Stirpe: «Serve una norma Se rispetti la sicurezza, niente responsabililtà»
«Eliminare ciò che crea ansietà alle imprese in modo che ripartano»
« In questo momento così difficile bisognerebbe eliminare tutto ciò che può creare ansietà agli imprenditori, far sì che possano essere concentrati su come ripartire, fare provvedimenti che li spingano a tenere duro e guardare avanti » . Maurizio Stirpe manda questo messaggio al governo, con un pensiero preciso in mente: il problema legato alla responsabilità civile e penale dell’imprenditore nel caso di un dipendente contagiato con il Covid19. « La presa di posizione dell’Inail, sia con la nota diffusa venerdì che con le parole dei suoi vertici, vanno nella direzione giusta » , dice il vice presidente di Confindustria per le Relazioni industriali, ruolo che ricopre dal 2016, con la presidenza Boccia, e che gli è stato confermato anche con il presidente designato, Carlo Bonomi.
Per Stirpe sarebbe opportuno fare di più: « servirebbe un provvedimento legislativo, per dare ancora maggiori certezze agli imprenditori su doveri e responsabilità. Già in molti si chiedono se abbiano la convenienza a ripartire, meglio fugare ogni dubbio interpretativo con una norma in base alla quale se un datore di lavoro rispetta i provvedimenti di tutela della salute e della sicurezza non c’è responsabilità civile e penale » .
Il contagio da coronavirus prima con una circolare dell’Inail poi con il decreto Cura Italia è diventato infortunio sul lavoro, e non malattia. Condivide questa definizione?
Capisco che nella fase emergenziale e per le attività più strettamente connesse alla possibilità di contagio ci sia potuto anche stare considerare il Covid 19 come infortunio sul lavoro. C’erano rischi specifici più facilmente individuabili. Ora, invece, si va verso una generale riapertura e diventa molto difficile determinare dove e quando le persone possano essersi contagiate.
Dal governo, con i ministri Catalfo e Patuanelli, sono arrivate rassicurazioni che se gli imprenditori rispettano i protocolli di sicurezza non hanno la responsabilità dei contagi. Anche l’Inail, come ha scritto Lucibello sul Sole 24 ore di ieri, sostiene che non c’è responsabilità se l’impresa rispetta i protocolli, e comunque dice sì ad una norma che garantisca le imprese sul pieno assolvimento degli obblighi. Bisogna andare in questa direzione?
Sono affermazioni che recepiscono le nostre richieste. Tra le imprese c’è il timore che si possa andare incontro ad un contenzioso legale. Gli imprenditori hanno paura. Meglio sarebbe un provvedimento legislativo, molto chiaro, esplicitando che l’applicazione delle misure di sicurezza indicate nei protocolli costituiscono il pieno assolvimento degli obblighi. Se non ho capito male, questo approccio è condiviso dal sindacato: anche il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, ha affermato recentemente che se le aziende rispettano i protocolli non devono essere considerate responsabili.
Mantenendo comunque il risarcimento Inail per infortunio a tutela dei dipendenti…
L’Inail dovrà accertare se ci sono le condizioni per garantire l’assicurazione adeguata al contagiato, gli ispettori del lavoro, e gli altri preposti, dovranno controllare che l’azienda abbia rispettato i protocolli di sicurezza.
Bisogna bilanciare le esigenze della salute pubblica e la ripartenza dell’economia. Le imprese dovrebbero implementare i protocolli, magari facendo test sierologici o altro?
Gli imprenditori penso si debbano attenere a ciò che lo Stato e la comunità scientifica dicono di fare. Applicando i protocolli di sicurezza. La salute dei nostri collaboratori è come se fosse la nostra salute. Ma deve essere chiaro che per il datore di lavoro il punto di riferimento sono le indicazioni tecniche che arrivano dai protocolli.
Altro elemento di preoccupazione, tra i punti del decreto Rilancio, c'è il prolungamento della Cassa integrazione, che però resta più breve rispetto ai 5 mesi in cui è vietato licenziare. Gli imprenditori sono contrari, norma da cambiare?
Il divieto di licenziamento scade il 31 agosto. Per le imprese che possono utilizzare la Cassa integrazione in deroga restano 2 mesi scoperti, in cui non si può licenziare e non c’è la disponibilità di ammortizzatori sociali. È uno squilibrio che pesa e che va risolto. Anche questo aspetto crea ansietà tra gli imprenditori, che invece, ripeto, dovrebbero concentrarsi sulla ripresa.
I presidi temono di dover rispondere dei contagi che si possono verificare nelle loro scuole