Quattro anni per tornare ai passeggeri di inizio 2020
Secondo l’ultima stima della Iata i ricavi da passeggeri delle compagnie mondiali nel 2020 diminuiranno di 314 miliardi di dollari, -55% rispetto all’anno precedente
La Iata prevede anche un’emorragia di posti di lavoro in Europa e in Italia
Ci vorranno tre-quattro anni per ritornare al livello del traffico passeggeri sugli aerei precedente la crisi del Coronavirus. La stima è della Iata, l’associazione mondiale che raggruppa 290 compagnie aeree. L’aviazione è il settore dell’economia più colpito dalla pandemia. I ricavi da passeggeri delle compagnie mondiali quest’anno diminuiranno di 314 miliardi di dollari, -55% rispetto al 2019, secondo l’ultima stima della Iata comunicata dal direttore generale, Alexandre de Juniac, il 14 aprile.
Le compagnie di tutto il mondo, secondo la Iata, in questo trimestre bruceranno 61 miliardi di dollari di cassa e avranno una perdita netta aggregata di 39 miliardi di dollari. Quest’anno il settore chiuderà in rosso. A dicembre era stato stimato un utile netto per tutte le compagnie pari a 29,3 miliardi di dollari, con un piccolo incremento sugli utili del 2018. Invece sarà un profondo rosso.
E anche passata la crisi la ripresa del traffico sarà lenta. La Iata stima che nell’ipotesi migliore la domanda globale nel 2021, misurata in termini di passeggeri per il numero di km percorsi, sarà inferiore del 24% a quella del 2019. Questo se i mercati domestici verranno riaperti nel terzo trimestre. Se invece dovesse proseguire il regime di «lockdown» anche nel terzo trimestre, il traffico passeggeri l’anno prossimo sarebbe inferiore del 34% al livello del 2019.
«Non ci aspettiamo che i livelli del 2019 siano superati fino al 2023», ha detto Brian Pearce, capo economista della Iata. «Perfino nel 2025 ci aspettiamo che la domanda globale sia inferiore del 10% alle previsioni di traffico precedenti la pandemia, fatte lo scorso ottobre», sottolinea.
Solo in Europa la perdita di ricavi prevista quest’anno è pari a 89 miliardi di dollari, di cui 11,5 miliardi in Italia. Questo crollo riguarda tutte le compagnie che volano in Italia, quindi non solo Alitalia, che è stata comunque colpita duramente: in marzo i ricavi sono diminuiti del 71%, in aprile del 90%, ha detto il commissario, Giuseppe Leogrande. Nel primo trimestre la perdita operativa è aumentata del 16% a -220 milioni di euro, rispetto ai -189 milioni del 2019.
A differenza dei grandi vettori europei, la compagnia era già in rosso prima del Coronavirus. L’anno scorso, secondo i dati resi noti dal direttore generale, Giancarlo Zeni, nell’audizione del 12 maggio alla commissione Trasporti del Senato, il gruppo Alitalia ha fatturato 3.139 milioni, con una perdita operativa di -502 milioni. La perdita netta totale è stata superiore, almeno 600 milioni secondo dati già anticipati dal Sole 24 Ore.
Soffrono moltissimo anche gli aeroporti. In aprile gli scali europei hanno registrato un calo del traffico del 98,6% rispetto a un anno fa, pari a una perdita di 202 milioni di passeggeri. Lo riferiscono le statistiche dell’associazione Aci Europe, secondo cui la rete europea di oltre 500 aeroporti ha accolto solo 2,8 milioni di passeggeri, pari al numero gestito dal solo aeroporto di Dublino nell’aprile del 2019.
«Gli aeroporti europei sono in ginocchio. Hanno perso oltre 315 milioni di passeggeri dall’inizio della pandemia di Covid-19 e supereranno i 500 milioni di passeggeri persi prima della fine di maggio», ha fatto notare il direttore generale di Aci Europe, Olivier Jankovec. «Tutti i loro ricavi sono praticamente scomparsi, la gran parte della forza lavoro lasciata a casa e gli investimenti annullati. Nonostante questo i costi operativi continuano a far calare la liquidità in quando la maggior parte di loro è rimasta aperta».
Negli aeroporti italiani è stata chiesta la cigs per oltre 10mila addetti, pari al 95% degli addetti totali.
La Iata ha stimato che sono a rischio 25 milioni di posti di lavoro nel mondo a causa del crollo del traffico aereo provocato dal Coronavirus. Il rischio disoccupazione non riguarda solo le compagnie, ma anche le attività «che dipendono dal trasporto aereo», in particolare il settore dei viaggi, il turismo, inclusi gli alberghi. L’aviazione commerciale dà lavoro a 2,7 milioni di persone in tutto il mondo. Questi sono gli occupati diretti. Ma ci sono anche gli occupati in altri settori che dipendono dall’aviazione, pari a circa 65,5 milioni secondo l’associazione dei vettori.
In Europa i posti a rischio sono 6,7 milioni, in Italia 310.400, secondo le previsioni Iata. Questo nell’ipotesi che le restrizioni ai viaggi e il «lockdown» durino tre mesi. Se dovessero essere estesi oltre la fine di giugno, le conseguenze sarebbero più pesanti.
Secondo il d.g. della Iata, de Juniac, le compagnie mondiali hanno bisogno di aiuti pubblici tra 150 e 200 miliardi di dollari per sopravvivere.
Prevista un’emorragia di posti di lavoro: in Europa sono a rischio 6,7 milioni di occupati, in Italia 310.400
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