Cdp, il maxi fondo potrà intervenire nelle ristrutturazioni
Tra i potenziali target dell’intervento incluse le partecipate pubbliche
Non solo prestiti obbligazionari convertibili e aumenti di capitale, che restano la via maestra per la sua discesa in campo temporanea a sostegno di medie e grandi imprese colpite dal Covid- 19 e con un fatturato annuo sopra i 50 milioni, ma anche interventi in ristrutturazioni di società « che, nonostante temporanei squilibri patrimoniali o finanziari, siano caratterizzate da adeguate prospettive di redditività » e che comunque siano entrate in crisi per via del coronavirus. È questa la principale novità dell’articolo 30 del decreto rilancio che disegna i confini del nuovo maxi fondo targato Mef e gestito dalla Cassa. Una modifica che allarga sensibilmente il raggio d’azione del “patrimonio rilancio”. Che potrà intervenire anche nelle partecipate pubbliche ( del Tesoro e della stessa Cassa), a condizione ovviamente che siano state danneggiate dall’emergenza coronavirus, dal momento che la loro esclusione, indicata nelle prime versioni del provvedimento, è stata eliminata.
Resta comunque confermato che spetterà a un successivo decreto definire i requisiti di accesso, le condizioni, i criteri e le modalità degli interventi del patrimonio destinato. A firmarlo sarà il presidente del Consiglio su proposta del Mef sentito anche lo Sviluppo economico. E, nel delineare il perimetro dei possibili interventi, il decreto dovrà tenere in considerazione l’incidenza dell’impresa rispetto a una serie di variabili: dallo sviluppo tecnologico alle infrastrutture critiche e strategiche, dalle filiere produttive strategiche alla rete logistica e dei rifornimenti, fino ai livelli occupazionali e del lavoro.
Il patrimonio, che sarà alimentato principalmente dai titoli di Stato emessi dal Tesoro ( nella bozza in ingresso al Cdm è scomparso il riferimento agli apporti di altri soggetti pubblici) e per le cui attività il gruppo guidato da Fabrizio Palermo potrà emettere obbligazioni garantite dallo Stato, sarà costituito con una deliberazione dell’assemblea dei soci della Cassa. E, per la gestione del maxi fondo, il board di Cdp sarà integrato sul modello di quanto già avviene per la gestione separata ( si veda anche il Sole 24 Ore di ieri) con la presenza, tra gli altri, del Ragioniere generale dello Stato e del direttore generale del ministero dell’Economia oltre che dei tre esperti in materia finanziaria designati da Regioni, province e Comuni.
Nella bozza del decreto in ingresso al Cdm, è stato poi sciolto anche il nodo della durata dell’operazione che è fissata in dodici anni dalla costituzione. Ma la durata del patrimonio destinato, chiarisce lo stesso provvedimento, potrà essere estesa o anticipata con delibera del cda su proposta del ministero dell’Economia. La cessazione del maxi fondo o di singoli comparti dovrà poi essere accompagnata da un rendiconto finale con il passaggio degli eventuali residui della gestione al dicastero di Via XX Settembre. Al quale il decreto riserva la facoltà di integrare o modificare i termini e le condizioni dell’intervento del fondo gestito dalla Cassa in modo da allinearne il perimetro alla disciplina europea in materia di aiuti di Stato.