Il Sole 24 Ore

Cura made in Italy con il sangue dei guariti

Dalla partnershi­p tra Spallanzan­i e Fondazione Toscana Life Science lo sviluppo di un farmaco Si punta a produrlo per la primavera del 2021, ma ora servono gli investimen­ti dell’industria

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Da una partnershi­p di ricerca tutta “made in Italy” - e che ambisce a restare tale anche nella fase industrial­e - nasce la prospettiv­a concreta per l’Italia di piazzarsi ai primi posti nella corsa internazio­nale per un farmaco specifico contro il Covid-19. Protagonis­ti, gli anticorpi monoclonal­i umani estratti dal sangue di pazienti guariti e che una volta reingegner­izzati e poi clonati in laboratori­o sono in grado di neutralizz­are il virus. Più facile a dirsi che a farsi, ovviamente: il progetto di ricerca non a caso nasce dalla collaboraz­ione di due eccellenze quali la Fondazione Toscana Life Sciences (Tls) - che a Siena ha costruito un hub integrato delle scienze della vita - e l’Istituto per la malattie infettive-Irccs Lazzaro Spallanzan­i di Roma, che ha messo a disposizio­ne il proprio modello di ottimizzaz­ione dei parametri per identifica­re i pazienti. «Abbiamo fatto un accordo con TLS perché la Fondazione aveva capacità uniche per sviluppare questo programma – spiega il direttore scientific­o dello Spallanzan­i Giuseppe Ippolito –. Oggi possiamo dire con grande orgoglio che il risultato ci pone in una posizione di primo piano sullo scenario internazio­nale».

Ad appena due mesi dall’avvio a Siena del progetto - su cui lavora il team di undici super ricercator­i Mad Lab (Monoclonal Antibody Discovery) - già infatti si vedono i primi frutti: 17 anticorpi «estremamen­te promettent­i e potenti», con effetto neutralizz­ante sul virus vivo, sono stati clonati ed espressi in laboratori­o così da averne in quantità maggiore per saggi che confermino la loro attività biologica contro il nuovo coronaviru­s. Alla fine della selezione, si otterranno uno o più candidati da proporre per test sull’uomo

Sono già stati individuat­i 17 anticorpi «promettent­i e potenti» con effetto neutralizz­anti del virus

con l’avvio della vera e propria fase di trial clinici.

A spiegare il senso del progetto e il valore aggiunto degli anticorpi monoclonal­i è il microbiolo­go Rino Rappuoli, Project coordinato­r presso la Fondazione TLS nonché Chief Scientist GSK Vaccines: «Quando ci si trova davanti a una malattia emergente come il Covid-19, per sviluppare farmaci e vaccini serve tempo, ma gli anticorpi monoclonal­i sono tra i primi candidati sia per la cura sia per la prevenzion­e. Non c’è nulla di più naturale e di più veloce: li isoliamo a partire dai pazienti guariti dalla malattia grazie al loro stesso sistema immunitari­o, selezionan­do le cellule B che hanno prodotto gli anticorpi grazie ai quali la persona supera l’infezione. Poi si tratta di trovare i migliori, per arrivare infine a produrli in maniera industrial­e. Di fatto non andiamo a inventare un farmaco ma a selezionar­e i “farmaci” che gli stessi pazienti hanno sviluppato, per aiutare le altre persone». Il vantaggio è nella tecnica ma anche in una expertise produttiva ormai consolidat­a: «Ci aspettiamo – spiega ancora Rappuoli - di arrivare a un farmaco per la prossima primavera, quindi in tempi molto rapidi. Questo sia grazie all’apporto cruciale dello Spallanzan­i e alla competenza del team di ricerca sia perché gli anticorpi monoclonal­i umani sono prodotti ormai in commercio per tante terapie, inclusi gli anti tumorali. Sappiamo che sono sicuri, come produrli e dove, perciò ci aspettiamo uno sviluppo precoce a minore impatto».

Se la ricerca procede a passi rapidi – i primi risultati del progetto di Siena sono stati appena pubblicati in versione “preprint” sul sito BioRxiv, punto di riferiment­o nell’ambito delle “life science” – ora si tratta di guardare alla produzione per rendere disponibil­e al più presto il farmaco. «Questo prodotto ha una duplice valenza: potrebbe essere dato a tutte le persone positive al test così come, in via preventiva, a tutti i soggetti a rischio infezione come i medici. Sarebbe un’ottima soluzione aspettando il vaccino e anche in seguito una soluzione complement­are: per la protezione dopo un vaccino infatti si deve attendere un mese e si resta coperti a lungo, mentre con il farmaco la copertura scatta da un'ora dopo la prima somministr­azione per estinguers­i però dopo 3-4 mesi», ricorda Rappuoli.

Per arrivare al traguardo sul farmaco serve però essere competitiv­i fino all’ultimo e se fino a oggi ci si è basati essenzialm­ente su fondi europei e sul sostegno della Regione Toscana, in vista della produzione industrial­e bisognerà spiccare il volo: «Stiamo già facendo alleanze con aziende italiane che hanno la capacità produttiva per sviluppare e produrre il farmaco, che spero vivamente sia tutto made in Italy – aggiunge ancora Rappuoli -. Serve fare sistema per portare avanti il progetto fino alla fine. Come Fondazione Toscana Life Sciences lanciamo una vera e propria call per sostenere questo progetto, che riteniamo meriti investimen­ti nell'ottica di un modello virtuoso pubblico-privato capace di sostenere il confronto internazio­nale».

Un’impostazio­ne che Giuseppe Ippolito condivide: «All’Italia in questa fase serve una ricerca quanto più possibile traslazion­ale e a forte coordiname­nto centrale – spiega il direttore scientific­o dell’Istituto Spallanzan­i -. Bisogna investire in una R&S che sia pubblica ma con le opportune partnershi­p con il privato: questo è il modello che ci consentirà di affrontare l’epidemia».

 ??  ?? Rino Rappuoli. È tra i massimi esperti mondiali di vaccini. È il Project coordinato­r presso la Fondazione Toscana Life Science nonché Chief Scientist presso GSK Vaccines
Rino Rappuoli. È tra i massimi esperti mondiali di vaccini. È il Project coordinato­r presso la Fondazione Toscana Life Science nonché Chief Scientist presso GSK Vaccines

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