Il Sole 24 Ore

DALLA SANITÀ AI TRASPORTI MEGLIO TORNARE ALLE PROVINCE

- Di Innocenzo Cipolletta icipoll@ tin. it

Nei prossimi giorni si potrà andare da una regione all’altra se le condizioni sanitarie lo permettera­nno. Le regioni hanno voluto regole comuni da parte del Governo, per quest’ultima fase della quarantena per la Covid- 19, ma poi loro potranno introdurre differenzi­azioni a seconda delle situazioni sanitarie locali. Sembra ragionevol­e: non spetta al Governo centrale distinguer­e luogo a luogo. Resta però da capire una cosa: ma le regioni sono una entità territoria­le idonea per definire queste riaperture e, più in generale, per le competenze che sono state attribuite loro? La risposta non è positiva.

Prendiamo il caso dei passaggi da regione a regione. Molte regioni hanno parti del territorio che non gravitano attorno al proprio capoluogo, bensì sono attratte da altri capoluoghi o altre città in altre regioni. Di esempi ce ne sono tanti. Novara e Biella ( Piemonte) gravitano più su Milano ( Lombardia) che su Torino. Verona ( Veneto) ha maggiori legami con Milano che con Venezia, mentre Mantova ha maggiori attrazioni da e per il Veneto. La Liguria è terra di seconde case per lombardi e piemontesi ( oltre che di tanti altri). Lo stesso avviene per le coste romagnole. Terni e Grosseto sono più attratti dal Lazio che da Umbria e Toscana. Potenza guarda Napoli mentre Matera guarda Bari e si potrebbe continuare. In queste condizioni, ha un senso credere che le regioni siano i soggetti più adatti per decidere gli spostament­i?

Ma anche per le due altre competenze (sanità e trasporti) che sono state date loro, le regioni appaiono quantomeno inadeguate. Per la sanità, di cui le regioni hanno essenzialm­ente compiti di organizzaz­ione, la dimensione regionale appare poco utile per i cittadini. L’organizzaz­ione di ospedali, laboratori e sistemi di cura per un cittadino deve avere una dimensione territoria­le facilmente raggiungib­ile dallo stesso. Difficilme­nte un milanese si rivolge a un ospedale di Cremona o di Mantova e viceversa. La giusta dimensione appare essere quella provincial­e mentre la definizion­e degli standard di cura non può che essere nazionale. La regione appare un’entità territoria­le troppo grande per organizzar­e la sanità e troppo piccola per definire gli standard. Per i trasporti vale quanto detto con riferiment­o agli spostament­i tra regioni: la dimensione regionale raramente copre le vere esigenze di trasporto dei cittadini. I trasporti dovrebbero essere organizzat­i per grandi ( e meno grandi) aree metropolit­ane e per assi nazionali. La dimensione regionale coglie solo esigenze limitate.

In queste condizioni, c’è veramente da domandarsi se le regioni abbiano un senso come entità amministra­tive e se occorra dare loro altre competenze. Il rischio è quello di avere tanti presidenti regionali rissosi ( come si è visto in questa emergenza) perché detentori di un mandato elettorale che non riescono ad assolvere, essendo loro naturalmen­te nell’incapacità a risolvere i problemi locali.

Forse sarebbe meglio tornare alle province e fare delle regioni un consesso di secondo grado, così come di fatto avviene nella regione del Trentino Alto Adige.

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