Recordati spinge la crescita nelle malattie rare
Focus su medicine di specialità ma il target è arrivare fino al 25% dei ricavi dai farmaci per le patologie rare Nodo recessione: il gruppo dice che la diversificazione geografica e di portafoglio limita l’impatto della crisi
Da un lato accelerare, seppure i farmaci di specialità e medicina generale restano il core business, nel mondo delle malattie rare. Dall’altro consolidare ed aumentare la diversificazione del portafoglio prodotti e l’articolazione della presenza geografica. Sono tra le priorità di Recordati a sostegno dell’attività. Il gruppo, che svolgendo attività essenziali non ha interrotto la produzione, proprio di recente ha pubblicato i dati del primo trimestre del 2020. I numeri indicano ricavi e redditività in aumento. Le vendite sono salite a 429,2 milioni. Il rialzo, rispetto allo stesso periodo del 2019, è del 12,1%. Un valore che, al netto dell’incremento di 20 milioni dovuto al balzo delle scorte per il Covid-19 (di cui si prevede il riassorbimento nel II trimestre), implica comunque l’aumento del 6,8%. L’Ebitda, dal canto suo, è di 172,9 milioni (+20,1%) mentre l’utile operativo è arrivato a 148,4 milioni (+17,8%). In aumento la stessa marginalità: il rapporto tra Mol e ricavi si è assestato al 40,3%.
L’attività aziendale
Fin qui il primo trimestre. Il risparmiatore però domanda: quali le strategie di sviluppo? Al fine di rispondere è utile, dapprima, ricordare sommariamente l’oggetto sociale dell’azienda. In tal senso, di là dalla divisione chimico-farmaceutica (produzione di principi attivi e intermedi per l’industria) che ha un peso limitato sui ricavi (3,1% a fine 2019), il gruppo ripartisce l’attività in due segmenti operativi. Il primo, quello storico e maggiormente preponderante (83,1% dei ricavi al 31/12/2019), è lo “Specialties & Primary care”. Cioè: i farmaci di specialità e di medicina generale. Il secondo invece, riconducibile a “Recordati Rare Diseases”, sono le cosiddette malattie rare (16,9% sempre a fine 2019)
Ebbene un focus, per l’appunto, è su questa seconda area. Recordati, di cui la “Lettera al risparmiatore” ha sentito i vertici, da tempo è concentrata nello sviluppo del settore. Si tratta di un comparto in crescita. Nel 2019 sono stati destinati globalmente circa 136 miliardi di dollari alla cura delle patologie rare e nel 2024 le stime indicano un valore intorno a 242 miliardi. Con riferimento a Recordati l’incidenza delle malattie orfane sul giro d’affari, negli ultimi 4 esercizi, si è aggirata tra il 15 e il 17%. Al 31 marzo scorso il peso è al 18%. L’incremento prosegue? La risposta è positiva. La multinazionale farmaceutica, da un lato, vuole crescere in tutte le aree d’attività; ma, dall’altro, indica che l’obiettivo è arrivare a generare dalle “orphan drugs” fino al 25% dei ricavi. Il target, a ben vedere, è da perseguirsi grazie a varie strategie. Dapprima c’è lo sforzo nello sviluppo interno di nuovi farmaci. Il gruppo, poi, punta a stipulare accordi con realtà che, ad esempio, hanno realizzato la fase preclinica della medicina ma non riescono a svilupparla o commercializzarla. Non solo. Recordati, da un lato, acquista le licenze per la vendita dei prodotti; e, dall’altro, realizza l’M&A dei medesimi. In quest’ultima tipologia rientra lo shopping di Signifor/Signifor Lar e Isturisa.
Gli investimenti
In generale, comunque, Recordati sul fronte delle malattie rare sfrutta molto gli investimenti in ricerca e sviluppo. In media l’R&D annuo complessivo è l’8-9% dei ricavi. Una parte rilevante di queste spese è proprio verso le “orphan drugs”. Al che il risparmiatore fa una considerazione: il gruppo realizza importanti esborsi su farmaci che, per la loro stessa natura, non sono contraddistinti da grandi volumi. Una situazione la quale può implicare un maggiore rischio per il business. Recordati non condivide la valutazione. La società ricorda che ogni malattia rara riguarda un numero limitato di persone. Questa caratteristica, da un lato, permette di contenere i costi per lo sviluppo del singolo farmaco; e dall’altro, aggiunge sempre l’azienda, consente di avviare lo sviluppo di altri medicinali. Di conseguenza il portafoglio dei farmaci, compresi quelli in via di sviluppo, è diversificato. Il che, conclude Recordati, riduce il rischio. Quell’alea che, peraltro, è attenuata anche dalla diversificazione geografica. Rispetto alle malattie rare, va ricordato, i Paesi spesso centralizzano i centri per le cure. Questo, unito al limitato numero di pazienti, rende sufficiente la presenza di filiali “leggere” nei diversi mercati. Così Recordati, ad oggi,opera direttamente in diverse regioni: dall’Europa al Medio Oriente fino agli Usa il Canada e Messico. Senza dimenticare alcuni mercati del Sud America (ad esempio Brasile), il Giappone e l’Australia. C’è la volontà di allargare la presenza diretta in ulteriori Paesi? La risposta, seppure allo stato attuale nulla è stato deciso, è positiva. Si guarda dapprima alla Cina. Poi ad altri Stati come la Corea del Sud oppure l’Argentina. Insomma: Recordati punta a nuovi mercati per espandere la presenza geografica nelle malattie rare.
Medicine di specialità
Dalle “orphan drugs” ai farmaci di specialità e di medicina generale. Questi ultimi, nel primo trimestre del 2020, hanno generato ricavi per 351,78 milioni a fronte dei 326,84 dello stesso periodo del 2019. I costi, dal canto loro,sono saliti: da 228 milioni a 237,3 milioni. L’incremento, però, è stato caratterizzato da una velocità inferiore rispetto a quella del fatturato. Tanto che il rapporto tra utile operativo e ricavi si è assestato al 32,5% rispetto al 30,2% di un anno prima. Vale a dire: la marginalità è cresciuta. Quella marginalità, va ricordato, che è inferiore alla profittabilità del business delle malattie rare. Quest’ultime, sempre al 31 marzo scorso, avevano un Ebidta margin del 51,3% rispetto al 43,9% dei farmaci di specialità e di medicina generale. Detto della dinamica dei vari numeri, va sottolineato che nello “Specialty & Primare Care” gli investimenti sono anche, e soprattutto, in funzione del “life cycle management” del farmaco. Cioè: le attività (ad esempio il miglioramento o ampliamento dell’applicazione della medicina) che consistono nella gestione del ciclo di vita dei prodotti. Prodotti che, in diversi casi, sono stati sviluppati e realizzati da Recordati. È il caso, ad esempio, dello “storico” Zanidip (lercanidipina) che, nel primo trimestre del 2020, ha realizzato vendite per 40,67 milioni (+8,7%). A fianco di simili medicine ce ne sono poi altre, come Urorec o Livazo, di cui il gruppo ha acquisito la licenza di vendita. Oppure Seloken e Logimak rispetto ai quali, invece, la società ha comprato il prodotto (nel caso specifico limitatamente all’Europa). La strategia, insomma, è “affiancare” ai farmaci propri altre medicine o con l’M&A o acquisendone la licenza. Un’impostazione che consente tra le altre cose, e similmente a quanto visto nelle “orphan drugs”, la diversificazione del business.
Sennonché il risparmiatore sottolinea un rischio: la concorrenza dei generici. Proprio Urorec, a causa di quest’ultimi, ha visto rallentare nell’ultimo trimestre i sui ricavi. Recordati, rispetto al tema in oggetto, professa tranquillità. Dapprima perchè, viene ricordato, il gruppo è abituato, come ogni azienda farmaceutica, a gestire il “patent cliff” . Prova ne sia ad esempio l’andamento nel tempo delle vendite di Zanidip che, dopo avere perso l’esclusiva, ha avuto prima una flessione nei ricavi mai poi è tornato a crescere. Inoltre perchè la diversificazione e bilanciamento del suo portafoglio prodotti consente al business di non dipendere dalle dinamiche dei singoli medicinali. Infine perchè, dice sempre Recordati, l’articolazione geografica permette di avere tempistiche diverse sulle scadenze dei brevetti. Il che, di nuovo, mitiga il rischio della concorrenza dei generici.
Nel settore delle malattie rare il gruppo, seppure nulla è deciso,tra i nuovi mercati guarda alla Cina
Il virus e la crisi
Infine il Covid-19. Su questo fronte il gruppo, svolgendo un business strategico, non ha interrotto l’attività. Rispetto alla filiera produttiva, oltre che per la sicurezza dei dipendenti, sono state prese iniziative (ad esempio nella logistica) in forza delle quali la supply chain è garantita. Di là dal tema dell’operatività, il risparmiatore però esprime una preoccupazione: i Governi, per fronteggiare la recessione, hanno avviato programmi in deficit spending. Un contesto in cui potranno ridursi i margini di manovra per la spesa sanitaria. Il che crea il rischio di un impatto sul business delle aziende farmaceutiche, compresa Recordati. Il gruppo, attivo in un settore anticiclico, si dice pronto a gestire la situazione. In primis ribadisce che la sempre maggiore diversificazione del portafoglio riduce il rischio. Basta in tal senso pensare agli Otc (farmaci da automedicazione) che, per loro natura, sono pagati integralmente dall’utente. Inoltre l’articolazione internazionale, anche e soprattutto a fronte dell’espansione nei paesi emergenti dove il rimborso sanitario non è così diffuso, limita il problema. Infine, viene spiegato, è difficile ipotizzare, per la natura stessa delle “orphan drugs”, un intervento nelle settore malattie rare. A fronte di un simile contesto Recordati conferma sul 2020 le stime in linea con la parte bassa della forchetta dell’Ebitda (580-590 milioni) e dell’utile rettificato (408-418 milioni).