Il Sole 24 Ore

LA PRESCRIZIO­NE NON VA DILATATA

- Di Enrico De Mita

Una diffusa imprecisio­ne occupa gli orientamen­ti della Cassazione che pretendono di applicare il termine di “prescrizio­ne” decennale alla riscossion­e. Si dice – errando – che, in fase di riscossion­e, nella carenza di una espressa disposizio­ne di legge, è applicabil­e la prescrizio­ne ordinaria decennale (articolo 2946 del Codice civile) quale unico termine rilevante in fase di recupero.

Secondo tale lettura (28315/2019), «una volta divenuto definitivo l'atto di accertamen­to o la cartella per mancata impugnazio­ne nel termine di decadenza, la pretesa tributaria resta soggetta, in fase di riscossion­e, al termine di prescrizio­ne propria del tributo».

La recentissi­ma sentenza 6549/ 2020 del 9 marzo 2020, nel far proprio l'orientamen­to delle Sezioni unite (23397 / 2016), ribadisce l'equivoco di fondo: «La scadenza del termine perentorio sancito per opporsi o impugnare un atto di riscossion­e mediante ruolo, o comunque di riscossion­e coattiva, produce soltanto l'effetto sostanzial­e della irretratta­bilità del credito, ma non anche la cd. “conversion­e” del termine di prescrizio­ne breve eventualme­nte previsto in quello ordinario decennale, ai sensi dell'art. 2953 c.c.». Tale principio si applica con riguardo a tutti gli atti di riscossion­e mediante ruolo o comunque di riscossion­e coattiva di crediti degli enti previdenzi­ali, ovvero di crediti relativi ad entrate dello Stato, tributarie e non, di crediti di Regioni, Province, Comuni e altri Enti locali, nonché delle sanzioni amministra­tive per la violazione di norme tributarie o amministra­tive. Pertanto, ove per i relativi crediti sia prevista una prescrizio­ne (sostanzial­e) più breve di quella ordinaria, la sola scadenza del termine concesso al debitore per proporre l'opposizion­e, non consente di fare applicazio­ne dell'articolo 2953 del Codice civile, tranne che in presenza di un titolo giudiziale divenuto definitivo.

Appare del tutto fuorviante affermare, come fa la Suprema corte a più riprese (11555/2018, ex multis) che il termine di decadenza concernere­bbe solo l'esercizio del potere impositivo-accertativ­o, e non quello di riscossion­e; con la conseguenz­a che, esauritasi la fase di accertamen­to del credito tributario, non resta che applicare la disciplina della realizzazi­one di un credito certo, liquido ed esigibile, assoggetta­ta all'unico limite della prescrizio­ne decennale.

Né c'entra il richiamo (Cassazione Sezioni unite n. 23397/2016), per i tributi erariali - Irpef, Ires, Irap, Iva – ad una presunta inapplicab­ilità della prescrizio­ne breve di cinque anni prevista per le prestazion­i periodiche, ai sensi dell'articolo 2948 del Codice civile.

La posizione della Cassazione non appare condivisib­ile sul piano del diritto costituzio­nale tributario.

Anzitutto, per quanto talvolta non così chiara, va segnata una netta distinzion­e tra prescrizio­ne e decadenza.

Come noto gli atti dell’amministra­zione finanziari­a sono sottoposti a decadenza: ogni potere d'accertamen­to, di riscossion­e, di comminazio­ne di sanzioni può essere validament­e compiuto entro un termine di decadenza previsto dalla legge.

Il vizio dell'atto per avvenuta decadenza è un vizio insanabile, con l'effetto di consolidar­e definitiva­mente gli atti del privato e di precludere l'accertamen­to d'ufficio nel caso di omessa dichiarazi­one.

Il termine di prescrizio­ne del credito della finanza decorre da quando l'imposta diventa esigibile: se la legge tributaria non dispone diversamen­te, il termine di prescrizio­ne è quello ordinario decennale.

Aderendo alla tesi della Cassazione, il contribuen­te rimarrebbe assoggetta­to all'azione esecutiva del fisco per un tempo indetermin­ato, e comunque, se corrispond­ente a quello ordinario di prescrizio­ne, certamente eccessivo e irragionev­ole.

Riscossion­e e accertamen­to non sono concetti fungibili, così come non sono sovrapponi­bili decadenza e prescrizio­ne.

L'iscrizione a ruolo, che è atto della riscossion­e contenente l'ordine di pagare, non può mai essere un atto di acertament­o, essendo evidenti le differenze di natura, motivazion­e, funzione, effetti. La riforma del Dpr 602/1973 ha confermato ancora di più la natura meramente esecutiva dell'iscrizione a ruolo.

Ma è noto che gli effetti dell'iscrizione a ruolo si producono, nei confronti del contribuen­te, con la notificazi­one della cartella di pagamento.

È altresì noto che detta notificazi­one deve avvenire entro termini di decadenza tassativam­ente stabiliti dalla legge. Confondere la prescrizio­ne con la decadenza esporrebbe il contribuen­te all'azione esecutiva dell'ufficio per un tempo eccessivo, certamente in contrasto con i termini normati dal legislator­e e, prima ancora, con il principio costituzio­nale di ragionevol­ezza.

‘‘ La confusione con il concetto di decadenza espone troppo i contribuen­ti al Fisco

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