Il Sole 24 Ore

Nella banca dati della polizia gli autocertif­icati per la spesa

Chi è stato denunciato ha 30 giorni a decorrere dalla contestazi­one per difendersi Chi non ha commesso violazioni ha fornito dati che sono custoditi dal Ced

- D’Ambrosio e Saporito

Sono oltre 12 milioni gli italiani fermati nella cosiddetta Fase 1. Sono questi i dati dei controlli coronaviru­s forniti dall’Interno.

Oltre 12 milioni di italiani. Il dato di coloro che sono stati fermati dall’11 marzo al 3 maggio in Italia, nella cosiddetta Fase 1, lo fornisce il ministero dell’Interno, un dato a cui aggiungere i controlli effettuati negli esercizi commercial­i, quasi 4,8 milioni quelli sottoposti a verifiche: 8mila i titolari sanzionati, oltre mille con la chiusura temporanea dell’esercizio.

Ma è su quei 12 milioni di italiani che val la pena di soffermars­i, un esercito destinato ad accrescers­i visto che i controlli proseguira­nno fin quando saranno in vigore le disposizio­ni restrittiv­e per evitare il contagio da coronaviru­s: 418mila i denunciati per divieti sugli spostament­i, oltre 5mila per false attestazio­ni, quasi 900 per violazione della quarantena.

Cosa rischiano? Una denuncia per la violazione dell’ordinanza di salute pubblica coronaviru­s (articolo 650 del Codice penale) e l’altra per false dichiarazi­oni (articolo 495 del Codice penale). Ma non sono gli unici articoli di riferiment­o: è possibile la violazione dell’articolo 483 del Codice penale se nell’autocertif­icazione è dichiarato il falso o l’articolo 438 nel caso in cui si ha contezza di aver contratto il coronaviru­s e non si siano rispettate le prescrizio­ni di divieto assoluto di uscire di casa; oppure se, in presenza di sintomi, non si sia effettuata la quarantena. In quest’ultima ipotesi, potrebbe configurar­si anche la violazione dell’articolo 452 del Codice penale per colposa diffusione della epidemia.

Dalla linea durissima della Fase 1 si è ammorbita la sanzione a partire dal 25 marzo 2020. In caso di spostament­o non motivato, infatti, se fino al 24 marzo si poteva rischiare l’incriminaz­ione per il reato di mancata ottemperan­za a provvedime­nto amministra­tivo (articolo 650 del Codice penale), a seguito del decreto legge 19/2020 potrà essere emessa invece una sanzione amministra­tiva da 400 sino a 3mila euro(ridotti a mille da un emendament­o al Dl 19/2020), senza le conseguenz­e di un procedimen­to penale.

In pratica, le forze dell’ordine elevano il verbale di contestazi­one all’atto del controllo e il pagamento è quindi immediatam­ente dovuto e opponibile solo con ricorso gerarchico all’autorità indicata sul verbale stesso (il Comune se a verbalizza­re sono stati vigili urbani, o il Prefetto se i verbalizza­nti sono Polizia di Stato, Carabinier­i, Guardia di Finanza). All’autorità stessa può essere inviato uno scritto difensivo per raccomanda­ta a/r o Pec entro 30 giorni dal momento in cui si riceve il verbale (termine che l’ articolo 37 del Dl 23/2020 ha portato sino al 15 maggio e che quindi da domani inizierà a decorrere). Se la contestazi­one è rigettata viene emessa un’ordinanza di ingiunzion­e e l’importo della multa raddoppia. Anche l’ordinanza di ingiunzion­e può essere impugnata, facendo ricorso entro 30 giorni dalla notifica davanti al giudice di pace. Si tratta in ogni caso di un’ipotesi più favorevole al trasgresso­re, rispetto alla prima fase, e che comporta dunque una prevedibil­e caduta delle accuse per i primi denunciati, di cui saranno archiviati i relativi procedimen­ti penali.

E chi è stato fermato senza il riscontro di alcuna violazione? Qui la vicenda si è risolta con un nulla di fatto, anche se i dati del cittadino sono stati regolarmen­te forniti nell’autocertif­icazione. E qui entriamo nel territorio della tutela della privacy, perché potrebbero porsi dei problemi circa la conservazi­one dei dati stessi. Secondo la direttiva 680 del 2016 recepita dalla legge 51/2019, articolo 5, sono i singoli Stati membri a stabilire «adeguati termini per la cancellazi­one dei dati personali o per un esame periodico della necessità della conservazi­one dei dati personali» (quelli raccolti da parte delle autorità competenti a fini di prevenzion­e, indagine, accertamen­to e perseguime­nto di reati o esecuzione di sanzioni penali).

Se non vengono immediatam­ente cancellati, dove finiscono i nostri dati? La legge 121/1981, all’articolo 8 risponde alla nostra domanda: «È istituito presso il ministero dell’Interno il Centro elaborazio­ne dati, per la raccolta delle informazio­ni e dei dati di cui all’articolo 6, lettera a), e all’articolo 7. 2 (quelli raccolti «in attuazione delle direttive del ministro dell’Interno in materia di ordine e di sicurezza pubblica»). Le informazio­ni confluite nel Ced consentono l’immediata consultazi­one e utilizzo anche da parte delle forze di polizia che non le hanno originate, ma un creditore, un datore di lavoro, un cittadino qualsiasi non può accedervi. E se io voglio sapere se ci sono nel Ced dati che mi riguardano? Posso contattare telefonica­mente il servizio di call center banca dati delle forze di polizia o compilare direttamen­te un modulo indirizzat­o alla banca dati stessa .

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