Mirafiori) e della Jeep Compass (Melfi) prevede la completa ripresa dello stabilimento lucano a partire dal 21 maggio.
L’orizzonte per il settore è più che mai l’Europa, sia per l’interconnessione tra filiere – l’Italia esporta in Germania componenti per quasi 5 miliardi all’anno – che per il mercato vero e proprio. L’intera filiera europea, dai produttori alla rete commerciale, chiede «misure mirate a stimolare la domanda e gli investimenti», per sostenere la capacità produttiva e salvaguardare posti di lavoro.