Conte: con la manovra gettate le premesse per la ripresa del Paese
«Con il taglio Irap liquidità alle imprese, non è l’ora delle riforme fiscali»
«È un testo complesso, in tutto e per tutto una manovra economica. La parola ora passerà al Parlamento, che con il contributo di tutte le forze politiche, anche di opposizione, saprà ulteriormente migliorarlo». Giuseppe Conte annuncia il via libera al “decreto Rilancio”, il provvedimento monstre che vale 155 miliardi licenziato ieri dal Consiglio dei ministri, inviando subito un implicito invito alle Camere. Un invito alla celerità e alla concordia, dopo che in queste settimane, anche nella maggioranza, si sono moltiplicate fratture e tensioni.
L’ex “decreto aprile”, diventato nel frattempo “decreto maggio”, è ancora «una manovra per fronteggiare l’emergenza», sottolinea il premier durante la conferenza stampa dopo il Cdm, con accanto i ministri Gualtieri, Patuanelli, Bellanova e Speranza. Risposte a lavoratori, imprese, commercianti, artigiani, famiglie, a chi ha lanciato un «grido di allarme», che Conte rassicura promettendo che le risorse stavolta «arriveranno più speditamente», a partire dalla cassa integrazione e dal bonus agli autonomi. E che le famiglie non saranno lasciate sole.
Ma il testo, per Conte, «contiene anche le premesse per una prospettiva di ripresa, economica e sociale». Lo evidenzia anche il ministro dell’Economia: «È un decreto imponente - dice Gualtieri - sia per le risorse sia per gli indirizzi forti con cui sosteniamo famiglie e imprese e gettiamo le basi per la ripartenza dell’economia». È il ministro dello Sviluppo economico Patuanelli ad ammettere con chiarezza che siamo ancora in presenza di un «mosaico» di interventi «di indennizzo e di ristoro», con una prima parte di respiro più ampio, che guarda al futuro ovvero a «una grande opera di sburocratizzazione e di fiducia nei confronti degli imprenditori».
Su una riforma fiscale per le imprese più spinta del taglio emergenziale della rata di giugno dell’Irap, però, Conte frena: l’abbuono previsto nel decreto «significa erogare una forma indiretta di liquidità, significa lasciare nelle casse delle società delle somme di danaro. Ma è un intervento una tantum. Non possiamo affrontare in queste condizioni una più complessiva riforma del fisco, prima bisogna fronteggiare l’emergenza».
Anche sulla fisionomia di Cassa depositi e prestiti sempre più somigliante a quella di una nuova Iri, più volte evocata in particolare dal M5S, il presidente del Consiglio smussa: quelli nel Dl «sono interventi mirati volti a favorire la ricapitalizzazione delle imprese». «Non si tratta di una nuova Iri » , precisa Gualtieri, ma di misure in linea con « i nuovi strumenti definiti dal quadro europeo» sugli aiuti di Stato e in linea con quelli adottati in altri Paesi. La capacità dello Stato di dare indirizzi - osserva il ministro dem - non significa intervenire nella governance. «Nessuna sovietizzazione delle imprese » , garantisce Patuanelli.
E se lo scontro nel Governo sulla regolarizzazione dei migranti viene oscurato dalle lacrime di commozione della ministra Bellanova («Da oggi possiamo dire che lo Stato è più forte del caporalato»), il premier sceglie la conferenza stampa per annunciare un cambio di passo nella gestione dell’emergenza: per decidere le riaperture del 18 maggio si lavorerà in queste ore non più a un decreto del presidente del Consiglio come avvenuto finora ma a un decreto legge. «È la soluzione migliore per coinvolgere più intensamente il Parlamento», riconosce il premier. Come commenta subito il deputato dem Stefano Ceccanti, che ha condotto la battaglia per la parlamentarizzazione dei Dpcm, «è l’obiettivo che avevamo sollecitato per iniziare davvero una fase 2 anche nei rapporti Parlamento-Governo».
«Ci sono interventi mirati volti a favorire la ricapitalizzazione delle imprese. Non si tratta di una nuova Iri», precisa Gualtieri