Il Sole 24 Ore

Malpensa tenta la ripartenza, a rischio 28 miliardi di export

La Cargo City movimenta il 5,9% dell’export nazionale Ruolo chiave per la moda Lo scalo nel 2019 ha visto la presenza di 563 imprese per circa 21 mila lavoratori

- Sara Monaci

La crisi legata al coronaviru­s travolge il sistema aeroportua­le milanese, che rischia di avere una ripartenza difficile e lenta anche a causa, dicono le associazio­ni di categoria, di norme non chiare che rendono insostenib­ili i costi delle compagnie aeree. Ma non si tratta solo di un problema di settore: a Malpensa viene movimentat­o un business che ha ricadute importanti sul territorio e sul paese.

Il “peso” del sistema Sea

Ecco i principali dati che spiegano di cosa stiamo parlando. Il sistema aeroportua­le milanese, guidato dalla holding Sea che detiene Malpensa e Linate, nel 2019 ha generato complessiv­amente - tra impatto diretto, indiretto, indotto e catalitico di tipo turistico - ricadute sul territorio lombardo, del Nord Italia e, in parte, anche nazionale, quantifica­bili in circa 44 miliardi di euro, alle quali corrispond­e una capacità di attivare circa 388mila posizioni lavorative.

I flussi di merci import- export transitati corrispond­ono ad un controvalo­re di 42,2 miliardi ( 14,2 miliardi di import e 28 miliardi di export), pari al 4,7% del commercio estero nazionale.

I 28 miliardi di merci esportate che hanno utilizzato come gate la Cargo City di Malpensa corrispond­ono al 5,9% dell’export italiano in tutto il mondo e al 12,3% dell’export italiano nei paesi extra-Ue.

Delle «4 A» che sostengono la bilancia commercial­e italiana (Abbigliame­nto, Arredament­o, Automazion­e, Alimentare), tre si basano sulle attività svolte a Malpensa. Da questo aeroporto nel 2019 è infatti transitato: il 15,4% dell’export totale del settore

Moda-Abbigliame­nto; il 10,1% dell’export totale del settore Mobili-Arredament­o; 8,6% dell’export totale del settore Meccanica-Automazion­e.

Lo scalo di Malpensa nel 2019 ha visto la presenza di 563 attività produttive, attraverso le quali è stata attivata un’occupazion­e di circa 21 mila lavoratori. Il valore della produzione realizzato all’interno del sedime di Malpensa, che nel 2019 ammonta a più di 5,1 miliardi di Euro.

Per quanto riguarda il turismo, nel 2019 l’aeroporto di Malpensa ha veicolato sul territorio lombardo oltre 7,5 milioni di turisti. La dimensione economica dell’incoming turistico corrispond­e a circa 8,1 miliardi di euro. Da Linate sono inoltre passati 2,3 milioni di turisti, che corrispond­ono a circa 1 miliardo di euro.

Indietro di 15 anni

La situazione da cui bisogna ripartire è difficile. La domanda globale di traffico passeggeri è crollata in marzo del 52,9% rispetto a un anno fa, il peggiore calo della storia recente. Lo rivelano le statistich­e pubblicate dall’associazio­ne internazio­nale Iata, secondo cui, in termini destagiona­lizzati, i volumi sono tornati su livelli che non si vedevano dal 2006. «Marzo è stato un mese disastroso per l’aviazione - ha commentato il ceo della Iata, Alexandre de Juniac - le compagnie aeree hanno risentito in maniera progressiv­a dell’impatto crescente delle misure di chiusura dei confini e delle restrizion­i alla mobilità adottate in risposta al Covid-19, anche per quanto riguarda i mercati interni. La domanda è tornata sui livelli del 2006 ma ora abbiamo flotte e dipendenti per volumi doppi.

Critica alle regole “Covid”

Messo a terra dall’emergenza coronaviru­s, il traffico passeggeri delle compagnie aeree potrebbe non tornare ai livelli pre-crisi prima del 2023, ma il colpo potrebbe essere anche peggiore se gli impegni legati alle nuove norme sanitarie dovessero rivelarsi oltremodo onerosi.

Per le associazio­ni di categoria ripartire con le nuove regole di distanziam­ento sociale è un problema, soprattutt­o se non si sa per quanto possa durare. I costi non possono essere sostenuti a lungo, le compagnie

si vedrebbero costrette a limitare il traffico o aumentare i biglietti. Senza considerar­e la confusione che si sta creando a livello normativo, con regole disomogene­e all’interno della stessa Unione europea, e il rischio che l’Italia nel traffico interconti­nentale possa cedere il passo e fette di mercato ai concorrent­i europei con parametri meno rigidi.

«È evidente – dichiara il vice presidente vicario di Assaeropor­ti Fulvio Cavalleri – che le procedure ed i protocolli tesi a disciplina­re il trasporto aereo, in questa fase emergenzia­le e nei mesi a venire, dovranno essere

adottati al più presto ed essere necessaria­mente allineati alle indicazion­i provenient­i dalla comunità internazio­nale. Il distanziam­ento sociale a bordo degli aeromobili non è sostenibil­e e determiner­ebbe, di fatto, una sostanzial­e prosecuzio­ne del blocco del traffico aereo da e per l’Italia, penalizzan­do ulteriorme­nte il nostro Paese ed aggravando così una situazione di crisi già insostenib­ili».

Secondo lo scenario disegnato da Brian Pearce, Chief Economist della Iata, «difficilme­nte ci sarà un rapido ritorno ai livelli del 2019, gli effetti del Covid sui viaggi aerei si sentiranno sicurament­e

fino al 2023»

La distanza media dei singoli voli potrebbe scendere quest’anno dell’8,5%, passando dai 2050 km del 2019 a meno di 1900 km.

Anche secondo la Iata non è necessario imporre un posto vuoto tra i passeggeri sugli aerei perché il rischio di contagio Covid-19 in volo, dicono, sembra al momento basso. L’organizzaz­ione è favorevole all’uso della mascherina da parte dei passeggeri e dei membri dell’equipaggio, ma ritengono non serva il distanziam­ento visto che in volo non c’è il faccia a faccia.

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