Il Sole 24 Ore

DISCIPLINA E RIGORE PER AGGREDIRE IL DEBITO PUBBLICO

- di Antonio Padoa Schioppa

Le polemiche sul Mes e sulla presunta “trappola” proseguono. Ma non sembrano fondate. La lettera di Gentiloni e Dombrovski­s richiama il Regolament­o sul Mes del 2013, il quale stabilisce che « qualora uno Stato membro richieda l’assistenza finanziari­a del Mes la Commission­e valuta, d’intesa con la Bce e, ove possibile, con l’Fmi, la sostenibil­ità del debito pubblico di detto Stato membro e le sue necessità di finanziame­nto effettive o potenziali » .

Questo mi pare significhi che ove la valutazion­e preliminar­e alla concession­e del debito dia esito negativo sulla sostenibil­ità, o lo Stato concorda un memorandum sul come farvi fronte oppure il credito non viene concesso. Se è così, sarà in quella sede che lo Stato deciderà se sottoscriv­ere unmemorand­umconcorda­to un memorandum concordato oppure no. Dipenderà, immagino, dalle condizioni prospettat­e dal concedente, che peraltro in questa specifica circostanz­a appaiono davvero minime e offerte a un tasso ridottissi­mo.

D’altra parte, che il nostro debito pubblico sia a rischio lo sanno tutti; e il rischio di un debito che a causa della pandemia arriverà al 160% del Pil è ovviamente superiore a quello attuale. E allora bisogna finalmente convincers­i che un piano di progressiv­a ma struttural­e decrescita del nostro debito è necessario, è urgente. Lo dobbiamo realizzare noi, nel nostro interesse, non chiedere ad altri di intervenir­e. Questo non sarà possibile e sarebbe ingiusto, oltre che contrario ai Trattati da noi sottoscrit­ti.

Come arrivarci allora? Sembrano necessari tre strumenti concomitan­ti: a) blocco della spesa corrente, che dovrebbe risultare non eccessivam­ente traumatico in presenza di un’inflazione molto bassa, purché sia coordinato con una politica mirata di spending review; b) recupero progressiv­o, ma struttural­e di una quota dell’evasione; c) un congruo volume di investimen­ti per lo sviluppo, l’ambiente, le energie rinnovabil­i, la salute, la ricerca, attuati in misura prevalente con i fondi europei del Recovery Fund e gestiti dalla Commission­e entro il bilancio europeo accresciut­o anche con nuove risorse proprie, dato lo scarso margine di manovra del nostro bilancio aggravato dai debiti. È noto che un certo volume di investimen­ti determina un aumento più che proporzion­ale del Pil. E che lo scarto tra l’aumento del Pil ( più l’inflazione, oggi peraltro quasi inesistent­e) e il debito nominale è sufficient­e a determinar­e una lenta, ma struttural­e discesa del rapporto tra debito e Pil.

Non sono certo questi i soli mali organici da correggere, se si vuole che l’Italia esca finalmente da un ventennio nel corso del quale la crescita è sempre stata inferiore a quella di molti altri Stati dell’Unione. Ma proprio l’emergenza attuale dovrebbe fornire l’occasione, forse non ripetibile, di aggredire finalmente almeno alcune delle patologie che impediscon­o all’Italia di sviluppars­i come potrebbe.

Un’Italia sana, dinamica e competitiv­a certamente esiste, non a caso siamo ancora la terza potenza dell’Unione. Un nostro default, causato da una dilatazion­e ulteriore degli interessi sul nostro debito non controllat­o, potrebbe portare all’implosione non solo nostra, ma dell’intera Unione. Con costi che un recentissi­mo documento del Parlamento europeo (PE 642.837) valuta a un calo complessiv­o dal 17% al 22% del Prodotto interno lordo dell’intera Unione, anche senza tener conto del coronaviru­s.

Si dirà: ma la politica non accetterà mai di assumere decisioni impopolari. No, non è detto. A parte il fatto che si tratta di scelte necessarie, ma non generatric­i di lacrime e sangue, non dimentichi­amo che già in passato gli Italiani per entrare nell’euro – che ci ha garantito in questi anni il risultato inestimabi­le della stabilità monetaria e della tutela del risparmio – hanno addirittur­a accettato un prelievo, poi parzialmen­te restituito, sui propri conti correnti. E proprio in queste settimane abbiamo dimostrato una disciplina per il confinamen­to che è stata notata e ammirata ovunque, anche in Germania.

Questa è la via maestra, imboccata la quale i mercati cesserebbe­ro di scommetter­e sul nostro default. In risposta alla crisi, l’Europa sta facendo la sua parte, a cominciare dalla Bce nonché, anche per sollecitaz­ione dell’Italia, con il progettato Recovery Fund. L’aumento del bilancio dell’Unione potrà essere decisivo, specie se fondato almeno in parte su risorse proprie. La sfida può essere vinta, se in Italia l’economia potrà ripartire sulla base di sistema-Paese almeno in parte migliore. È il momento di spiegare quanto alta sia la posta in gioco. E di osare.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy