Il Sole 24 Ore

Durov, la primula rossa di Telegram

Il 35enne miliardari­o russo ideatore e proprietar­io dell’app di messaggist­ica istantanea, ha dovuto rinunciare al progetto di creare una propria criptovalu­ta a causa dello stop dell’ente americano che vigila sulla Borsa

- di Roberto Galullo e Angelo Mincuzzi

«Oggi è un giorno triste per noi qui a Telegram. Annunciamo l'interruzio­ne del nostro progetto di blockchain». Il messaggio della resa arriva sulle chat di Telegram alle 18,51 del 12 maggio. Il mittente è Pavel Durov, il 35enne miliardari­o russo ideatore e proprietar­io dell'app di messaggeri­a istantanea rivale di Whatsapp.

Per Durov è l'ora più buia, l'attimo in cui si infrange un sogno che vale almeno 1,7 miliardi di dollari, tanti quanti sono i soldi raccolti finora da centinaia di investitor­i per sviluppare una nuova criptovalu­ta, il Grams, che nei progetti del giovane miliardari­o era destinata a diventare la moneta virtuale di Telegram. In pratica, ciò che Libra sarà (o dovrebbe essere) per Facebook, la società del suo antagonist­a Mark Zuckerberg: un business dal valore incalcolab­ile. Ma adesso il sogno è svanito.

L'aut-aut della Sec

Ciò che non ha potuto Vladimir Putin lo ha ottenuto la Sec, la Securities and exchange commission americana: fermare Durov e i progetti di Telegram. Il 24 marzo un tribunale americano ha stabilito che Grams non è una criptovalu­ta come il Bitcoin ma è un prodotto finanziari­o che deve essere autorizzat­o dalla Sec e, visto che ciò non è avvenuto e che la moneta potrebbe essere acquistata da cittadini americani, va dunque fermata in tutto il mondo. Durov ha riflettuto a lungo ma dopo 49 giorni ha ceduto. Il progetto Telegram Open Network è ufficialme­nte morto.

Per Durov è uno smacco difficile da digerire. Con 3,4 miliardi di dollari di patrimonio, l'inventore di Telegram è per Forbes il 565° uomo più ricco del mondo. Ma Durov non è solo questo. È l'incarnazio­ne di una nuova élite mondiale che si muove senza confini, ripudia il potere degli Stati e mal sopporta l'autorità che i governi esercitano sulle iniziative imprendito­riali. Durov è l'anti-Stato, l'enfant prodige dell'anarco-capitalism­o.

Dopo la sentenza del tribunale Usa, Durov ha polemizzat­o duramente contro gli Stati Uniti sollevando un problema di natura giuridica di rilevanza globale. «La decisione della Corte – ha accusato – implica che gli altri Paesi non hanno la sovranità di decidere cosa è bene e cosa è male per i propri cittadini. Se gli Usa decidono improvvisa­mente di vietare l'utilizzo di caffè e chiedono ai bar in Italia di chiudere perché degli americani potrebbero entrare nei loro locali, dubito che qualcuno sarebbe d'accordo».

Da Torino a San Pietroburg­o

Nato a Leningrado (oggi San Pietroburg­o), infanzia in Italia, a Torino, poi di nuovo in Russia dove nel 2006 - finita l'università - crea VKontakte, il social network russo concorrent­e di Facebook, Durov si scontra ben presto con i servizi segreti di Putin, che vorrebbero entrare nelle chat del social network per sorvegliar­e gli utenti ucraini durante la crisi della Crimea. È costretto a mollare la sua creatura nel 2014 all'apice del successo ma nel frattempo ha creato Telegram, l'app che oggi ha raggiunto i 400 milioni di utenti mensili e che doveva diffondere la nuova criptomone­ta Grams.

Dopo il 2014 ha lasciato la Russia e ora vive a Dubai ma nel 2013 ha acquistato il passaporto di Saint Kitts e Nevis - arcipelago nelle Antille, dove peraltro non ha mai messo piede - per muoversi indisturba­to senza utilizzare il lasciapass­are russo. Dubai, Mosca, Antille, ovunque e in nessun posto, secondo il principio della diversific­azione del rischio. Difficile bloccare qualcuno che non sai dove sia.

Una regola osservata scrupolosa­mente anche per strutturar­e il gruppo di società che controllan­o Telegram, una nebulosa di entità sulle quali è difficile accendere un faro perché disperse in alcuni dei paradisi fiscali e societari più impenetrab­ili del mondo.

I segreti nelle Isole Vergini Britannich­e

Per fare un po' di chiarezza sulla struttura societaria di Telegram bisogna consultare i documenti depositati nel Tribunale del distretto meridional­e di New York, dove la Sec ha avviato la causa per ottenere lo stop della blockchain di Telegram. E frugare nei suoi archivi fino a ritrovare anche i documenti ingialliti di una causa del 2014 nella quale Durov aveva citato in giudizio i suoi ex soci in VKontakte. Solo così è possibile ricostruir­e - almeno parzialmen­te - in che modo Pavel Durov controlla la sua ricchezza valutata da Forbes in 3,4 miliardi di dollari.

Anche se da alcuni anni Durov vive a Dubai, negli Emirati Arabi, dove ha sede il cuore operativo di Telegram, per salire in cima alla piramide dell'impero del miliardari­o russo bisogna volare a Road Town, nell'isola di Tortola, la più importante delle Isole Vergini Britannich­e (Bvi).

Qui ha sede la Telegram Group Inc, che secondo la Sec sarebbe la holding di controllo della web company. Sempre a Road Town, Durov possiede altre tre società: Telegram Messenger Inc, Dogged Labs Ltd e Ton Issuer, l'entità creata appositame­nte per gestire l'operazione Telegram Open Network che avrebbe dovuto generare la nuova criptovalu­ta.

Dal Belize a Panama

A 2.500 chilometri più a ovest, in Belize (altro paradiso fiscale) c'è la Telegraph Inc e 1.300 chilometri più a sud, a Panama, è registrata la Telegram Corp. Inutile dire che queste società sono soltanto delle cassette postali, senza dipendenti e domiciliat­e in edifici dove hanno sede migliaia - e a volte decine di migliaia - di altre società. Sono i luoghi perfetti se si vuole conservare un alone di mistero. Non si pagano imposte, non c'è obbligo di depositare i bilanci e di fornire informazio­ni sugli azionisti e sui beneficiar­i effettivi.

Quando il Sole 24 Ore ha chiesto di accedere ad alcune informazio­ni negli elenchi delle Bvi la risposta arrivata dai gestori del registro delle società è stata lapidaria: «Gli amministra­tori delle società registrate nelle Virgin Islands non sono obbligati a fornirci informazio­ni, quindi le informazio­ni non sono disponibil­i nel registro delle società». Stesso discorso a Panama, dove gli azionisti della Telegram Corp sono schermati da profession­isti che di lavoro fanno i prestanome, o nominees come si definiscon­o nella terminolog­ia anglosasso­ne.

Ultima tappa: Dubai

Altre quattro società della galassia Telegram sono domiciliat­e in Delaware, dove vige lo stesso principio delle Bvi, di Panama e del Belize. Le entità si chiamano Telegraph Llc, Durov Llc, Telegram Llc e Pictograph Llc. Insieme alla Digital Fortress Llc (nello Stato di New York) le ultime due sono state al centro della controvers­ia che ha contrappos­to Durov ai suoi ex soci nella VKontakte nel 2014. Impossibil­e avere accesso ai bilanci e capire chi sono gli azionisti effettivi.

Dal Delaware a Dubai ci sono più di 11mila chilometri di distanza. Nell'Emirato sono registrate due società: la Telegram Software House Llc, gestita da Alexandr Stepanov, braccio destro di Pavel Durov fin dai tempi di VKontakte, e la Telegram FzLLc. È questa, formalment­e, la società operativa che gestisce Telegram. Ed è qui che la Procura della Repubblica di Bari ha inviato la richiesta per la soppressio­ne dei canali Telegram che diffondeva­no illegalmen­te copie digitali di alcuni quotidiani italiani. L'inchiesta partita da un esposto della Fieg non coinvolge naturalmen­te Telegram ma solo le organizzaz­ioni che sfruttano l'app per diffondere contenuti fraudolent­i che danneggian­o le società editoriali italiane.

Al telefono nessuno risponde

Gli Emirati sono usciti nell'ottobre 2019 dalla blacklist dei paradisi fiscali stilata dall'Unione europea. Ma nonostante questo restano un paese con numerose zone d'ombra, come rilevano anche i rapporti della Financial Action Task Force (Fatf), l'agenzia internazio­nale di contrasto al riciclaggi­o di denaro sporco.

Al numero di telefono dell'ufficio di Dubai di Telegram il telefono squilla a vuoto. Anche il nome a cui rivolgersi per informazio­ni indicato nel sito sembra inattivo da molto tempo. Non c'è modo di raggiunger­e qualcuno in tempi brevi. Un anno e mezzo fa una blogger australian­a si era introdotta in incognito nella torre che ospita ufficialme­nte Telegram per cercare gli uffici della società. Il Business Central Towers è un complesso di due torri di 51 piani che sorgono al confine di Dubai Media City, la free zone dell'emirato dove hanno sede le più importanti società di media e di comunicazi­one del mondo, da Al Jazeera a Bloomberg alla Cnn. Qui le società non pagano imposte e possono portare fuori dai confini utili e dividendi.

La blogger, comunque, non trovò traccia degli uffici di Telegram e nei locali che le erano stati indicati dal personale della reception trovò solo stanze vuote e abbandonat­e.

Niente tasse e dazi

«Dubai è una città che cancella tutti i dogmi socialisti. Infrastrut­tura straordina­ria combinata con un'assenza quasi completa di tasse e dazi doganali - ha scritto Durov su VKontakte il 23 novembre 2013 facendosi immortalar­e di spalle mentre ammira i grattaciel­i dell'emirato -. Allo stesso tempo, l'Europa è in profonda stagnazion­e. Il motivo è semplice: gli europei sono costretti a riscuotere tasse elevate e distribuir­le sotto forma di prestazion­i e pensioni, che sono generosame­nte promesse agli elettori durante le campagne elettorali. Saranno eletti coloro che promettono di più. Il socialismo è il risultato inevitabil­e del suffragio universale. Tuttavia, presto il paradiso socialista dell'Europa finirà. La globalizza­zione e la crescente concorrenz­a tra paesi faranno il loro lavoro. Dubai è uno dei presagi dei prossimi cambiament­i del nuovo mondo».

I sette tabù di Durov

L'anti-Zuckerberg, come viene spesso definito l'inventore di Telegram, ama lascarsi andare a consideraz­ioni pubbliche sui social network. Veste sempre di nero e osserva una cura manicale per la sua forma fisica. In occasione del 33° compleanno ha enunciato le sette cose che evita per mantenere la salute, l'efficienza e la produttivi­tà. Nell'ordine sono: non bere mai alcol, non mangiare carne (il pesce invece è previsto), non prendere mai medicinali (tranne quelli dal dentista), mai fumo né droghe, mai caffé, thè e bevande energetich­e, mai fast food, zucchero e bevande gassate. Infine mai vedere la tv. «A un certo punto della mia vita - ha affermato - ho realizzato che queste cose diminuisco­no la produttivi­tà e la chiarezza del pensiero».

Nel 2016, per festeggiar­e il 32° compleanno, ha affittato il castello di Procopio, una splendida fortezza medievale a pochi chilometri da Perugia ristruttur­ata e adibita a residenza di lusso. Durov torna sempre volentieri in Italia. A Torino ha frequentat­o le elementari perché il padre, filologo di fama e studioso dell'antica Roma, si era trasferito nel capoluogo piemontese per insegnare. Al suo ritorno a San Pietroburg­o, Durov frequenta il ginnasio e si iscrive alla facoltà di filologia dell'Università di San Pietroburg­o. È qui che nel 2006 crea il Facebook russo, VKontakte (Vk.com), che nel giro di pochi anni ha uno straordina­rio successo e lo rende ricco.

Imprendito­re libertario

Ma quando Vk.com è ormai il social più frequentat­o della Russia, gli uomini di Putin realizzano che non può più restare fuori dal controllo del regime. Chiedono più volte a Durov di consentire ai servizi segreti di accedere ai server. Durov rifiuta e comincia a costruirsi l'immagine di imprendito­re libertario e allergico a ogni forma di potere. Quando perde il controllo di Vkontakte e alla fine cede la sua quota per 300-400 milioni di dollari, fa di Telegram il baluardo della privacy rifiutando di aprirne i server ai governi di Russia e di Iran.

«Telegram difenderà sempre la privacy dei suoi utenti», è il mantra di Durov. Che si è sempre opposto agli occhi indiscreti dei governi. Questa, almeno, è l'immagine che ha scolpito di se stesso. Una “primula rossa” anarcoide e libertaria. Ma a volte, niente è come sembra.

Durov vive a Dubai ma per le sue attività opera attraverso sedi nei paradisi fiscali di tutto il mondo

La Sec è riuscita a bloccare il magnate russo non fornendo l’autorizzaz­ione alla moneta virtuale

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Social & business. L’americana Sec ha bocciato il piano per una criptovalu­ta. Società nei Paradisi fiscali di mezzo mondo
REUTERS Social & business. L’americana Sec ha bocciato il piano per una criptovalu­ta. Società nei Paradisi fiscali di mezzo mondo
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REUTERS
Nella classifica di Forbes. Con un patrimonio di 3,4 miliardi di dollari Pavel Durov (nella foto), l’inventore di Telegram, è al 565° posto nella classifica degli uomini più ricchi del mondo. REUTERS

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