Virus, non basta guarire Al via i presidi post Covid
Nella metà delle persone la coagulazione permane alterata, cala a valori minimi la vitamina D e spesso compaiono alterazioni dei valori del colesterolo
Calano i contagi, aumentano i guariti. Pur se non si deve allentare l’attenzione, la curva epidemica di Covid-19 sta prendendo decisamente la via della discesa. E c’è da pensare al dopo. Perché se è vero che nella maggior parte dei casi l’infezione si manifesta con pochi sintomi o addirittura è del tutto asintomatica, è altrettanto innegabile che nelle forme più severe l’organismo dei malati viene messo a dura prova. A dimostrarlo ci sono le osservazioni preliminari di una struttura originale, creata ad hoc presso il Policlinico Gemelli di Roma, un ambulatorio PostCovid, affidato a Francesco Landi, docente presso l'Università Cattolica.
«Il modello di assistenza per chi ha superato l’infezione deve essere multidisciplinare, con la partecipazione anche di oculisti, otorinolaringoiatri, gastroenterologi e psichiatri, oltre a infettivologi, pneumologi e cardiologi – spiega Landi -. Stiamo scrivendo un libro di cui al momento conosciamo solo il titolo e servono i contributi di tutti. Al momento stiamo vedendo persone che hanno avuto i primi sintomi una cinquantina di giorni fa e a distanza di due settimane dal doppio tampone negativo che indica la guarigione. C’è la sensazione che la malattia possa aver lasciato strascichi, che impongono un monitoraggio nel tempo».
Se soprattutto per gli anziani, l’infezione risulta “disrupting” perché nega socializzazione con conseguente peggioramento delle condizioni psicologiche, ma soprattutto alimentazione sana e attività fisica, con calo di peso, riduzione dell’introito proteico e della massa muscolare, è sul fronte cardiovascolare che i problemi potrebbero rivelarsi significativi. Al momento non si possono ipotizzare previsioni cupe a lungo termine per i casi severissimi come quelle preconizzate da uno studio apparso su European Heart Journal, a firma di Tian-Yuan Xiong, dell’Università di Sichuan in Cina, che nei quadri severi ha rilevato alterazioni potenzialmente in grado di aumentare il rischio cardiovascolare e i problemi circolatori per diversi anni. Ma ci vuole attenzione. «In circa metà delle persone seguite la coagulazione del sangue permane alterata, cala a valori minimi la vitamina De frequentemente compaiono alterazioni di valori del colesterolo, legate forse all’effetto dei farmaci utilizzati nel trattamento acuto o a coinvolgimento del fegato» fa sapere Landi.
A far paura, in ogni caso, è la stessa azione del virus: come ricorda l’American Heart Association l’infezione può destabilizzare la placca ateromatosa nei vasi, dando il via a un infarto. E se l’infiammazione rimanesse nel tempo? «Più è alto il livello infiammatorio più attenzione ci vuole – conferma Claudio Cuccia, direttore del dipartimento Cardiovascolare della Fondazione Poliambulanza di Brescia -. L’iper-infiammazione indotta dall’infezione nei casi più gravi favorisce meccanismi che favoriscono la coagulazione e non solo a carico delle arterie coronariche. L’alterazione si può mantenere nel tempo, come del resto avviene dopo un infarto: dopo un attacco cardiaco si mette infatti in atto un trattamento anticoagulante che prosegue nel tempo».
Nel post-Covid, specie per chi ha avuto quadri particolarmente gravi con lo scatenarsi della classica “tempesta” di citochine che amplifica a dismisura l’infiammazione, l’attenzione a questo parametro deve essere massima. Così come occorre monitorare la capacità respiratoria e studiare programmi riabilitativi: secondo quanto osservato, in alcuni pazienti anche dopo la guarigione può permanere un deficit funzionale significativo, che provoca affanno dopo pochi passi. Capitolo reni: nei soggetti che hanno avuto forme severe d’infezione, stando ai dati dell’International Society of Nephrology, anomalie di questi organi sono state osservate nel 25-50% dei casi e quasi 15 persone su 100, tra queste, avranno probabilmente un calo nella funzione di filtrazione renale. Per finire, pensiamo alla psiche. Dopo il lockdown siamo tutti a rischio e chi è stato malato e ricoverato ancor di più. «Ora l’emergenza principale è la salute mentale – segnalano i presidenti della Società italiana di psichiatria Enrico Zanalda e Massimo di Giannantonio -. La ricostruzione delle macerie sanitarie ed economiche non può dunque prescindere dalla cura delle ferite psichiche, senza la quale il tessuto sociale sarà molto provato, con un rischio di aumento della povertà».