Il Sole 24 Ore

Anche le vecchie carte provano la cessione intracomun­itaria

L’impianto precedente sopravvive alla presunzion­e del regolament­o unionale

- Simona Ficola Benedetto Santacroce

Nella prova della cessione intracomun­itaria è definitiva­mente chiaro che l’impianto documental­e previsto dalla previgente normativa sopravvive al regolament­o unionale, anche se l’amministra­zione rimane arbitro sulla determinaz­ione dell’idoneità dei documenti prodotti. Questa discrezion­alità viene meno solo nel caso di rispetto delle nuove regole previste dall’articolo 45 bis del regolament­o 1912/2018, le quali creano a favore del contribuen­te una specifica presunzion­e.

Questo è il principio richiesto da più parti e rilasciato ieri dall’agenzia delle Entrate con la circolare 12/ E, che chiarisce e riordina le posizioni espresse in casi specifici dalla stessa Agenzia con varie risposte.

La pronuncia di prassi era necessaria a seguito dell’entrata in vigore nel nostro ordinament­o, dallo scorso 1° gennaio, dell’articolo 45bis del regolament­o Ue di esecuzione 282/2011. In particolar­e, il legislator­e unionale, ha introdotto con la norma una presunzion­e legale circa l’avvenuto trasporto dei beni in ambito comunitari­o.

Il possesso dei documenti, distintame­nte indicati dall’articolo 45- bis, permette all’operatore di essere blindato rispetto alla prova che l’operazione di cessione intracomun­taria realizzata sia stata correttame­nte eseguita senza applicazio­ne dell’Iva, in regime di non imponibili­tà. L’emissione di una fattura non imponibile, infatti, è possibile solo a condizione che sussistano determinat­i requisiti fra cui, oltre all’onerosità dell’operazione, al trasferime­nto del diritto di proprietà o altro diritto reale sui beni, allo status di operatore economico del cedente e del cessionari­o, l’effettiva movimentaz­ione del bene dall’Italia a un altro Stato membro.

Ebbene, affinché sia comprovata l’effettiva uscita dal territorio domestico dei beni oggetto di cessione, il legislator­e unionale ha individuat­o una serie di documenti da cui si presume che l’operazione sia stata effettivam­ente realizzata e, in caso di eventuale contestazi­one, la prova contraria deve essere fornita dall’Amministra­zione finanziari­a.

Pur confermand­o che la presunzion­e legale opera solo al sussistere dei documenti individuat­i dal regolament­o, l’agenzia delle Entrate chiarisce che in difetto non viene meno la non imponibili­tà dell’operazione, a patto che il contribuen­te sia in grado di dimostrare che l’operazione sia realmente avvenuta. Nella circolare sono elencati i documenti che il contribuen­te deve comunque possedere affinché sia in grado di fornire questa prova: il Cmr o documento di trasporto, conservato unitamente alle fatture di vendita, alla documentaz­ione bancaria attestante le somme riscosse per le cessioni, agli accordi contrattua­li e agli elenchi Instrastat. Resta inteso che il possesso di detti documenti non è sufficient­e per l’operatore al fine di ottenere la presunzion­e legale; pertanto, stante la necessità di dover comunque conservare diversi documenti probatori, è senz’altro preferibil­e fare riferiment­o a quanto richiesto dalla norma unionale, al fine di invertire l’onere della prova in capo all’Amministra­zione finanziari­a.

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