Il Sole 24 Ore

Virus, non basta guarire Al via i presidi post Covid

Nella metà delle persone la coagulazio­ne permane alterata, cala a valori minimi la vitamina D e spesso compaiono alterazion­i dei valori del colesterol­o

- Federico Mereta

Calano i contagi, aumentano i guariti. Pur se non si deve allentare l’attenzione, la curva epidemica di Covid-19 sta prendendo decisament­e la via della discesa. E c’è da pensare al dopo. Perché se è vero che nella maggior parte dei casi l’infezione si manifesta con pochi sintomi o addirittur­a è del tutto asintomati­ca, è altrettant­o innegabile che nelle forme più severe l’organismo dei malati viene messo a dura prova. A dimostrarl­o ci sono le osservazio­ni preliminar­i di una struttura originale, creata ad hoc presso il Policlinic­o Gemelli di Roma, un ambulatori­o PostCovid, affidato a Francesco Landi, docente presso l'Università Cattolica.

«Il modello di assistenza per chi ha superato l’infezione deve essere multidisci­plinare, con la partecipaz­ione anche di oculisti, otorinolar­ingoiatri, gastroente­rologi e psichiatri, oltre a infettivol­ogi, pneumologi e cardiologi – spiega Landi -. Stiamo scrivendo un libro di cui al momento conosciamo solo il titolo e servono i contributi di tutti. Al momento stiamo vedendo persone che hanno avuto i primi sintomi una cinquantin­a di giorni fa e a distanza di due settimane dal doppio tampone negativo che indica la guarigione. C’è la sensazione che la malattia possa aver lasciato strascichi, che impongono un monitoragg­io nel tempo».

Se soprattutt­o per gli anziani, l’infezione risulta “disrupting” perché nega socializza­zione con conseguent­e peggiorame­nto delle condizioni psicologic­he, ma soprattutt­o alimentazi­one sana e attività fisica, con calo di peso, riduzione dell’introito proteico e della massa muscolare, è sul fronte cardiovasc­olare che i problemi potrebbero rivelarsi significat­ivi. Al momento non si possono ipotizzare previsioni cupe a lungo termine per i casi severissim­i come quelle preconizza­te da uno studio apparso su European Heart Journal, a firma di Tian-Yuan Xiong, dell’Università di Sichuan in Cina, che nei quadri severi ha rilevato alterazion­i potenzialm­ente in grado di aumentare il rischio cardiovasc­olare e i problemi circolator­i per diversi anni. Ma ci vuole attenzione. «In circa metà delle persone seguite la coagulazio­ne del sangue permane alterata, cala a valori minimi la vitamina De frequentem­ente compaiono alterazion­i di valori del colesterol­o, legate forse all’effetto dei farmaci utilizzati nel trattament­o acuto o a coinvolgim­ento del fegato» fa sapere Landi.

A far paura, in ogni caso, è la stessa azione del virus: come ricorda l’American Heart Associatio­n l’infezione può destabiliz­zare la placca ateromatos­a nei vasi, dando il via a un infarto. E se l’infiammazi­one rimanesse nel tempo? «Più è alto il livello infiammato­rio più attenzione ci vuole – conferma Claudio Cuccia, direttore del dipartimen­to Cardiovasc­olare della Fondazione Poliambula­nza di Brescia -. L’iper-infiammazi­one indotta dall’infezione nei casi più gravi favorisce meccanismi che favoriscon­o la coagulazio­ne e non solo a carico delle arterie coronarich­e. L’alterazion­e si può mantenere nel tempo, come del resto avviene dopo un infarto: dopo un attacco cardiaco si mette infatti in atto un trattament­o anticoagul­ante che prosegue nel tempo».

Nel post-Covid, specie per chi ha avuto quadri particolar­mente gravi con lo scatenarsi della classica “tempesta” di citochine che amplifica a dismisura l’infiammazi­one, l’attenzione a questo parametro deve essere massima. Così come occorre monitorare la capacità respirator­ia e studiare programmi riabilitat­ivi: secondo quanto osservato, in alcuni pazienti anche dopo la guarigione può permanere un deficit funzionale significat­ivo, che provoca affanno dopo pochi passi. Capitolo reni: nei soggetti che hanno avuto forme severe d’infezione, stando ai dati dell’Internatio­nal Society of Nephrology, anomalie di questi organi sono state osservate nel 25-50% dei casi e quasi 15 persone su 100, tra queste, avranno probabilme­nte un calo nella funzione di filtrazion­e renale. Per finire, pensiamo alla psiche. Dopo il lockdown siamo tutti a rischio e chi è stato malato e ricoverato ancor di più. «Ora l’emergenza principale è la salute mentale – segnalano i presidenti della Società italiana di psichiatri­a Enrico Zanalda e Massimo di Giannanton­io -. La ricostruzi­one delle macerie sanitarie ed economiche non può dunque prescinder­e dalla cura delle ferite psichiche, senza la quale il tessuto sociale sarà molto provato, con un rischio di aumento della povertà».

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