Vince il pressing di Pd e Iv su Conte: stop ai Dpcm
Ceccanti: bene, inizia una Fase 2 anche nei rapporti tra governo e Parlamento
Forse l’epoca dei Dpcm sta davvero per finire, e anche questo è un segno che la fase 2 è davvero arrivata. Il pressing dei parlamentari e dei partiti, soprattutto il Pd e Italia Viva, su Palazzo Chigi affinché si abbandoni la strada della normazione delle libertà personali senza il voto del Parlamento è stato molto forte negli ultimi giorni. Matteo Renzi aveva addirittura accusato il premier di decisioni anticostituzionali. Tanto che alla fine il governo ha acconsentito ad inserire nel decreto 19 all’esame della Camera (il via libera, per poi passare in Senato, ci sarà oggi) una norma che prevede il passaggio alle Camere degli ormai famosi Dpcm. Ma ieri il premier Giuseppe Conte ha superato le aspettative di chi lo incalzava - Italia Viva in testa, con una richiesta formale di Maria Elena Boschi nell’ultima Capigruppo a Montecitorio - per illustrare in Aula il Dpcm in preparazione sulle riaperture regionali dal 18 maggio prima del varo in Cdm previsto già per domani: lo strumento questa volta sarà un vero e proprio decreto legge, ha annunciato il premier nella conferenza stampa serale di illustrazione del decreto rilancio sorprendendo gli stessi ministri del suo governo ( « non lo ho ancora comunicato a loro » ) .
Certo, l’uso dei Dpcm sarà comunque possibile nelle prossime settimane. Ma la soluzione trovata due giorni fa alla Camera contribuisce a superare un’epoca: è prevista la possibilità dell’illustrazione dei Dpcm alle Camere prima del via libera in Cdm, anche se resta la possibilità di una comunicazione nei 15 giorni successivi in caso di estrema urgenza e comunque resta che il parere delle Camere non è vincolante. «L’effetto diretto è intanto quello di parlamentarizzare gli ulteriori Dpcm che saranno emanati - spiega Ceccanti -. Ma c’è anche un effetto indiretto: i vincoli sono un disincentivo all’uso dei Dpcm spingendo il governo all’uso dello strumento più fisiologico dei decreti legge » . L’annuncio di Conte è dunque accolto positivamente in casa dem: «Si tratta di una importante conclusione positiva delle discussioni di questa settimana. Inizia una Fase 2 anche nei rapporti tra governo e Parlamento » , commenta Ceccanti con soddisfazione.
Con la fase 2 e 3 diremo dunque addio alla normazione fuori dalle
Camere. O almeno questo è l’auspicio di molti parlamentari, anche dell’opposizione, e di molti costituzionalisti. Anche perché con l’inserimento nel decreto rilancio della possibilità di proroga di sei mesi delle varie ordinanze regionali il rischio di normalizzare l’eccezione c’è tutto. In caso di necessità di proroga dello stato di emergenza a livello nazionale - avverte il costituzionalista Francesco Clementi - «il governo dovrà andare davanti alle Camere e spiegare perché » .
Dietro la decisione di Conte di ricorrere stavolta ad un decreto legge per disciplinare le riaperture abbandonando i famigerati Dpcm c’è anche la minaccia, rispolverata ad arte ieri dai renziani, di votare assieme alla Lega la sfiducia presentata in Senato contro il Guardasigilli Alfonso Bonafede se nei prossimi giorni non dovessero arrivare «segnali » dal premier. E il primo segnale, per Renzi, è appunto l’abbandono dello strumento dei Dpcm. Sulla fase 2 - insiste l’ex premier - deve intervenire il Parlamento: « Il 15 giugno riapriranno le frontiere tra Germania, Francia e, Svizzera e Austria. Se non acceleriamo a partire dai trasferimenti tra regioni rischiamo di perdere il treno europeo Non perdiamo ancora tempo, bisogna correre » .