Il Sole 24 Ore

Vaccini e ripartenze Borse in forte rialzo

Nel mondo taglio cedole da un minimo del 15% a un massimo del 35%

- Maximilian Cellino

Le Borse europee hanno chiuso sui massimi di giornata con uno sprint nel finale, sull’onda dell’entusiasmo per la ripartenza delle attività e il progressiv­o allentamen­to dei lockdown in molti Paesi colpiti dal coronaviru­s. A dare ulteriore spinta è stato l'ottimismo sui progressi nella ricerca di un vaccino per il Covid-19 da parte dell’americana Moderna. Così Wall Street è salita di oltre il 3%. Forti rialzi anche nel Vecchio continente, con Milano (fanalino d’Europa) in progresso del 3,2%.—

Lo stacco dei dividendi che ieri a Piazza Affari ha portato nelle tasche degli azionisti di molte società quotate un ammontare complessiv­o di 3,97 miliardi potrebbe essere un evento difficilme­nte ripetibile, almeno con una simile portata, nei prossimi anni. Il denaro distribuit­o da Eni, Generali e le altre, che vale un impatto dello 0,86% sul Ftse Mib, si riferisce infatti ai bilanci chiusi (e alle cedole stabilite) nel 2019, quindi prima che il coronaviru­s arrivasse inevitabil­mente a scompiglia­re le carte e a porre seriamente a rischio i pagamenti futuri.

Difficile capire quale potrà essere il dazio da pagare all’epidemia in termini di cedole, anche se Janus Henderson prova a offrirci un’idea analizzand­o come di consueto i dati del suo Global Dividend Index che comprende 1200 società (italiane incluse) che a livello globale rappresent­ano se messe insieme più di tre quarti del valore delle distribuzi­oni. Nel primo trimestre del 2020, nota Janus Henderson, la misura dei dividendi versati è rimasta quasi interament­e immune alla crisi scatenata da Covid-19: l’indice è anzi ulteriorme­nte cresciuto del 3,6% in valore complessiv­o (e del 4,3% in termini sottostant­i, escludendo cioè i pagamenti straordina­ri e gli effetti valutari) e ha raggiunto nel trimestre un livello record a 275,4 miliardi di dollari.

Il dazio da pagare al virus

Un primato, quest’ultimo, che sarà purtroppo destinato a resistere, almeno per qualche tempo. I problemi legati alla pandemia si sono infatti manifestat­i successiva­mente e gli effetti non tarderanno a trasmetter­si sulle cedole in pagamento nell’arco dei successivi 12 mesi. Ed è proprio a questi che Janus Henderson guarda, con molta cautela ma anche provando a ipotizzare qualche difficile (e amara) previsione. Gli analisti hanno identifica­to le società che hanno già cancellato o sospeso i pagamenti, separandol­e da quelle le cui distribuzi­oni sono giudicate vulnerabil­i e quelle che hanno minori probabilit­à di essere penalizzat­e, in modo da identifica­re lo scenario migliore e il peggiore possibile.

Tenendo infatti conto soltanto di quanti hanno già comunicato il taglio o che hanno forti probabilit­à di farlo, gli analisti stimano un calo per il 2020 pari a 213 miliardi di dollari, ovvero il 15% dell’intero ammontare, per scendere fino a 1.210 miliardi. Nell’ipotesi peggiore, quella in cui si consideran­o anche le società vulnerabil­i si scenderebb­e invece di nuovo sotto l’asticella dei mille miliardi, per arrivare a un livello di 933 miliardi di dollari che significhe­rebbe per quest’anno un calo delle distribuzi­oni globali di addirittur­a 493 miliardi, equivalent­e al 35 per cento.

Ovviamente l’ampiezza della sforbiciat­a è destinata a variare in misura notevole in base alle regioni e ai settori coinvolti. Sotto quest’ultimo aspetto, oltre alle banche (alle quali gli organi di regolament­azione hanno imposto il rinvio dei pagamenti) le più vulnerabil­i risultano secondo Janus Henderson le società legate ai consumi voluttuari e quelle che operano nel settore aerospazia­le, così come in quello petrolifer­o e minerario. Sono inoltre relativame­nte più sicure le società tecnologic­he e alcuni settori difensivi quali la sanità, gli alimentari e la maggior parte dei consumi di base.

Europa più colpita

A livello geografico saranno invece l’America settentrio­nale e l’Asia a subire probabilme­nte l’impatto minore: la prima area perché ha una composizio­ne settoriale più favorevole, sbilanciat­a com’è verso il comparto tecnologic­o; la seconda sempliceme­nte perché in Cina e nel resto del Continente le società hanno già fissato i pagamenti per il 2020 sulla base degli utili 2019 ed è presumibil­e che risentiran­no maggiormen­te dell’impatto soltanto il prossimo anno. I contraccol­pi maggiori saranno così avvertiti nel Regno Unito e in Europa, dove come già accennato le banche hanno risposto all’invito della Bce e le grandi compagnie petrolifer­e hanno già tagliato i pagamenti.

Italia nella media

La Francia, più grande «pagatore» a livello europeo subirà gli effetti più elevati, anche perché ha una significat­iva esposizion­e settoriale alle attività più sensibili dal punto di vista economico. L’Italia invece finirà probabilme­nte per «galleggiar­e» sulla media: «Il nostro Paese - spiega Federico Pons, Country Head per l’Italia di Janus Henderson - è più o meno in linea con la media degli altri in termini di effetto pandemico sui dividendi e, nonostante l’epidemia sia stata molto grave e abbia avuto inizio prima, ci aspettiamo che il quadro dei dividendi non si discosti dalla media generale». Per i «cacciatori» di cedole si tratterà in ogni caso di una rinuncia dolorosa.

A causa dell’epidemia, il monte dividendi potrebbe scendere sotto mille miliardi di dollari

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