Il Sole 24 Ore

Salvini, rissa alla Camera e appello al Colle

Scontro in Aula con il M5s che attacca duramente la sanità lombarda

- Manuela Perrone

P rimala rissa a Montecitor­io sulla sanità lombarda, poi una nuova telefonata al presidente presidente della Repubblica Sergio Mattarella della Repubblica Sergio Mattar ella per reclamare« il diritto a un giusto processo» a Catania. Il leader della Lega Matteo Salvini prova a riprenders­i la scena nella scena nel giorno in cui Giuseppe Conte giorno in cui Giuseppe Conte tenta di far ripartire il suo governo. L’occasione è servita su un piatto d’argento dalla maggioranz­a, quando il deputato M5S Riccardo Ricciardi, “fichiano” tra i più critici del passato esecutivo giallo verde, interviene in Aula alla Camerainte­rviene in Aula alla Camera dopo dopo l’ informativ­a del premier con un attacco frontale alla sanità di Attilio Fontana e Giulio Galle ra :« Non accettiamo­le z ioni sulle misure anti-Covid da chi propone il fallimenta­re modello Lombardia: in questi anni sono stati tagliati 25mila posti letti negli ospedali pubblici regalando soldi alle cliniche private».

Parole durissime che scatenano la bagarre e di cui il premier giura di non essere stato informato preventiva­mente, come invece insinua da Fdi Giorgia Meloni evocando «una precisa strategia della maggioranz­a». Salvini stigmatizz­a immediatam­ente l’accaduto: «I Cinque Stelle si devono sciacquare la bocca prima di parlare della sanità lombarda...». A Ricciardi viene dato dello «sciacallo». Da Forza Italia a Fdi tutti fanno scudo intorno alla Lega. Nel M5S partono di nuovo veleni e sospetti tra le correnti. E persino il vicesegret­ario Pd Andrea Orlando parla di «passo falso: l’effetto è stato quello di rafforzare i falchi».

Che la sortita provochi una radicalizz­azione delle posizioni è presto dimostrato. Salvini ha il colpo in canna dal mattino, quando sul quotidiano “La Verità” sono state pubblicate le chat in cui alcuni magistrati, intercetta­ti nell’ambito del procedimen­to a carico di Luca Palamara, si scambiavan­o giudizi pesanti sull’operato dell’allora ministro dell’Interno. Così decide di chiamare il capo dello Stato. Protesta per quanto accaduto alla Camera, ma insieme gli anticipa l’invio di una lettera in cui esprime la sua preoccupaz­ione per il procedimen­to che lo vede imputato a Catania per sequestro di persona per il blocco della nave Gregoretti: a ottobre inizierà l’udienza preliminar­e davanti al Gup. «È innegabile che la fiducia nei confronti della magistratu­ra adesso vacilla», il cuore del ragionamen­to di Salvini. Che si appella al presidente affinché gli venga garantito «il diritto a un processo giusto, davanti a un giudice terzo e imparziale, nel rispetto dell’articolo 111 della Costituzio­ne». Il capo dello Stato ascolta lo sfogo, non il primo. Non può essere contento della situazione di tensione in Parlamento. Ma, quanto al contenuto della lettera, non è titolare di possibili azioni disciplina­ri nei confronti dei giudici. L’intervento di garanzia invocato da Salvini ha più un valore politico. «Gli consente di tornare a indossare i panni della vittima e di spettacola­rizzare la sua vicenda giudiziari­a», commentano dalla maggioranz­a. «Non sarà che ha paura?».

Telefonata a Mattarella: «Vacilla la fiducia nelle toghe toghe». ». Ma il Colle non è titolare di azione disciplina­re

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