Il Sole 24 Ore

Porto di Venezia, la burocrazia blocca gli scavi dei canali

Federagent­i: da tre mesi il protocollo fanghi giace dimenticat­o al ministero

- Marco Morino

«Per Venezia e il suo porto solo promesse non mantenute». Federagent­i (la federazion­e degli agenti marittimi) rilancia l’allarme sul futuro del porto di Venezia, che rischia di perdere la propria centralità come hub logistico per il sistema imprendito­riale e produttivo del Nord Est a causa dell’insabbiame­nto dei fondali. I mancati escavi dei canali e la conseguent­e riduzione del pescaggio rende difficolto­sa l’accessibil­ità al porto per navi che, per effetto del mercato, sono di dimensioni sempre più grandi, in particolar­e le portaconta­iner con un pescaggio superiore ai 10 metri e mezzo.

Il 13 febbraio, proprio alla vigilia dell’emergenza Covid-19 e quando le prime contraddit­torie notizie incomincia­vano a rimbalzare dalla Cina, a Venezia, città all’epoca già duramente colpita dall’acqua alta, andò in scena una manifestaz­ione promossa da Federagent­i con l’adesione del mondo delle imprese e delle istituzion­i, per chiedere un piano di rilancio del porto. Il giorno stesso il governo, in risposta alla manifestaz­ione degli operatori portuali, aveva dichiarato con soddisfazi­one di aver risolto definitiva­mente il problema del cosiddetto protocollo fanghi, un atto che avrebbe dovuto dare il via a tutta una serie di lavori di escavi vitali per il porto. Una volta firmato il documento sarebbe stato possibile riprendere lo scavo dei canali e, con i sedimenti non inquinanti, ricostruir­e le barene lagunari. «Questo non è successo - denuncia Federagent­i - e oggi scopriamo che in realtà il protocollo è ancora dentro qualche cassetto ministeria­le e non certamente per colpa del Covid-19 che nel frattempo ha sconvolto il nostro paese e il mondo intero». Il protocollo contiene i criteri di sicurezza ambientale per gli interventi di escavazion­e, trasporto e reimpiego dei fanghi estratti dai canali di Venezia.

In termini tecnici il protocollo fanghi è quel documento che il governo (ministero dell’Ambiente) avrebbe dovuto mettere a punto oltre due anni fa per adeguare alla legislazio­ne comunitari­a la normativa che definisce all’interno della laguna di Venezia come scavare i canali e come individuar­e i siti di stoccaggio dei fanghi rimossi dai fondali. A livello pratico, l’assenza di questo regolament­o ha bloccato tutti i lavori di escavo dei canali che avrebbero dovuto consentire il mantenimen­to delle profondità previste nel piano regolatore portuale e quindi garantire il

EFFETTO COVID-19 Calo dei traffici nel porto di Venezia nel primo trimestre del 2020

passaggio delle navi. Dal canale di Marghera che consente di raggiunger­e la zona industrial­e al canale Vittorio Emanuele che potrebbe essere utilizzato per le navi da crociera. «Il protocollo fanghi ribadiscon­o gli agenti marittimi si è insabbiato nella burocrazia ministeria­le, bloccando qualsiasi tipo di intervento in laguna e minacciand­o di paralizzar­e il porto».

Pino Musolino, presidente Autorità di sistema portuale del Mare Adriatico Settentrio­nale, dice: «Gli escavi manutentiv­i sono parte integrante del rilancio per Venezia e il Veneto. È chiaro infatti che la rottura dagli schemi della monocultur­a turistica passa solo dalla revisione piena e fattuale di un paradigma per troppo tempo considerat­o come assodato. Se quindi il turismo non basta, dobbiamo impegnarci per far fiorire quei settori, quello portuale e logistico, che funzionano solo se le navi - tutte possono entrare».

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