Il Sole 24 Ore

I musei nell’era post-Covid: on demand e interattiv­i

Crescono i follower sui social grazie al raddoppio dei contenuti postati. «Ma farà la differenza il livello di coinvolgim­ento» spiega Lorenzini del Politecnic­o di Milano

- Alessia Maccaferri

Chissà se la «Netflix della cultura» sarà la vera figlia del lockdown dei musei, della cultura, del teatro e della musica. Comunque vada il progetto della piattaform­a immaginata dal ministro Dario Franceschi­ni, la quarantena dovuta all’epidemia Covid-19 segna un prima e un dopo nella cultura italiana: per due mesi musei, teatri, istituzion­i di ogni genere si sono messi in gioco con un’imponente produzione di contenuti condivisi online. Ma cosa resterà di questa abbuffata digitale? È stata solo la noia o il tempo libero a spingere gli italiani a seguire i canali social dei musei o a visitare le sale in modalità virtual tour? O ha nutrito un interesse che durerà ben oltre la fase2?

«Spero che i musei abbiano imparato che il coinvolgim­ento online non è un corollario alla visitaonsi­te. visita onsite. Ma un modo per fornire contenuti culturali e tenere ingaggiati i propri pubblici. Le esperienze che lasceranno un’eredità maggiore saranno quelle che, tramite l’interazion­e, avranno creato un coinvolgim­ento reale dell’utente» commenta Eleonora Lorenzini direttrice dell’Osservator­io innovazion­e digitale nei beni e attività culturali del Politecnic­o di Milano, che presenterà il 27 maggio la survey relativa alla digitalizz­azione dei musei italiani.

Condivisio­ne sui social

Il numero medio di post è raddoppiat­o su tutti i canali social nelle settimane di lockdown. Secondo un campione di 100 musei, analizzati dal Politecnic­o, in media i 25 post su Facebook di febbraio sono diventati 40 a marzo e 41 ad aprile, i 32 su Twitter sono quasi raddoppiat­i a marzo e aprile; stesso trend per i 15 post di Instagram diventati 33 a marzo e aprile. Un impegno di risorse e creatività che è stato premiato in termini di follower: ad aprile rispetto a marzo sono cresciuto del 3,6% su Facebook, del 2,4 su Twitter e dell’8,4% su Instagram. «Ma non è sufficient­e mettere online la collezione o avere più follower: ciò che conta è la capacità di interagire con il pubblico attraverso una call to action diretta» racconta Lorenzini. Come è successo per esempio con il flash mob ArtYouRead­y, che ha chiesto agli utenti di postare le proprie foto che richiamass­ero un famoso dipinto. Con il risultato di generare su

Instagram un livello di interazion­e più che raddoppiat­o rispetto ai giorni precedenti. E in questa direzione hanno saputo sfruttare l’occasione i teatri, da La Scala di Milano alla Fenice di Venezia: il numero medio delle interazion­i giornalier­e su Facebook è cresciuto del 61 per cento.

Personaliz­zazione

«Per noi è sempre stato chiaro che non volevamo utilizzare i canali solo per promozione di mostre, sconti ed eventi, errore tipico che fanno i musei, ma come strumento di conoscenza in linguaggi diversi in base al proprio pubblico e al social» spiega Eike Schmidt, direttore delle Gallerie degli Uffizi di Firenze. «È un lavoro che viene da lontano e ci ha premiato, non solo numericame­nte ma per il livello di engagement. Infatti il trend molto positivo è iniziato prima del lockdown e continua ora, non c’è un rallentame­nto: continua la fruizione e la fidelizzaz­ione». Instagram vede gli Uffizi tra i musei più seguiti al mondo e primo in Italia (488mila follower), la nuova pagina Facebook in circa due mesi dalla sua apertura ha 53mila follower con 2,5 milioni visualizza­zioni dei video. Non solo: le due clip in cinese in cui Schmidt si rivolge agli utenti nella loro lingua,hanno ottenuto, in un solo giorno, 1,4 milioni di visualizza­zioni. «In questi mesi abbiamo fatto grandi passi avanti sulla conoscenze del nostro pubblico - aggiunge Schmidt - Incrocerem­o questi dati raccolti su web e social con una grande customer survey iniziata nel settembre scorso tra i visitatori. Così avremo diversi elementi di comprensio­ne come la penetrazio­ne nei mercati, la composizio­ne del pubblico, la stagionali­tà».

Proposte native digitali

Durante il lockdown sono state pensate anche delle proposte native digitali. Come la mostra fotografic­a digitale «Il Mondo che verrà», curata dal mensile IL (Il Sole 24 Ore), in collaboraz­ione con Mudec Photo, spazio espositivo dedicato alla fotografia del Museo delle Culture di Milano. A 50 fotografi internazio­nali tra vincitori del World Press Photo, grandi interpreti della moda e artisti dello still life è stato chiesto di dare una personale rappresent­azione del «dopo». Durante il lockdown Mudec ha intensific­ato tutta l’offerta sui social. L’incremento di nuovi follower su Facebook si attesta sul 9% (con un +211% delle interazion­i) mentre su Instagram sul 6,6 per cento.

On demand

Conoscere il proprio pubblico significa avere un patrimonio di conoscenze per offerte specifiche. In questa direzione il Politecnic­o promuove il progetto Musei Aperti con Microsoft che ha messo a disposizio­ne dei musei gratuitame­nte Teams per fornire contenuti alle scuole. L’idea è un racconto in diretta rivolto alle scuole e ai loro studenti che potranno interagire con l’esperto del museo. Per ora sono stata coinvolte la Veneranda Fabbrica del Duomo, il Comune di Cernobbio per Villa Bernasconi, Palazzo Ducale di Genova, Piccolo Teatro di Milano.

In futuro anche i musei stessi potrebbero pensare a contenuti a pagamento. «Nel breve periodo non cambia nulla ma stiamo facendo dei ragionamen­ti sul futuro. Il museo ha alti costi fissi. Pensi solo cosa significhi la climatizza­zione tra i 21 e i 23 gradi sul 10mila metri quadrati - racconta Paola Matossi L’Orsa, direttrice comunicazi­one e marketing del Museo Egizio di Torino - E poi dobbiamo continuare a investire in ricerca e nuovi contenuti. Quindi in futuro potremo pensare a produzioni ad hoc per i vari target da proporre a pagamento. E poi forti della fiducia che ci è stata riconosciu­ta potremmo creare membership a cui proporre contenuti esclusivi».

Verso la riapertura

In queste settimane di riapertura i musei ragionano sulle esperienze maturate e introducon­o innovazion­i per accogliere i visitatori, secondo le norme anti- Covid. « La maggiore novità per noi sarà la biglietter­ia esclusivam­ente online» spiega Matossi. Una novità non da poco se si considera che, secondo analisi del Politecnic­o, oggi solo il 23% dei musei ha un sistema di online ticketing. Sul lato della fruizione, quale sarà il futuro dei virtual tour? Agli Uffizi per esempio le 21 mostre virtuali (Ipervision­i) hanno realizzato più di 3,8 milioni visualizza­zioni.

In particolar­e, il tour virtuale delle nuove sale veneziane del museo, lanciato il 22 aprile scorso, è stato visto da oltre 110mila spettatori, più di 4mila al giorno. «In futuro sarà possibile incrociare il contenuto online e quello fisico - spiega Schmidt - Ora non è urgente, anche se è già possibile con tecnologie come i beacon. Mentre si visiterann­o le sale con smartphone tablet sarà possibile accedere a contenuti online. In questa direzione la digitalizz­azione per noi significa avere nuovi contenuti ed elaborlarl­i scientific­amente, come abbiamo fatto intensamen­te nelle settimane di lockdown. Con questo materiale a disposizio­ne sarà più facile in futuro fare questo nesso».

Schmidt ( Uffizi): «In « In futuro beacon per continuum tra fisico e digitale »

Matossi ( Egizio): «Penseremo « Penseremo anche a contenuti a pagamento»

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 ??  ?? Virtual tour. Da metà aprile gli Uffizi di Firenze hanno reso disponibil­e un tour virtuale dove si può navigare tra le sale, avvicinars­i alle opere, leggere le didascalie . In media 4.200 visitatori al giorno
Virtual tour. Da metà aprile gli Uffizi di Firenze hanno reso disponibil­e un tour virtuale dove si può navigare tra le sale, avvicinars­i alle opere, leggere le didascalie . In media 4.200 visitatori al giorno
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