Banche italiane a caccia di BTp
Nei primi tre mesi acquisti netti di BTp per 20 miliardi: fermato il trend discendente Gli istituti muovono sui bond: tra i più attivi Banco Bpm, Ubi, Montepaschi, Credem e UniCredit
Credito.
Banche e BTp. Il legame da sempre discusso e spesso messo all’indice anche dai regolatori europei non sembra essere stato intaccato dalla crisi scatenata da Covid-19. Al contrario, i portafogli di titoli del Tesoro dei principali istituti di credito italiani sono tornati a ingrassare dopo la cura dimagrante che li aveva caratterizzati negli ultimi anni: i dati pubblicati dalla Banca d’Italia parlano di oltre 20 miliardi di euro in più nei primi tre mesi del 2020 rispetto alla fine dell’anno precedente e di un incremento da 383,8 a 397 miliardi nel solo mese di marzo, l’epicentro del terremoto causato dalla diffusione del virus.
E anche se alla fine il mondo del credito non si è mosso tutto allo stesso passo (e nella medesima direzione) si è senza dubbio trattato di un intervento provvidenziale per il nostro debito, perché ha affiancato i massicci riacquisti operati dalla Bce per andare a tamponare l’emorragia degli investitori esteri, le cui vendute sono state stimate fra i 40 e i 50 miliardi. Difficile dire se vi sia stata una sorta di «chiamata alle armi» a difesa dello spread italiano come avvenuto in passato, anche se non è da escludere un minimo di moral suasion nei confronti delle banche per indurle quantomeno a non mollare la presa proprio in un momento così delicato.
Di sicuro alcune condizioni favorevoli hanno spinto gli istituti a riprendere le vecchie abitudini, prima fra tutte l’aumento dei rendimenti dei titoli italiani, che dopotutto rappresentano una ghiotta opportunità. Nel 2019, secondo le stime di Equita Sim, le loro cedole avevano per esempio apportato utili per 2 miliardi ai principali nove gruppi bancari del nostro Paese: ben il 13% dei profitti complessivi realizzati. È pur sempre vero che tassi elevati e soprattutto in crescita possono al tempo stesso anche fare molto male alle banche e ai loro bilanci, ma per Prometeia i livelli raggiunti non sono nonostante tutto ancora tali da impattare in modo significativo sul patrimonio degli istituti di credito. Anche perché fra questi ultimi è invalsa di recente la tendenza a riclassificare una buona fetta dei titoli governativi iscritti a bilancio fra le poste da mantenere fino a scadenza e non per finalità di trading, spostandoli quindi verso portafogli a costo ammortizzato, la cui valutazione non ha un impatto diretto sui ratio patrimoniali.
L’aiuto della Bce
Su questo aspetto si è fatta peraltro sentire la mano della Bce, che non ha soltanto esteso e reso più convenienti le operazioni di rifinanziamento a lungo termine - introducendo fra l’altro per contrastare gli effetti della pandemia le nuove Peltro, che non sono vincolate come le precedenti Tltro alla concessione di prestiti e sono quindi utilizzabili anche per l’acquisto di titoli di Stato - ma proprio per far fronte all’emergenza ha fatto importanti concessioni in tema di vigilanza permettendo flessibilità nell’uso del capitale. Il momentaneo rilassamento dei requisiti patrimoniali richiesti «diventa per le banche un incentivo a impiegare il denaro su classi di investimento che garantiscono rendimenti maggiori», conferma Angelo Meda Responsabile azionario di Banor Sim. Liberi da vincoli e preoccupazioni in tal senso, gli istituti europei finiscono per concentrarsi sui propri problemi o sulle opportunità nel proprio Paese e in Italia è quindi logico guardare ai BTp: «Oltre un certo livello di spread - aggiunge Meda - le banche diventano acquirenti nette e investono soprattutto sulle scadenze attorno ai 2/3 anni, che offrono rendimenti sopra l’1% a fronte di un rischio tutto sommato contenuto».
I movimenti delle singole
Analizzando nel dettaglio le dinamiche fra i singoli gruppi italiani, UniCredit offre in tal senso un esempio piuttosto calzante. Il principale detentore di BTp fra gli istituti del nostro Paese è tornato ad aumentare la quota dopo averla ridotta per far spazio ad altri governativi europei nei mesi precedenti: si è scesi dai 58,7 miliardi di 12 mesi fa ai 43,8 miliardi di fine 2019 per poi risalire a 45,9 miliardi al 31 marzo. Quasi tutte le banche, secondo i dati raccolti da Equita, hanno rimpinguato i portafogli negli ultimi 3 mesi con Banco Bpm, Ubi, Credem e Mps fra le più attive oltre a UniCredit.
Quando però si torna più indietro nel tempo la situazione cambia. C’è infatti chi - come Mps, Creval, Popolare Sondrio e anche Banco Bpm - sta riducendo con continuità le quote, il cui ammontare resta tuttavia elevato se commisurato al patrimonio (superano tutte il 200% rispetto al Cet1, come segnala Equita). «Molte scelte dipendono dalla differente classificazione dei titoli, che impatta sulla valutazione a bilancio, ma sono anche determinate dall’andamento della raccolta della banca: chi guadagna quote, e quindi depositi, finisce per impiegare il denaro anche in BTp», sottolinea Meda, citando come esempio Bper e Credem. Altri infine,come Intesa Sanpaolo e Ubi, tendono sostanzialmente a confermare le posizioni. Strategie e necessità differenti muovono dunque le banche italiane, tutte però evidentemente pronte a compattarsi quando si tratta di difendere i BTp (e di raccogliere poi i frutti).
La spinta normativa: per far fronte all’emergenza virus la Bce ha fatto forti concessioni in tema di vigilanza