Il cargo ferroviario resiste alla pandemia
Molti beni sono arrivati a famiglie e ospedali grazie ai treni merci
La crisi di queste settimane ha mostrato con chiarezza che l’Italia non può fare a meno di logistica e trasporto merci, compreso quello ferroviario. Anzi, il trasporto merci ferroviario ha evidenziato una diminuzione dei traffici più contenuta rispetto ai treni passeggeri: il cargo ferroviario, colpito anch’esso dal crollo della produzione industriale, è il segmento che ha registrato i cali minori rispetto ad altre modalità di trasporto, con una riduzione dei volumi nel periodo dal 9 marzo al 22 aprile 2020 del 26% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, ma con delle significative eccezioni. È risultata assai rilevante, ad esempio, la tenuta del cargo ferroviario sulle relazioni internazionali, sulle quali a fine marzo, in pieno lockdown da Covid-19, si registrava addirittura un +10%. Segno che questa modalità di trasporto è risultata, per molte imprese, la soluzione più sicura a cui affidare le proprie spedizioni, poiché il trasporto ferroviario limita la circolazione delle persone ed è facilmente controllabile. A causa delle restrizioni sul movimento di persone rese necessarie per la pandemia, sono sempre di più le aziende che si affidando al trasporto su rotaia al posto di quello stradale. Il cargo ferroviario si è rivelato in questa crisi un elemento in grado di accrescere la resilienza complessiva del sistema logistico, garantendo la consegna puntuale e sicura dei beni di prima necessità a imprese, famiglie e ospedali (generi alimentari, prodotti farmaceutici). I treni merci resteranno centrali nella Fase 2 e anche negli anni a venire. Gli obiettivi europei e italiani di decarbonizzazione dell’economia spingeranno quote crescenti di merci, soprattutto sulle lunghe distanze, ad abbandinare la strada a favore del treno. L’Unione europea ha infatti posto negli anni una sempre maggior enfasi allo sviluppo e all’utilizzo del treno come mezzo di trasporto per le merci, fissando al 30% il traffico su vettori diversi dalla gomma da raggiungere entro il 2030 e al 50% entro il 2050. Questa è una delle ragioni che hanno spinto il fondo Ania F2i a investire nel settore del cargo ferroviario. Il fondo ha acquisito nelle scorse settimane il 92,5% di Compagnia ferroviaria italiana (Cfi), il principale operatore indipendente in Italia nel trasporto merci via ferrovia. Il restante 7,5% sarà detenuto da Giacomo Di Patrizi, socio fondatore della società che manterrà la carica di amministratore delegato. La logica industriale dell’investimento - spiega l’amministratore delegato di F2i, Renato Ravanelli - è dare vita a un campione
Prima dell’emergenza sanitaria, Italo trasportava in media 60mila passeggeri al giorno, oggi sono circa 300. Trenitalia stima una perdita di fatturato a fine anno pari a 2 miliardi di euro
nazionale indipendente del cargo ferroviario, in competizione diretta con la compagnia pubblica leader di mercato, cioè Mercitalia (gruppo Fs). Una realtà aperta all’aggrezione con ulteriori operatori, per sviluppare progetti intermodali con altri asset del gruppo, quali i porti merci di Carrara, Marghera e Chioggia, nei quali F2i ha recentemente investito. Anche il gruppo Barilla punta decisamente sul cargo ferroviario. Barilla ha avviato da poco una collaborazione con Lotras per il trasporto di grano duro su ferrovia dal terminal di Incoronata di Foggia allo stabilimento di Parma. L’accordo prevede la realizzazione di 30 treni che, ogni settimana, consentiranno il trasferimento di frumento duro dalla Capitanata all’Emilia, per circa 30mila tonnellate di grano duro. La cenerentola del trasporto merci, il cargo ferroviario, sta dunque recuperando poszioni e la crisi sanitaria in atto ha impresso un’accelerazione verso una nuova dimensione.