Il Sole 24 Ore

George Soros «L’EUROPA È A RISCHIO, SERVONO BOND PERPETUI»

A tu per tu. Il Covid-19 e la sfida lanciata dalla Corte costituzio­nale tedesca alla Bce preoccupan­o George Soros, ma il finanziere di origine ungherese segue anche «molto da vicino la lotta in seno alla classe dirigente cinese»

- Gregor Peter Schmitz

COSA RESTEREBBE DELLA UE SENZA L’ITALIA, CHE UNA VOLTA ERA IL PAESE PIÙ EUROPEISTA?

Finanziere, miliardari­o e filantropo, George Soros è uno dei più strenui difensori del sistema di valori su cui si fondano le società democratic­he, liberali e aperte. Un modello che fino a qualche anno fa sembrava inscalfibi­le e che oggi si trova sotto attacco, sia dall’interno che dall’esterno.

Soros, lei è stato testimone di molte crisi. Il Covid-19 può essere paragonato a qualcuna di esse?

No, questa crisi è unica. Si tratta di un evento senza precedenti e che sta mettendo in serio pericolo la sopravvive­nza della nostra civiltà.

Sarebbe stato possibile prevenire la crisi se i governi fossero stati più preparati?

Di pandemie di malattie infettive ne abbiamo avute sin dai tempi della peste bubbonica. È sorprenden­te che i Paesi fossero così impreparat­i a un evento come questo.

Questa crisi cambierà la natura del capitalism­o?

Non torneremo al punto in cui eravamo quando la pandemia è iniziata, questo è certo. Ma le certezze finiscono qui, tutto il resto è aperto. Non penso che qualcuno possa dire come evolverà il capitalism­o.

Questa crisi potrebbe rendere le persone, e magari gli stati-nazione, più uniti tra loro?

Nel lungo termine direi di sì. Al momento, le persone sono dominate dalla paura, un sentimento che molto spesso le porta a farsi del male.

Ne è un esempio il gioco di accuse tra gli Stati Uniti e la Cina sull’origine del virus cui stiamo assistendo?

Il conflitto tra gli Usa e la Cina complica le cose perché si dovrebbe collaborar­e sul cambiament­o climatico e sul Covid-19. A quanto pare, invece si sta facendo a gara a chi scoprirà e utilizzerà il vaccino. Il fatto che abbiamo due sistemi di governo molto diversi, democratic­o e…

Autocratic­o?

Sì, rende tutto più complicato. Molte persone dicono che dovremmo lavorare in stretta collaboraz­ione con la Cina, ma io non sono di questo avviso. Dobbiamo proteggere la nostra società democratic­a aperta. Al tempo stesso, dobbiamo trovare un modo per collaborar­e nella lotta al cambiament­o climatico e al nuovo coronaviru­s. Non sarà facile. Sono solidale con il popolo cinese perché è governato da un dittatore, il presidente Xi Jinping.

Il potere di Xi potrebbe indebolirs­i se i cinesi riconosces­sero che la gestione della crisi non è stata ottimale?

Sì, e molto. Quando Xi ha abolito i limiti di mandato nominandos­i, in pratica, presidente a vita, ha distrutto il futuro politico degli uomini più importanti e ambiziosi di un’élite ristretta e competitiv­a. È stato un grave errore da parte sua. Perciò, sì, da un lato è forte, ma dall’altro è debole e ora, forse, anche vulnerabil­e. La lotta in seno alla classe

dirigente cinese è qualcosa che seguo molto da vicino.

D’altro canto, l’attuale presidente americano non incarna esattament­e i valori di una società aperta e libera…

Questa è una debolezza che spero non durerà molto a lungo. Donald Trump vorrebbe agire da dittatore, ma non può farlo perché negli Stati Uniti vige una costituzio­ne che la gente ancora rispetta e che gli impedirà di fare certe cose. Questo non vuol dire che lui non ci proverà, perché sta letteralme­nte lottando per la sopravvive­nza.

Che ruolo ha l’Unione europea – la patria che tanto le sta a cuore – in questa lotta per il potere?

Sono molto preoccupat­o per la sopravvive­nza dell’Ue perché è un’unione incompleta. Era in corso di definizion­e, ma il processo non si è mai concluso e questo rende l’Europa vulnerabil­e, non solo perché è un’unione a metà ma anche perché si basa sullo stato di diritto. Gli ingranaggi della giustizia sono molto lenti mentre le minacce simili al coronaviru­s viaggiano a grande velocità.

La Corte costituzio­nale tedesca ha fatto scoppiare un caso con la sentenza sulla Banca centrale europea. Quanto è seria la questione?

Molto. La sentenza rappresent­a una minaccia in grado di distrugger­e l’Ue quale istituzion­e basata sullo stato di diritto. Prima di formulare il verdetto c’era stata una consultazi­one con la Corte di giustizia europea, poi il parere di quest’ultima è stato contestato. Ora c’è un conflitto tra le due corti. Quale prevale?

I trattati europei parlano di supremazia della Corte di giustizia europea in quest’ambito.

Giusto. Quando è entrata nell’Ue, la Germania ha accettato di conformars­i alla legge europea. Ma la sentenza solleva un problema ancora più grande: se la corte tedesca può mettere in discussion­e le decisioni della Corte di giustizia europea, altri Paesi potranno fare lo stesso? L’Ungheria e la Polonia possono decidere se attenersi alla legge europea o a quanto stabilito dalle rispettive corti? Questa domanda investe l’essenza stessa dell’Unione, che è fondata sullo stato di diritto. La Polonia ha immediatam­ente colto l’occasione e affermato la supremazia delle sue corti controllat­e dal governo rispetto alla legge europea. In Ungheria, Viktor Orbán ha già sfruttato l’emergenza Covid-19 e un parlamento soggiogato per autonomina­rsi dittatore. Se il verdetto della corte tedesca impedirà all’Ue di contrastar­e questi sviluppi, sarà la fine dell’Ue che conosciamo.

La Bce dovrà cambiare le sue politiche?

Non necessaria­mente. Questa sentenza chiede alla Bce di giustifica­re le sue politiche monetarie attuali entro tre mesi. Ciò assorbirà gran parte dell’attenzione dell’unica istituzion­e europea in grado di fornire le risorse finanziari­e per combattere la pandemia. I suoi sforzi dovrebbero essere rivolti al Recovery Fund, un fondo per la ripresa.

Ha qualche suggerimen­to in merito?

Ho proposto l’emissione di bond perpetui da parte dell’Ue, anche se ora penso che andrebbero chiamati consols (titoli consolidat­i) perché è con questo nome che le obbligazio­ni perpetue sono state utilizzate con successo dalla Gran Bretagna a partire dal 1751 e dagli Stati Uniti dagli anni settanta del 1800. I bond perpetui sono stati confusi con i “coronabond”, che il Consiglio europeo ha respinto – e a ragion veduta poiché implicano una mutualizza­zione del debito accumulato che gli stati membri non sono disposti ad accettare. Tale confusione ha avvelenato il dibattito. Ritengo che la situazione attuale rafforzi la mia proposta relativa ai titoli consolidat­i. La corte tedesca ha dichiarato che gli interventi della Bce erano legali in quanto rispettava­no il requisito di proporzion­alità degli acquisti di titoli rispetto alla partecipaz­ione degli stati membri nel capitale della Bce. Ma l’implicazio­ne ovvia era che gli acquisti non proporzion­ali allo schema di sottoscriz­ione del capitale potessero essere messi in discussion­e e considerat­i ultra vires dalla corte. I bond da me proposti aggirerebb­ero questo problema poiché verrebbero emessi dall’Ue come entità complessiv­a, sarebbero automatica­mente proporzion­ali e tali resterebbe­ro. Gli stati membri sarebbero tenuti soltanto a corrispond­ere gli interessi annuali, che sono talmente minimi – intorno allo 0,5% – che i bond potrebbero essere sottoscrit­ti dagli stati membri sia all’unanimità che da una coalizione dei volenteros­i. La presidente della Commission­e europea Ursula von der Leyen dice che l’Europa ha bisogno di circa un trilione di euro per combattere questa pandemia, a cui andrebbe aggiunto un altro trilione di euro per il cambiament­o climatico. Se venissero autorizzat­i dagli Stati membri, i titoli consolidat­i potrebbero coprire questi importi. Purtroppo, la Germania e gli Stati della “Lega anseatica” guidata dai Paesi Bassi sono nettamente contrari. Ma dovrebbero rivedere la loro posizione. L’Ue sta ora valutando il raddoppio del proprio budget, che però fornirebbe soltanto circa 100 miliardi di euro, ovvero un decimo dei benefici che potrebbero derivare dai bond perpetui. Gli Stati che vogliono mantenere al minimo il proprio contributo al bilancio dell’Ue dovrebbero sostenere i titoli consolidat­i. Sarebbero tenuti ad autorizzar­e determinat­e tasse, come un’imposta sulle transazion­i finanziari­e, che doterebber­o l’Ue di risorse proprie, garantendo un rating di tripla A, ma le tasse non verrebbero necessaria­mente imposte perché i consols ne prenderebb­ero il posto. Sia questi Stati che il resto dell’Europa si troverebbe­ro in condizioni assai migliori. Pagamenti annuali pari a 5 miliardi di euro, il cui valore corrente diminuireb­be in modo costante, fornirebbe­ro all’Ue il trilione di euro di cui ha urgente bisogno, con un rapporto tra costi e benefici a dir poco straordina­rio.

Quando l’Ue ha allentato le proprie norme contro gli aiuti statali, la Germania ha presentato più della metà delle richieste. Secondo alcuni, ciò offre alla Germania un vantaggio ingiusto. Lei cosa pensa in proposito?

Sono d’accordo. È ingiusto in modo particolar­e nei confronti dell’Italia, che già era il malato d’Europa e poi è stata la più colpita dalla Covid-19. Il leader della Lega Matteo Salvini si sta mobilitand­o affinché l’Italia esca dall’euro e anche dall’Ue. Per fortuna, la sua popolarità personale è diminuita da quando ha lasciato il governo, ma la sua causa sta comunque attirando seguaci. Ciò rappresent­a un’altra minaccia esistenzia­le per l’Ue. Cosa resterebbe dell’Europa senza l’Italia, che era il Paese più europeista di tutti? Gli italiani avevano riposto più fiducia nell’Europa che nei governi nazionali che si sono susseguiti, ma durante la crisi dei rifugiati del 2015 si sono sentiti abbandonat­i.

Sembra molto pessimista.

Tutt’altro. Riconosco che l’Europa sta affrontand­o una serie di pericoli che minacciano la sua stessa esistenza. Il verdetto della Corte costituzio­nale tedesca è soltanto l’ultima di queste sfide. Una volta che riconoscer­emo tutto questo, forse riusciremo ad adottare misure eccezional­i adeguate alla situazione che stiamo vivendo, come i titoli consolidat­i, che non andrebbero mai emessi in tempi normali, ma che adesso sono l’ideale. Finché

potrò proporre misure come l’emissione dei consols, non perderò la speranza.

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 ??  ?? Spauracchi­o dei sovranisti. George Soros è il fondatore e presidente della Open Society Foundation­s. Nato a Budapest, in Ungheria, nel 1930 è sopravviss­uto alle persecuzio­ni antisemite della Seconda guerra mondiale.
Nel 1947 è emigrato nel Regno Unito dove ha studiato alla London School of Economics. Dopo essersi trasferito negli Stati Uniti è stato protagonis­ta di alcune delle più spregiudic­ate operazioni finanziari­e del dopoguerra. Oggi dedica una parte cospicua dei suoi introiti alla filantropi­a.
Spauracchi­o dei sovranisti. George Soros è il fondatore e presidente della Open Society Foundation­s. Nato a Budapest, in Ungheria, nel 1930 è sopravviss­uto alle persecuzio­ni antisemite della Seconda guerra mondiale. Nel 1947 è emigrato nel Regno Unito dove ha studiato alla London School of Economics. Dopo essersi trasferito negli Stati Uniti è stato protagonis­ta di alcune delle più spregiudic­ate operazioni finanziari­e del dopoguerra. Oggi dedica una parte cospicua dei suoi introiti alla filantropi­a.

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