«Per il rilancio aiuti di Stato a misura di distretto»
«Il tracollo è stato devastante e rischia di allargare ancora di più il divario tra il Nord e il Sud del Paese». Per questo, per ridare slancio all’industria italiana, «occorre seguire l’esempio della Germania con aiuti di Stato consentiti dalla Ue, ma declinati nella realtà dei nostri distretti produttivi». Ne è convinto Franco Mosconi, ordinario di economia industriale all’Università di Parma.
Quali sono le caratteristiche della crisi su base territoriale?
La crisi che stiamo vivendo è unica, perché riguarda sia la domanda che l’offerta e non ha risparmiato nessuna area, con un mix letale tra crollo della produzione industriale e investimenti. Per usare una metafora calcistica, sono state colpite anche le regioni da Champions League, come Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Piemonte e Toscana. Le prime della classe che, come mostrano i dati Istat,da sole realizzano il 73% di tutto l’export nazionale. Più proiettate verso l’estero e proprio per questo più esposte, perché maggiormente inserite nella catena del valore europea e mondiale. E al tempo stesso sono in gravissima difficoltà anche i territori del Sud.
A rischiare il contagio è anche il modello produttivo fondato sui distretti? O l’emergenza li rafforzerà?
I distretti sono un elemento vincente del nostro Made in Italy che nel corso degli anni ha subito una profonda trasformazione. Come mostra il Monitor di Intesa Sanpaolo nel 2019, quindi prima dell’emergenza, i 150 distretti insieme ai poli tecnologici hanno esportato 205 miliardi, pari al 43% del totale italiano, con motivi di speranza anche al Sud. Alcuni, come quello farmaceutico e biomedicale o dell’agrifood hanno le spalle più larghe in questo momento, altri, come la moda o il legno-arredo faranno più fatica e probabilmente si evolveranno. Ma tutti, con la meccanica in prima fila, resteranno centrali per il rilancio. Le imprese che ne fanno parte dovranno essere concorrenti sul mercato, ma alleate al loro interno per riattivare la crescita perduta.
Quale ruolo potranno avere i distretti per uscire dall’impasse?
È importante fare ricorso a interventi non convenzionali, seguendo la strada della Germania, con aiuti di Stato nell’ambito del nuovo quadro temporaneo approvato dalla Commissione Ue il 19 marzo. Bisogna cogliere questa opportunità. Al di là delle forme tecniche (sovvenzioni, prestiti garantiti) fra i criteri, da definire con chiarezza ed ex-ante, ci deve essere, certo, quello “negativo” (come il calo del fatturato oltre certe soglie). E contestualmente anche uno “positivo”, come la partecipazione o l’ingresso dell’impresa in una filiera, così come operazioni di fusione e acquisizione fra imprese dello stesso cluster o di distretti diversi, ma complementari. Questo consentirebbe di rafforzare anche nel Mezzogiorno la chiave di volta dei distretti del Centro-Nord: le economie di agglomerazione. Per creare bacini di manodopera specializzata, consolidare fornitori di input intermedi e far circolare velocemente la conoscenza. In questo contesto non è irragionevole pensare a un supplemento di impegno verso il Mezzogiorno da parte delle imprese capo-filiera, o leader di distretto, basate nelle grandi regioni manifatturiere. Per evitare sussidi a pioggia e rafforzare i legami fra i distretti robusti e resilienti del Centro-Nord e quelli più fragili del Sud, anche stimolandone la formazione di nuovi.