I GOVERNATORI ALL’ASSALTO SULLA DATA DELLE REGIONALI
Di nuovo all’attacco. Ancora ieri alcuni Governatori, della Lega e del Pd, si sono ritrovati a fare una battaglia comune nel chiedere il voto regionale subito, già a luglio e non a settembre (il 13-14 oppure il 20) come sembra invece orientato il Governo. Né tantomeno a ottobre che è la richiesta di alcuni partiti. Non è la prima volta che si è compattato un fronte bipartisan ma ieri sono addirittura saliti insieme sulle barricate contro questa scelta, pronti a portare lo scontro con Palazzo Chigi fino al Quirinale. Ieri lo diceva sia Zaia, che a Radio 24 ha raccontato di aver chiamato il capo dello Stato, sia Emiliano che ha parlato di “sospensione della democrazia” e ha sollecitato un intervento di Mattarella. Sulla stessa linea sarebbero anche Toti e De Luca, tutti per fare uno sprint verso le urne di luglio. Ma perché tanta fretta? E perché accendere lo scontro fino a tirare in ballo il Colle?
Allora, c’è la motivazione ufficiale che viene spiegata in questi termini: se si aspetta fino al 13 o 20 settembre c’è il rischio che riesplodano i contagi e dunque che ci sia un altro rinvio delle elezioni, da qui lo slogan “democrazia sospesa”. C’è poi un’altra obiezione, cioè che votare il 13 settembre costringerebbe a fare le campagne elettorali ad agosto, cosa impensabile. Ragioni in parte credibili anche se non tengono conto dei dubbi del comitato tecnico-scientifico nell’organizzare i seggi già tra due mesi. In ogni caso, dietro a questa battaglia dei Governatori si vedono pure le più forti motivazioni politico-elettorali. Nel senso che prima si va a votare e meglio è per loro. Innanzitutto perché l’emergenza virus li ha portati alla ribalta mediatica, gli ha regalato una visibilità che prima non avevano e che in alcuni casi hanno saputo usare. Inutile citare Zaia che ormai viene candidato anche per Palazzo Chigi ma anche De Luca in Campania ne esce rafforzato e perfino Emiliano, che era quello più in affanno, ritrova smalto. Stesso discorso per Toti in Liguria che dopo il flop del suo nuovo partito si è riscattato con il ruolo istituzionale. Dunque, con la memoria fresca e senza aspettare che sorgano nuovi intoppi, è comprensibile che i candidati-presidenti preferiscano infilare subito la via del voto. Ora si sentono più forti ma a settembre chissà.
Sono tante le incognite che possono arrivare e complicare la campagna elettorale. Per esempio, a settembre si comincerà a fare un primo bilancio della stagione estiva, che vuol dire fare i conti con la crisi economica e magari anche dover fronteggiare nuovi picchi di contagio se sulle spiagge non tutto funzionerà. Inoltre, ci sarà più tempo per analizzare cos'è che è andato male nelle varie Regioni, non solo in Lombardia. Insomma, più passa il tempo, più possono spuntare insidie. Ne è consapevole perfino Zaia che ora ha consensi altissimi ma trova proprio nella Lega una certa freddezza sul voto a luglio perché è diventato troppo ingombrante. Come finirà? «Aspettiamo indicazioni dal Governo martedì», raccontava il deputato Pd Ceccanti della Affari Costituzionali dove si discute il decreto sulla data. Per Conte una mediazione da fare su un terreno scivoloso visto che il conflitto Regioni-Governo potrebbe monopolizzare la gara elettorale.