Per i Covid hospital 10mila medici
Per i 5.912 letti in terapia intensiva in più per l’emergenza mancano anche 20mila infermieri e 3mila operatori, ma i fondi stanziati nel decreto sono insufficienti
Quasi 10mila medici, 20mila infermieri e 3mila operatori socio sanitari. Questa la dote massima di camici bianchi e operatori necessari per far funzionare i 5912 posti letto in più in terapia intensiva necessari ad arginare il rischio di una seconda ondata di contagi. Peccato che il decreto Rilancio in arrivo in Gazzetta Ufficiale stanzi per la loro realizzazione 1,211 miliardi (altri 256 milioni per ambulazione e pronti soccorso). Nella migliore delle ipotesi (cioè che non si attivino tutte le terapie intensive necessarie) manca all'appello un miliardo, nella peggiore delle ipotesi -. che nessuno si augura - almeno 1,5 miliardi.
A fare i conti è il sindacato dei dirigenti medici Cimo-Fesmed che ha messo in fila i numeri del decreto: i letti in terapia intensiva da attivare variano da un minimo di 3.800 fino a 5.912 nel caso fosse necessario trasformare la metà dei letti di subintensiva (2113 dei 4225 totali). Se si considera lo standard, allora per ogni 8 letti in terapia intensiva servono 12 medici e 24 infermieri più circa 3 ausiliari. Nelle terapie subintensive il parametro si abbassa ed è di 3 medici ogni 8 letti e 12 infermieri. Da qui le stime “al rialzo” della Cimo-Fesmed, secondo le quali di medici ne servono da 7.284 a 9.660, di infermieri da minimo 17.738 a 20.906 e di Oss da 2.481 a 2.745. Inoltre il costo di un medico - secondo il conto annuale dello Stato - è di oltre 98mila euro, di un infermiere di oltre 45mila e di un ausiliario oltre 36mila. In media attivare un posto letto di terapia intensiva costa sui 100mila euro, mentre 70mila quello in subintensiva (senza considerare i farmaci, le Tac, gli esami di laboratorio). Il conto finale varia dunque tra i 2,289 e 2,740 miliardi, quindi 1-1,5 miliardi più di quanto stanziato dal decreto Rilancio.
Certo va tenuto conto che finora il Governo ha fatto 24mila assunzioni straordinarie, ma nella metà dei casi si tratta di contratti a tempo di 6 mesi (rinnovabili). E spesso non si tratta degli specialisti che servono. La Cimo segnala infatti come ci sia un problema legato non solo ai costi sottostimati : «Dove li trovo 7-8mila e fino a 10mila anestesisti e infettivologi, anche considerando l'aumento di specializzandi del 20182019 e che saranno disponibili solo dopo 4 anni dall'inizio della formazione?», si chiede Guido Quici presidente del sindacato dei dirigenti medici. E sottolinea come «i futuri anestesisti saranno 995; gli infettivologi saranno 109 e i medici d'urgenza 510. Pochissimi, rispetto ai fabbisogni anche considerando che già prima di questo aumento delle borse gli specialisti erano la metà». «Con quali persone faccio questa assistenza di alta specialità?», si chiede ancora Quici. Che piuttosto indica altre priorità: «Se mi concentro sul Covid e di conseguenza riduco le prestazioni extra, rischio di fare diagnosi tardiva di malattie importanti come i tumori alla mammella o al colon o curo male e persone con infarto. I soldi stanziati devono servire per una vera riforma del Ssn che mi metta in condizione di rivedere anche i Lea, aumentando la quota della prevenzione». E poi con il passare dei mesi il Covid-19 sarà sempre più conosciuto e trattato con efficacia. «Un potenziamento così massiccio di posti letto non serve, va piuttosto riservata una quota da utilizzare nell'immediato laddove ce ne dovesse essere la necessità. Oggi - conclude Quici - il paziente non trova accoglienza sul territorio e i malati di altre patologie che arrivano in acuzie non trovano posto a casa dell'emergenza Covid. Quindi c'è un doppio collo di bottiglia, in ingresso e in uscita dall'ospedale. Per i nuovi fondi serve una pianificazione che non deve risentire dell'ansia da Covid: vanno incanalati nei percorsi giusti».
GUIDO QUICI Presidente Cimo Fesmed