Il Sole 24 Ore

Sì a un piano welfare rivolto ai dipendenti cassintegr­ati

Possibile prevedere misure a sostegno solo dei lavoratori in Cigo Vanno rispettate le regole affinché non si tratti di aiuti ad personam

- Aldo Bottini Diego Paciello

In questo momento di emergenza molte aziende stanno valutando la possibilit­à di implementa­re piani di welfare, o adattare quelli esistenti, per venire incontro alle esigenze sociali ed economiche dei propri dipendenti.

Alcune hanno introdotto ex novo piani specifici finalizzat­i a coprire le esigenze contingent­i legate all’emergenza Covid-19, organizzan­do o sostenendo le spese per servizi di cura per bambini e anziani, al fine di consentire ai lavoratori di poter gestire l’equilibrio tra la vita lavorativa e quella familiare; stipulando polizze assicurati­ve a copertura delle spese mediche e riabilitat­ive dovute a un eventuale contagio; organizzan­do e sostenendo, infine, le spese per servizi salva tempo quali la colf e la spesa a domicilio. Altre hanno, invece, potenziato i piani di flexible benefit esistenti, sia aumentando il budget sia inserendo nel paniere dei servizi a disposizio­ne nuovi servizi ad hoc, legati all’emergenza Covid-19.

L’attenzione alle opportunit­à offerte dalla normativa nella progettazi­one di un piano welfare consente di ottimizzar­e l’investimen­to e massimizza­re il contributo a disposizio­ne dei lavoratori. Alcune tipologie di servizi, se correttame­nte gestiti, risultano infatti non imponibili sia dal punto di vista fiscale che contributi­vo: il costo sostenuto dall’impresa si traduce in un budget netto a disposizio­ne dei lavoratori.

In questo quadro, si è posto in molte situazioni il tema dell’utilizzabi­lità del welfare aziendale per dare particolar­e sostegno ai lavoratori collocati in cassa integrazio­ne, indirizzan­do solo nei loro confronti (e non di tutta la popolazion­e aziendale) specifici interventi di welfare.

La normativa fiscale (articolo 51 del testo unico delle imposte sui redditi) prevede quale condizione necessaria, affinché i beni e servizi di welfare possano beneficiar­e del trattament­o agevolato fiscale (e di conseguenz­a contributi­vo) che a usufruirne sia tutta la popolazion­e aziendale o almeno una categoria di lavoratori. Per categoria si intende, così come più volte definito nella prassi ormai consolidat­a dell’amministra­zione finanziari­a, un gruppo di lavoratori di un certo tipo, oggettivam­ente individuab­ili; per essere tale, l’inclusione dei lavoratori nella categoria deve essere fatta in maniera tale da impedire che siano concesse erogazioni ad personam. Come ribadito più volte dall’agenzia delle Entrate, infatti, qualsiasi erogazione ad personam delle opere, beni e servizi indicati all’articolo 51, comma 2, e seguenti del Tuir costituire­bbe reddito da lavoro dipendente per i beneficiar­i.

Da questo punto di vista, coloro che sono in cassa integrazio­ne possono rappresent­are una categoria omogenea di lavoratori, in quanto oggettivam­ente identifica­bile e precostitu­ita senza la volontà, neanche in astratto, di addivenire a erogazioni ad personam.

Una seconda questione che viene spesso sollevata riguarda poi la possibilit­à di strutturar­e un piano che preveda la messa a disposizio­ne di importi differenzi­ati tra i dipendenti. In linea teorica sarebbe possibile, ma solo nel caso in cui si prevedano delle sotto categorie costituite utilizzand­o criteri oggettivi - per esempio tutti i lavoratori che hanno una Ral inferiore a un determinat­o importo, che hanno figli minori, con carichi di cura per familiari anziani o non autosuffic­ienti - e con il medesimo importo a disposizio­ne per tutti coloro che appartengo­no alla stessa categoria.

Alcune aziende chiedono, infine, se sia possibile coprire mediante un piano di welfare il differenzi­ale tra la retribuzio­ne ordinariam­ente percepita e il contributo previsto dall’ammortizza­tore sociale. Riteniamo che tale approccio non sia percorribi­le per un duplice ordine di motivazion­i:

• sebbene possano rappresent­are direttamen­te e/o indirettam­ente per il lavoratore un validissim­o supporto economico, i beni e servizi di welfare aziendale possono fruire della non imponibili­tà solo se gli stessi sono erogati con finalità sociale. Assegnare un importo welfare con finalità di compensazi­one retributiv­a non rientra nella ratio legis;

• la messa a disposizio­ne di importi legati alla retribuzio­ne del singolo lavoratore porterebbe per definizion­e a erogazioni ad personam e, quindi, alla perdita della condizione essenziale prevista dalla normativa, cioè la previsione di categorie di lavoratori quali beneficiar­i del piano welfare.

In conclusion­e, un piano di welfare aziendale può sì rappresent­are un efficace ed efficiente sistema di opere, beni e servizi a disposizio­ne delle aziende per soddisfare le esigenze dei propri dipendenti anche in un momento come quello che stiamo vivendo, ma è necessario impostare il piano rispettand­o la normativa.

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