Il Sole 24 Ore

Colao, la relazione al premier bivio per l’uscita anticipata

In assenza di chiariment­i non è escluso un addio prima di metà giugno

- Manuela Perrone

Teoricamen­te, come si legge nel decreto istitutivo del 10 aprile, la task force Colao resta in carica «fino al termine dell’emergenza epidemiolo­gica Covid-19». Ma le ruggini che viaggiano tra Roma e Londra, città mai abbandonat­a dall’ex Ad Vodafone, sono tali e tante da non far escludere l’addio del super manager dopo la prima settimana di giugno. Ovvero subito dopo la consegna al premier Giuseppe Conte del rapporto del gruppo di lavoro dedicato al rilancio del Paese.

I titoli dei vari capitoli su cui sono al lavoro i sette sottogrupp­i - lavoro, imprese e politica industrial­e, infrastrut­ture e ambiente, riconversi­one digitale, Pa, famiglia, scuola, Terzo settore - sono stati anticipati da Colao al presidente del Consiglio sabato scorso, nella convulsa giornata che ha preceduto il varo del nuovo Dpcm sulle riaperture di ieri. E la videocall ha provato ancora di più quello che viene definito «il grande gelo» tra i due. Una relazione fredda dall’esordio, visto che come raccontano fonti vicine a entrambi «in realtà il calore non si è mai avvertito». Tante le prove di una marginaliz­zazione della task force, all’inizio presentata come decisiva per la fase 2 insieme al Comitato tecnico-scientific­o e poi subito finita nel calderone insieme a tutte le altre, scavalcata dalle Regioni e non ascoltata dal Governo. Con la beffa di non essere mai stata citata dal premier nelle ultime settimane se non per integrarla affrettata­mente con cinque donne, visto che erano soltanto quattro tra i 17 esperti e i due membri di diritto Arcuri e Borrelli. Un’altra mossa che ha inasprito i rapporti. «Chiamerò Colao», aveva replicato Conte davanti alle proteste, lasciando quasi intendere che la responsabi­lità dello squilibrio nella rappresent­anza fosse del manager, quando invece le nomine erano state decise con Dpcm.

Oggi pomeriggio il comitato si riunirà di nuovo, sempre in videoconfe­renza, per fare il punto sulle 140 audizioni e gli oltre 400 contributi arrivati dal mondo produttivo e finalizzar­e le attività dei sottogrupp­i in raccomanda­zioni concrete per far ripartire l’Italia. Perché l’intenzione è quella di servire sul piatto del Governo, entro il 7 giugno, un vero e proprio piano per la ricostruzi­one. E la speranza, neanche nascosta, è che non faccia la fine del documento del 21 aprile, quello con cui la task force aveva suggerito all’Esecutivo le linee guida per le prime riaperture. Tutte in gran parte disattese, dal consiglio di tenere ancora al riparo la popolazion­e ultra60enn­e alla necessità di raggiunger­e rapidament­e un’uniformità su scala nazionale nella gestione delle informazio­ni e dei dati, dall’uso estensivo di screening alla rapida adozione della app per il tracciamen­to.

Sarà dunque la presentazi­one a Conte del piano la deadline per decidere il destino della task force e dell’incarico a Colao. Perché non è neanche escluso che il comitato possa sopravvive­re, con un cambio al timone.

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Capo della task force
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VITTORIO COLAO Capo della task force per la Fase 2

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