RIPARTIRE CON PIÙ SICUREZZA E PIÙ FORMAZIONE
Per antica consuetudine, in campo giuridico, nelle situazioni di incertezza, e a maggior ragione nei momenti di crisi, è bene rifarsi ai cosiddetti princìpi generali che costituiscono, sempre, una sicura guida nella regolamentazione anche degli accadimenti più complessi.
Stante il perdurare della gravità della pandemia, la necessità sempre più avvertita nel nostro Paese di consentire il riavvio di tutte le attività economico-produttive è una esigenza legittimamente subordinata al rispetto di regole stringenti.
Non a caso, tra i diritti tutelati dalla nostra Costituzione, il diritto alla salute e quello al lavoro rappresentano due capisaldi dell’aspirazione democratico-sociale dell’ordinamento italiano, capace di andare oltre la limitata visione liberista che aveva contraddistinto il costituzionalismo delle origini.
In tale contesto, la tutela della libera iniziativa privata presuppone che ogni azienda sia tenuta ad adottare, nell’esercizio dell’impresa, le misure che, secondo le diverse attività lavorative, dell’esperienza e della tecnica, sono necessarie a tutelare la dignità, l’integrità fisica e la salute dei lavoratori.
In questo ambito, il D.lgs. 8 giugno 2001, n. 231, prevede, all’art. 25-septies, la responsabilità amministrativa da reato degli enti in relazione alle fattispecie di cui agli artt. 589 c.p. (omicidio colposo) e 590 c.p. (lesioni personali colpose) commesse con violazione della normativa a tutela dell’igiene e della sicurezza sul lavoro.
L’obbligo dell’adozione delle migliori misure tutelanti la salute dei lavoratori deve ritenersi esteso anche alla prevenzione e al contenimento dei contagi da Covid-19, con la conseguenza che la mancata adozione di presidi idonei a tutelare la salute dei dipendenti, in ipotesi di morte o lesioni gravi o gravissime conseguenti alla contrazione del Covid-19, potrebbe esporre l’azienda alla contestazione, che ritengo pressoché certa, della responsabilità di cui al D.lgs. 231/2001.
L’esigenza e l’urgenza di intervenire sono tanto più avvertite – e, in questa sede, consigliate – se sol si pensa, con una punta di incredulità, che, a fronte di una pandemia mondiale ancora in corso, l’Italia è l’unico Paese che risulta aver già intrapreso (non so più quante) inchieste giudiziarie.
Le aziende, e in particolare alcune figure, non solo apicali, hanno il dovere di comprendere che le misure devono essere adottate innanzitutto
VANNO SEGUITE CON SCRUPOLO LE NORMATIVE E COINVOLTE MAGGIORMENTE TUTTE LE FIGURE
per la salvaguardia della salute nei luoghi di lavoro, ma anche per tutelarsi a fronte di sicure vertenze giuslavoristiche, con probabili (anzi, certe) ripercussioni in materia di risarcimento danni oltre che di responsabilità penale.
L’imprenditore ha quindi la possibilità di salvaguardare sé stesso e la propria attività economica solo attenendosi scrupolosamente alle disposizioni del T.U. 81/2008 e attuando efficacemente un Modello di organizzazione, gestione e controllo idoneo a presidiarne il rispetto.
In merito, gli adempimenti da attuare sono sostanzialmente tre: (i) immediato aggiornamento del Documento di valutazione dei rischi, con la specifica inclusione delle misure da adottare per fronteggiare il rischio pandemico; (ii) formazione continua e tracciata di tutto il personale; (iii) controllo, effettivo e documentato, del rispetto delle prescrizioni emanate in tema di sicurezza sul posto di lavoro.
Indispensabile, a mio avviso, si presenta il coinvolgimento del responsabile della sicurezza sul luogo di lavoro e, da non dimenticare, del medico competente che dovrà in qualche modo validare, con riferimento alle proprie competenze, le procedure emanate e le misure adottate.
Non è un caso che il ruolo del medico competente sia stato evidenziato anche nel recente “Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro”, come aggiornato dal Governo il 24 aprile scorso, di intesa con le Parti sociali.
Si ricordi, tuttavia, che una delle principali carenze che si riscontra nella valutazione dell’efficacia del sistema di controllo è quella della insufficiente formazione e, soprattutto, dei metodi attuati per correttamente documentarla.
Questa è una lacuna, purtroppo molto diffusa, così come molto frequente – seppur il trend appare volgere al meglio – è la deficitaria partecipazione, spesso solo formale, da parte degli Organismi di vigilanza alla migliore predisposizione e al più corretto funzionamento del sistema di internal control.
Svolgere bene le mansioni che ci vengono assegnate significa contribuire a creare sempre più un ambiente di lavoro responsabile, in cui ognuno si senta davvero parte integrante della realtà aziendale, da vivere con convinta partecipazione e non solo con passiva obbedienza.