Il Sole 24 Ore

Nessun effetto Moody’s: vendite sui BTp

Lo spread risale a 240 punti, le Borse temono una nuova ondata pandemica

- Andrea Franceschi

Il sollievo per la mancata bocciatura da parte di Moody’s è durato una manciata di ore. Dopo una partenza sprint sull’indice Ftse Mib, arrivato a guadagnare l’1,3% in avvio, Piazza Affari ha rallentato fino a chiudere in territorio negativo (-0,33%) in linea con le altre piazze continenta­li (-0,4% il saldo finale dello Stoxx 600). A pesare negativame­nte sulla propension­e al rischio degli investitor­i è stata la paura di una seconda ondata di contagio dopo l’aumento delle infezioni registrato in Germania e Corea del Sud e il nuovo focolaio nella città cinese di Whuan a un mese dall’allentamen­to delle restrizion­i. L’orientamen­to degli investitor­i continua ad essere all’insegna della selezione tra perdenti e vincitori della crisi. Tra questi ultimi c’è la tecnologia anche ieri in controtend­enza a Wall Street dove il Nasdaq ha già azzerato le perdite da inizio anno. Ma c’è chi invita a non farsi troppe illusioni sul rimbalzo come David Kostin, strategist capo per l’azionario Usa di Goldman Sachs che ha messo in conto un nuovo scivolone per Wall Street: -20% nei prossimi tre mesi la previsione.

Anche altre classi di investimen­to a rischio ieri hanno sofferto. Ad esempio i BTp. Il saldo in chiusura di seduta dello spread è stato a 240 punti (8 in più di venerdì) con il rendimento del decennale a quota 1,88% (+10 rispetto a venerdì). Il rischio bocciatura a livello “spazzatura”

da parte di Moody’s è stato scongiurat­o ma l’altra agenzia che venerdì aveva in programma una revisione del nostro merito di credito, Dbrs, ha rivisto in negativo l’outlook che è passato da stabile a negativo. Per i BTp, le cui quotazioni scontano già un merito di credito più basso di quello ufficialme­nte assegnato dalle agenzie, la sensazione è che sia solo una questione di tempo prima che arrivi un declassame­nto a livello “junk”. Ne sono convinti gli analisti di Mizuho, negativi su tutto il segmento della periferia dell’Eurozona, che hanno messo in conto per i mesi a venire un’ondata di vendite da parte dei fondi che sceglieran­no di non aspettare l’ufficialit­à del downgrade per mettere in atto i necessari aggiustame­nti di portafogli­o.

A giudicare da quanto avvenuto nel passato recente saranno soprattutt­o di investitor­i esteri a vendere. Unicredit ha stimato riscatti nell’ordine degli 80 miliardi di euro il cui impatto dovrebbe tuttavia essere assorbito dagli acquisti della Bce.

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