Nessun effetto Moody’s: vendite sui BTp
Lo spread risale a 240 punti, le Borse temono una nuova ondata pandemica
Il sollievo per la mancata bocciatura da parte di Moody’s è durato una manciata di ore. Dopo una partenza sprint sull’indice Ftse Mib, arrivato a guadagnare l’1,3% in avvio, Piazza Affari ha rallentato fino a chiudere in territorio negativo (-0,33%) in linea con le altre piazze continentali (-0,4% il saldo finale dello Stoxx 600). A pesare negativamente sulla propensione al rischio degli investitori è stata la paura di una seconda ondata di contagio dopo l’aumento delle infezioni registrato in Germania e Corea del Sud e il nuovo focolaio nella città cinese di Whuan a un mese dall’allentamento delle restrizioni. L’orientamento degli investitori continua ad essere all’insegna della selezione tra perdenti e vincitori della crisi. Tra questi ultimi c’è la tecnologia anche ieri in controtendenza a Wall Street dove il Nasdaq ha già azzerato le perdite da inizio anno. Ma c’è chi invita a non farsi troppe illusioni sul rimbalzo come David Kostin, strategist capo per l’azionario Usa di Goldman Sachs che ha messo in conto un nuovo scivolone per Wall Street: -20% nei prossimi tre mesi la previsione.
Anche altre classi di investimento a rischio ieri hanno sofferto. Ad esempio i BTp. Il saldo in chiusura di seduta dello spread è stato a 240 punti (8 in più di venerdì) con il rendimento del decennale a quota 1,88% (+10 rispetto a venerdì). Il rischio bocciatura a livello “spazzatura”
da parte di Moody’s è stato scongiurato ma l’altra agenzia che venerdì aveva in programma una revisione del nostro merito di credito, Dbrs, ha rivisto in negativo l’outlook che è passato da stabile a negativo. Per i BTp, le cui quotazioni scontano già un merito di credito più basso di quello ufficialmente assegnato dalle agenzie, la sensazione è che sia solo una questione di tempo prima che arrivi un declassamento a livello “junk”. Ne sono convinti gli analisti di Mizuho, negativi su tutto il segmento della periferia dell’Eurozona, che hanno messo in conto per i mesi a venire un’ondata di vendite da parte dei fondi che sceglieranno di non aspettare l’ufficialità del downgrade per mettere in atto i necessari aggiustamenti di portafoglio.
A giudicare da quanto avvenuto nel passato recente saranno soprattutto di investitori esteri a vendere. Unicredit ha stimato riscatti nell’ordine degli 80 miliardi di euro il cui impatto dovrebbe tuttavia essere assorbito dagli acquisti della Bce.