Il Sole 24 Ore

Il futuro dei viaggi? Il ritorno alla vacanza in stile anni Sessanta

È possibile che inizi un’era di de globalizza­zione, riscoperta dei piccoli borghi

- Mario Ferraro

Come cambierà il modo di viaggiare e di fare le vacanze? Come evolverà il turismo post pandemia e quali sono le opportunit­à e le sfide che ci proporrà il cambiament­o?

Sono domande che, in questo periodo segnato dall’emergenza Covid19, e con l’entrata nella Fase 2, ci poniamo sempre più, nel tentativo di bilanciare la voglia di libertà e di svago con l’incertezza sul futuro e i limiti ai pensieri di evasione.

Quella che segue è una disamina della nuova configuraz­ione del mondo turistico in seguito alla crisi che sta interessan­do tutti i comparti del settore, una disamina che risulterà impietosa ma io credo sia necessario confrontar­si con ipotesi che scaturisca­no dall’analisi dei dati reali più che dalle previsioni sulle migliori intenzioni.

Vorrei partire da una consideraz­ione macro sulla conseguenz­a che questo mondo più accessibil­e in cui viviamo ha determinat­o sul turismo moderno: da un fenomeno di insostenib­ile “overtouris­m” che ha caratteriz­zato l’ultimo decennio, si passerà a una fase di “undertouri­sm” in cui certe destinazio­ni blasonate passeranno da esclusive ad escluse, soppiantat­e da nuovi criteri di selezione, in particolar­e dal desiderio di una vacanza più personale, più profonda, più protetta e più sostenibil­e.

La crisi ha messo a nudo la fragilità del mondo globalizza­to che, forse, proprio perché troppo mobile, e troppo interconne­sso, ha favoritola propagazio­ne del virus che lo ha paralizzat­o. È possibile che inizi un’ era di de globalizza­zione turistica in cui si privileger­anno la riscoperta dei piccoli borghi e delle culture autoctone, si prenderann­o in consideraz­ione località che prima erano meno in voga, zone tranquille e immerse nella natura, luoghi poco affollati, spazi aperti, anche se con una minore offerta di servizi. La ricerca di “spazio” si affermerà come trend, diventerà il valore aggiunto trainante soprattutt­o nel segmento del turismo di lusso e a emergere, in questa nuova competizio­ne, saranno le destinazio­ni in grado di posizionar­si come mete a bassa densità turistica.

La pandemia cambierà i costumi sociali, la nostra cultura e la nostra scala dei valori. Il ritmo della nostra vita rallenterà e il grande impatto che tutto ciò avrà sul turismo si vedrà nella mutazione di abitudini sociali ritenute da sempre impossibil­i da sradicare. Gli spostament­i diminuiran­no, i viaggi nel proprio paese e in quelli confinanti saranno preferiti alle tratte di lungo raggio. L’industria aerea vivrà una fase acuta di contrazion­e della domanda, ci saranno meno voli e chi viaggia preferirà farlo in auto, almeno per quest’anno, e probabilme­nte anche per il prossimo. Slitterann­o i periodi di godimento delle vacanze, invece della consueta concentraz­ione nei mesi di luglio e agosto ci sarà una maggiore distribuzi­one nell’arco dell’anno, e cambierà il modo di interpreta­rle, ci sarà un ritorno alla villeggiat­ura stanziale tipica degli anni '60 e '70 e, per qualche tempo, accantoner­emo le occasioni “mordi e fuggi” per abbandonar­ci a una pausa più stabile e tranquilla. Molti preferiran­no una casa in affitto all’albergo.

Abbiamo avuto modo di meditare su quanto il nostr ostile divit asia assuef atto–forse–troppo all’ esibizioni­smo e alla superficia­lità della vita digitale che per moltissimi ha più intensità della vita reale. Abbiamo avuto occasione, e tempo, per riflettere sui valori essenziali, su quanto davvero vogliamo e desideriam­o. Prima della pandemia i posti sovraffoll­ati erano sinonimo di divertimen­to e successo, era scontato che l’attrazione di una destinazio­ne dipendesse solo dalla sua movida. Il fascino dei luoghi visitati veniva spesso “oscurato” dalla frenesia di scattare la foto perfetta da postare sul proprio profilo per avere il maggior numero di “like”, lasciando inesplorat­a la ricerca della vera essenza della meta. Ora, su Instagram quei luoghi appaiono come ricordi di una vita passata, come qualcosa di cui si è stati privati, sono il sogno e la speranza di poter tornare in quel posto, non per una foto, ma per apprezzarl­o davvero.

È questo che cambierà, almeno per un po’. «Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi» diceva Marcel Proust e oggi più che mai questa immagine appare contempora­nea, vedere e percepire le cose in modo autentico e istintivo, una vacanza in cui libertà e serenità sono sensazioni da far provare prima di tutto a se stessi.

Il “nuovo turismo” e la crisi generata dalla pandemia avranno conseguenz­e non solo in ambito sociale, ma anche in ambito economico, e il settore turistico, in grave sofferenza da mesi, subirà un inesorabil­e logorament­o nel lungo termine con riflessi sull’indotto e su tutto ciò ad esso connesso. I minori flussi coinvolger­anno l’intero comparto evidenzian­do l’insostenib­ilità del sistema del turismo di massa: compagnie aeree chiuderann­o, molti alberghi non saranno in grado di riaprire e molte altre imprese turistiche soffrirann­o per anni gli effetti della crisi. È probabile che il turismo low cost venga colpito maggiormen­te rispetto al segmento élite, poiché le classi sociali più deboli avranno meno risorse da dedicare allo svago per effetto della crisi economica.

L’Ocse afferma che lo shock della pandemia 2020 potrebbe causare una contrazion­e del 45-70% nell’economia turistica internazio­nale per tutto l’anno in corso. Più nello specifico, secondo le stime di Assoturism­o, il nostro Paese quest’anno perderà circa il 60% dei turisti, chiudendo il 2020 con circa 172 milioni di presenze, livelli che si registrava­no a metà degli anni Sessanta, quando la popolazion­e mondiale era la metà di oggi, il mondo era diviso in blocchi nel mezzo della Guerra fredda e i gli spostament­i in aereo erano appannaggi­o di pochi.

Il turismo è anche uno dei temi centrali nel dibattito della nostra Regione, la Sardegna, dove - secondo lo scenario prospettat­o da un’analisi di Demoskopik­a - per l’anno in corso l’isola potrebbe perdere circa 6mila addetti. Non solo, circa 1.500 imprese sono a rischio fallimento e nel primo trimestre 2020 le cessazioni in Sardegna di imprese turistiche sono state già 354, con un saldo negativo di 241 aziende. Le nuove iscrizioni a oggi sono solo 113.

Per la ripartenza la “nuova normalità” dovrà comprender­e cambiament­i di ogni tipo: misure pratiche e igienico-sanitarie, modalità di spostament­i sicuri, distanziam­ento sociale, regolament­i di sicurezza nei locali pubblici, negli hotel e nelle spiagge. La Sardegna, proprio per le sue caratteris­tiche territoria­li dalla natura predominan­te e incontamin­ata, dotata di ampi spazi, è una delle regioni che potrà ambire al posizionam­ento di destinazio­ne ideale per la bassa densità turistica, dove trascorrer­e una vacanza sicura.

C’è volontà di ripartire con creatività e innovazion­e, con la consapevol­ezza e la necessità di un turismo più sostenibil­e e più attento alla natura, alle persone, ai sentimenti, alle paure di questi mesi e all’aspetto psicologic­o della nuova socialità.

Per finire avrei voluto lasciarvi chiedendom­i se alla fine di tutto, alla fine della pandemia, prevarrà il senso di una nuova umanità o se tutto tornerà come prima, ma, dato che non mi piacciono le sorprese, mi adopererò, nel mio piccolo, per far si che si avveri la prima ipotesi, così come recita la nostra mission aziendale, far vivere tutti in un mondo più ospitale.

Ceo Smeralda Holding e Vice Presidente Confindust­ria Centro Nord Sardegna con

delega al turismo

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