Pasini: «Banche lente nell’erogare credito»
Dal presidente Aib critiche agli istituti di credito e ai ritardi regionali sui test Vescovi (Confind. Vicenza): «Dalla ratifica del Mes spazi per poter eliminare l’Irap»
« No, sostituire mutui esistenti con nuovi prestiti garantiti dallo Stato non è un modo per dare liquidità. Così non va » . Nel giorno in cui le imprese di Brescia presenta il primo impatto dell’emergenza, con un calo della produzione stimato in dieci punti nel primo trimestre, un crollo del 23% dei ricavi nel solo mese di marzo, la riduzione dell’ 11,5% dei nuovi contratti di lavoro, Giuseppe Pasini traccia anche un primo bilancio dell’effetto delle misure messe in campo. Evidenziando più di una criticità, a partire dall’azione degli istituti di credito.
«Ascoltando le segnalazioni delle aziende - spiega il presidente dell’associazione industriale bresciana - alle banche vanno tirate le orecchie: gli istituti di credito non possono essere assenti proprio in questo momento. In alcuni casi arrivano a proporre anche una sostituzione di prestiti esistenti con nuovi finanziamenti garantiti dallo Stato, magari aumentati del 20-30%. Così facendo però non si risolvono i problemi » . Che restano giganteschi, come mostrano i dati del sondaggio realizzato tra le imprese.
Anche se farmaceutica e alimentare aiutano a contenere i danni, meccanica e metallurgia, in particolare quelle legate all’auto, patiscono cali di produzione e fatturato a doppia cifra. Qualche eccezione è pur sempre visibile ma le medie restano desolanti, con l’87% delle aziende a riscontrare un rallentamento della domanda, il 48% a non considerare più raggiungibili gli obiettivi precedentemente posti per l’anno in corso, solo il 2% del campione a dichiarare di non aver avuto alcun impatto negativo dall’emergenza.
«I budget andranno rivisti - spiega Pasini – così come tutti i piani di investimento, che verranno come minimo rinviati. Oggi il motore di Brescia lavora al 50-60% del normale e i volumi stimati di perdita nel 2020 sono nell’ordine del 20-30%». A vedere uno spiraglio di luce dopo la fine del lockdown è ancora una minoranza del sistema, solo il 15% ipotizza produzione in aumento, per il 14% l’output resterà stabile, il 71% prevede nuove diminuzioni.
Aziende che dopo il lockdown sono comunque ripartite in sicurezza – ricorda il presidente Aib – anche adottando misure ulteriori rispetto al protocollo nazionale e a quello provinciale. «Ripresa controllata e sicura – aggiunge – che si confronta però con il fortissimo ritardo da parte della Regione Lombardia nel varo di misure chiare e univoche sui test sierologici e i tamponi». Più stimoli alla domanda, con incentivi ai veicoli Euro6 per rilanciare il disastrato settore automotive e una manovra che sblocchi le opere pubbliche sul modello di Genova sono gli interventi urgenti richiesti al Governo. Mentre all’Europa si chiede più coraggio, per affrontare quella che non è solo una crisi locale. «Se a crollare è il Pil in Italia ma anche in Germania, Francia, e Spagna – aggiunge – gli interventi devono essere coraggiosi e rapidi. Serve più Europa. E subito».
Lo stop di Vicenza
Un quadro non dissimile è visibile a Vicenza, altra area a forte prevalenza meccanica, dove il primo trimestre è visto in calo dell’8,8%, con il 62% delle aziende a segnalare cali produttivi, il doppio rispetto alla rilevazione precedente.
Sistema che mantiene al momento una relativa solidità, con il 28% del campione a presentare problemi di liquidità, il 19% a ridurre la forza lavoro, a fronte però di un 14% che invece vede l’organico lievitare.
Per Luciano Vescovi, presidente di Confindustria Vicenza, è cruciale che il nuovo decreto sia efficace e semplice nell’applicazione, perché se un parziale lockdown a marzo ha messo in ginocchio il sistema, i dati di aprile e maggio saranno certo peggiori. «Per ora è ancora l’Europa a salvarci - spiega Vescovi -:oltre agli acquisti di titoli di Stato da parte della Bce è il mercato unico che si mostra imprescindibile. Non si capisce cosa si aspetti a ratificare l’accordo sul Mes e finanziare il sistema sanitario nazionale. Così, come proposto dal presidente designato di Confindustria Carlo Bonomi, si aprirebbe subito l’opportunità di eliminare l’Irap».