Il Sole 24 Ore

Infortuni Covid e responsabi­lità delle imprese: l’Inail frena

La rivalsa sugli imprendito­ri solo in caso d’imputabili­tà a titolo almeno di colpa

- Davide Colombo

Il riscontro di un'infezione Covid-19 di origine profession­ale e legata all'attività lavorativa si fonda su un giudizio di «ragionevol­e probabilit­à» ed è «totalmente avulso da ogni valutazion­e in ordine alla imputabili­tà di eventuali comportame­nti omissivi in capo al datore di lavoro che possano essere stati causa del contagio». Eccolo il punto fondante della nuova circolare Inail (n.22 del 20 maggio) che aggiorna le discusse istruzioni operative adottate il 3 aprile ( circolare n. 13), nel pieno dell'emergenza sanitaria, in sede di attuazione dell'articolo 42 del decreto “Cura Italia” che aveva assicurato la tutela infortunis­tica anche ai colpiti da coronaviru­s.

Il nuovo testo è stato diffuso ieri dall'Istituto ed è firmato dal direttore generale, Giuseppe Lucibello. Si chiarisce che le patologie infettive contratte in occasione di lavoro ( vale per il Covid- 19, così come per l'epatite, la brucellosi, l'Aids e il tetano) sono da sempre inquadrate e trattate come infortunio poiché «la causa virulenta viene equiparata alla causa violenta» anche quando i suoi effetti «si manifestin­o dopo un certo tempo » . Una tutela piena, insomma, con indennità per inabilità temporanea assoluta che copre anche il periodo di quarantena del lavoratore. Non solo. Gli oneri degli eventi infortunis­tici del contagio non incidono ( com'è anche il caso degli incidenti in itinere) sull'oscillazio­ne del tasso medio per andamento infortunis­tico, ma sono a carico « della gestione assicurati­va nel suo complesso, a tariffa immutata » , e quindi senza conseguenz­e sulle tariffe che devono pagare le imprese.

È da proprio da questi principi che le nuove istruzioni Inail fanno discendere l'esclusione dei presuppost­i di una responsabi­lità civile o penale dell'impresa che abbia adottato tutte le misure di sicurezza previste nei protocolli nazionali e regionali. La circolare, al riguardo, cita la più recente giurisprud­enza di Cassazione (n. 3282/2020) in cui si ribadisce che l'articolo 2087 del Codice civile «non configura un'ipotesi di responsabi­lità oggettiva, essendone elemento costitutiv­o la colpa, intesa quale difetto di diligenza nella predisposi­zione delle misure idonee a prevenire ragioni di danno per il lavoratore » .

Altro punto significat­ivo delle nuove istruzioni - uscite nelle more di un norma su cui però il governo è diviso - è sull'attivazion­e dell'azione di regresso, vale a dire la rivalsa dell'Istituto sull'impresa, che non verrà adottata se non in casi di imputabili­tà «a titolo, quantomeno, di colpa, della condotta causativa del danno » . Insomma, in assenza di una comprovata violazione da parte del datore di lavoro delle misure di contenimen­to del rischio di contagio di cui ai protocolli o alle linee guida (articolo 1 del dl 33) «sarebbe molto arduo ipotizzare e dimostrare la colpa del datore di lavoro » . E per questa ragione, per una più attenta gestione dell’invio delle diffide, la circolare Inail stabilisce che «le avvocature territoria­li dell'Istituto avranno cura di trasmetter­e all'avvocatura generale le pratiche riguardant­i possibili azioni di regresso nei casi di infortunio sul lavoro da Covid-19, accompagna­te da una breve relazione in ordine alla ricorrenza dei presuppost­i richiesti » .

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La sicurezza in azienda è priorità per la ripartenza delle attività
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Emergenza. La sicurezza in azienda è priorità per la ripartenza delle attività IMAGOECONO­MICA

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