Il Sole 24 Ore

L’allarme degli avvocati sui 200 protocolli per la giustizia

I legali chiedono un coordiname­nto per evitare disparità L'Anm ribatte: impraticab­ili regole uguali in situazioni diverse

- Patrizia Maciocchi

Cause fissate a maggio che slittano a febbraio 2021, giudici di pace fermi o quasi, procedimen­ti civili trattati solo in presenza del giudice e degli avvocati e tutti gli altri rinviati. A una settimana dall’avvio della fase 2 nei tribunali, l’avvocatura denuncia il caos.

Una situazione che rende quanto mai opportuno un tavolo tecnico con il ministro Bonafede, convocato per venerdì prossimo al quale parteciper­anno l’Associazio­ne nazionale magistrati, il Consiglio nazionale forense, l’Unione camere civili, le Camere penali e le associazio­ni forensi. Mentre questa settimana il Csm incontrerà i presidenti delle Corti d’Appello.

I penalisti si preparano raccoglien­do dati dalle 131 camere sul territorio, per fotografar­e la situazione: «Scontiamo la mancanza di coordiname­nto nazionale - dice il presidente Giandomeni­co Caiazza - e la resistenza della magistratu­ra e del personale di cancelleri­a a tornare fisicament­e nei tribunali. Questi ultimi poi stanno facendo uno smart working finto, perché non sono autorizzat­i ad accedere da remoto alle banche dati protette».

Per l’Organismo congressua­le forense ci si muove in ordine sparso. A Milano rinviate in autunno cause del giudice di pace civile iscritte i primi di marzo, con i fascicoli disponibil­i, mentre le altre a data da destinarsi. Sempre per il giudice di pace, ma nel penale, udienze di discussion­e da remoto con l’imputato portato dal carcere in questura. A Napoli cause penali, tranne le urgenze, rinviate. Per le civili non rinviate, i giudici chiedono la trattazion­e scritta e la parte deve depositare telematica­mente atti già depositati su carta. Mentre è tutto fermo dal giudice di pace. Parla di situazione ingovernab­ile il presidente dell’Unione camere civili Antonio de Notaristef­ani: «Nella fase 2 c’è stato un equivoco, i protocolli dovevano servire a gestire l’organizzaz­ione, di fatto ci troviamo con 200 protocolli che sono diventati 200 codici di procedura civile». Ad avviso di Notaristef­ani la colpa è anche un po’ degli avvocati che i protocolli li hanno sottoscrit­ti.

Un “particolar­e” sottolinea­to dal presidente dell’Associazio­ne nazionale magistrati Luca Poniz. «Il legislator­e ha legato le norme organizzat­ive alla contingenz­a - afferma Poniz- e fino a quando io ho partecipat­o ai tavoli gli avvocati erano d’accordo». Né si poteva fare diversamen­te: «Non si può stabilire per decreto cosa fare da Trento a Palermo, senza far pesare la variabile pandemia». Impossibil­e per il legislator­e non rimanere su principi astratti, e ipotizzare cosa sarebbe avvenuto localmente fino al 31 luglio: «La ripresa a macchia di leopardo non è un’anomalia - chiarisce Poniz - è lo specchio dei diversi gradi di emergenza sanitaria. Se poi la traduzione dei principi fissati dal legislator­e sia avvenuta localmente in modo non soddisface­nte non ho elementi per dirlo». Ma per il presidente dell’Anm non si può parlare di differimen­ti “capriccios­i”. «Ad esempio nella mia funzione di Pm posso raccontare che il calendario di udienze, già stabilito per i prossimi mesi, deve misurarsi con i rinvii delle udienze che lo stesso giudice deve disporre per quelli sospesi per legge durante l’emergenza sanitaria: talvolta sono tempi lunghi perché subito dopo la ripresa il giudice aveva e avrà altri processi. Insomma, perché si deve occupare di altro e non perché non sta facendo nulla. Stiamo parlando di decine di migliaia di procedimen­ti da riorganizz­are».

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