«Una mobilità dolce e i primi hyperloop»
«Come urbanista e architetto penso che la situazione attuale, pur nel disastro sanitario ed economico, è una grande occasione per rivoluzionare le nostre città con una mobilità dolce, che dia più spazio a bici, mezzi elettrici, pedonalità». Andrea Boschetti – fondatore con Alberto Francini dello studio Metrogramma, – è da anni sostenitore della necessità di ridisegnare il movimento all’interno delle aree urbane superando «la segregazione netta tra strada per le automobili e strade per i pedoni: dobbiamo ridurre drasticamente la parte carrabile a favore di piste ciclabili e marciapiedi. Reintrodurre il verde e riaprire le piazze, consentendo ai cittadini di riconquistare alcuni spazi», spiega l’architetto, che ha collaborato alla realizzazione del Pgt di Milano attualmente in vigore e oggi è coinvolto nella progettazione del Parco del Ponte di Genova.
In questo contesto si inserisce anche il tema dell’ultimo miglio?
Certo, perché la diffusione della pandemia e le misure di contenimento hanno spinto le vendite online con un conseguente aumento del traffico per le consegne dei beni. Oggi non ce ne accorgiamo, perché la mobilità privata è ancora ridotta, ma quando torneremo a una vita normale il rischio è che la situazione diventi ingestibile.
Cosa dovrebbero fare le città?
Bisogna scongiurare il rischio che, alla riapertura, le persone prendano tutte l’auto per paura dei mezzi pubblici e condivisi. Dobbiamo cogliere questa occasione per far capire ai cittadini che ci si può muovere in modo dolce, ma questo implica un ridisegno delle strade e la messa in sicurezza di chi va a piedi o in bicicletta. Si deve trovare un equilibrio con la mobilità carrabile, che rimarrà, ma che dovrà essere più lenta, elettrica, pulita.
Ci sono esempi in Italia che vanno questa direzione?
Milano sta sviluppando un coraggioso piano di ciclabilità per gestire la fase post-Covid. Io propongo di fare un passo in più: un grande piano di urbanistica tattica complessiva della città, ovvero esperimenti temporanei, in cui alcune aree urbane tornano a essere spazi pubblici. Si tratta di esperimenti temporanei, di cui in Europa esistono molti esempi, ma ovviamente l’auspicio è che poi rimangano.
Come si concilia la consegna delle merci con questa visione?
Il tema deve essere inserito in un discorso più generale, che parte da lontano e arriva alle città e ai quartieri. L’Italia ha un sistema logistico abbastanza arretrato: i centri di ricomposizione delle merci devono essere integrati in modo più efficace ai canali di trasporto. In futuro, inoltre, occorrerà ripensare alle infrastrutture facendo leva sulle tecnologie avanzate. Penso agli hyperloop, che potrebbero essere impiegate nel trasporto delle merci dentro le aree urbane in tempi brevi, senza rumore e senza emissioni.
E una volta arrivate in città?
Ci sono tre modi: immaginare che i furgoni e altri mezzi oggi utilizzati siano “puliti” e dotati di sistemi automatizzati per il carico e scarico. Ma potremmo anche ridisegnare le arterie stradali, creando nel sottosuolo o soprasuolo corridoi che portano le merci dagli hub di interscambio al centro delle città, riducendo così il traffico su gomma. Infine l’utilizzo di droni.