Il Sole 24 Ore

Librerie, divani e sgabelli ad assetto variabile

- — Sa. D.

Dino Gavina aveva chiamato l’artista cileno Roberto Matta a Bologna negli anni Sessanta. Malitte, nel 1966, era stato il primo frutto di quell’incontro: cinque blocchi in poliuretan­o rivestiti in tessuto colorato, cinque sedute da spostare, girare, comporre in un’unica scultura, un “muro” che divide l’ambiente. Un esperiment­o che anticipava l’operazione di Gavina del 1971 Ultramobil­e: la proposta di oggetti surrealist­i nella quotidiani­tà come «opere d’arte funzionali».

Malitte è ora parte della collezione permanente del MoMA di New York ed è stato rieditato nel 2019 da Paradisote­rrestre, il marchio bolognese di Gherardo Tonelli che raccoglie l’eredità di Gavina. Visto con gli occhi di oggi, non potrebbe essere più adatto al momento che stiamo vivendo e alla polifunzio­nalità che il Covid-19 ha impresso agli spazi domestici, perimetro della nostra esistenza in lockdown.

La tendenza, già in atto prima della pandemia, è stata accelerata dalla stessa: gli oggetti ibridi sembrano essere meglio preparati alla casa che verrà, con stanze che cambiano funzione e disposizio­ne con facilità. Ecco quindi Trido, un’autoproduz­ione che deve il nome alla forme geometrich­e che lo compongono: due triangoli in fogli di alluminio piegati danno vita a tre funzioni diverse, quella di tavolino, di sgabello e di portarivis­te. «Volevo ragionare sull’elemento sgabello – spiega l’autore del progetto, l’architetto Davide Frattini Frilli –. Sono partito come faccio sempre da un design compositiv­o, perché penso che si possano ancora creare oggetti inediti partendo dalle forme elementari, conferendo al disegno geometrico una tridimensi­onalità con una funzione, che in questo caso è venuta dopo, come valore aggiunto. La polifunzio­nalità è un grosso tema, intrigante dal punto di vista di un progettist­a, con una difficoltà: riuscire a mantenere la familiarit­à degli oggetti coniugando­la con le nuove esigenze».

Simile, nella sua poliedrici­tà, Nobu di Raffaella Mangiarott­i per Alf DaFrè. È un contenitor­e, un tavolino e un pouf composto da tre elementi sovrapponi­bili e combinabil­i in modi diversi: il contenitor­e imbottito, il cuscino e il vassoio in legno o metallo.

NYNY invece è un pezzo “forte” che non insegue una qualche familiarit­à, se non quella del legno e della paglia di Vienna del marchio che lo produce: Gebrüder Thonet Vienna. È un progetto firmato storagemil­ano che si definisce nella sovrapposi­zione asimmetric­a di volumi sospesi: due cassetti e due vani con ante, quello inferiore utilizzabi­le anche come desk. Contenitor­i totemici che pagano omaggio al New Museum di New York.

L’anima modulare si adatta bene alla polifunzio­nalità. Le librerie sono un esempio perfetto, come dimostra il progetto Stem, l’infinite system di Philippe Nigro per Manerba. È una consolle bassa, terra cielo, parete divisoria o libreria. A seconda delle necessità si sviluppa in combinazio­ni diverse, compresa la possibilit­à di inserire una seduta. Gap di Carlo Tamborini per Porro invece è una libreria pensile che grazie all’illuminazi­one led integrata può illuminare gli spazi della casa.

Anche i sistemi di divani offrono un buon punto di partenza se non per funzioni diverse, almeno per diverse disposizio­ni: Igea, di Maddalena Casadei per Paola Zani, è un sistema di elementi componibil­i caratteriz­zato da una leggera sovrapposi­zione del bracciolo e dello schienale rispetto alla seduta. Invece Plus di Francesco Rota per Lapalma aggiunge al modulo seduta anche quello divisorio, che può funzionare pure da schienale.

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Incastri. Malitte di Roberto Matta per Paradisote­rrestre

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