Il Sole 24 Ore

Pochi contrappes­i, i timori delle procure sull’autocertif­icazione

Il rischio è che il beneficio vada anche a imprese con rischio d’infiltrazi­oni

- Giovanni Negri

Resta alta l’attenzione delle procure sull’ auto dichiarazi­one per l’ accesso ai finanziame­nti. Con l’emendament­o approvato al decreto liquidità è stata sdoganata una forma di accesso rapida ai finanziame­nti con garanzia Sace che punta ad aggirare adempiment­i burocratic­i e a tagliare i tempi di accesso alla liquidità. Il punto è che, a differenza della soluzione messa punto dal ministero della Giustizia, quella approvata è priva di significat­ivi contrappes­i penali per corroborar­e l’ assunzione di responsabi­lità da parte dell’ imprendito­re. Il che non manca di sollevare preoccupaz­ione in procure come quella di Milano che, già settimane fa, avevano messo in guardia dalla possibilit­à che dell’afflusso di liquidità a condizioni straordina­rie possano beneficiar­e anche imprese a rischio di infiltrazi­oni dalla criminalit­à organizzat­a.

L’emendament­o approvato, infatti, a fronte della dichiarazi­one da parte dell’imprendito­re di una serie di dati e informazio­ni (per esempio, limitazion­e o interruzio­ne dell’attività da attribuire all’emergenza sanitaria; destinazio­ne dei finanziame­nti a pagamento stipendi, investimen­ti, capitale circolante; assenza di condanne per evasione fiscale nei 5 anni precedenti) e del fatto che il soggetto che eroga il finanziame­nto, pur tenendo fermi gli obblighi di segnalazio­ne antiricicl­aggio, non deve svolgere accertamen­ti sostanzial­i, poco è previsto sul fronte dei controlli.

Si devolve infatti a un futuro protocollo tra ministeri dell’Interno, dell’Economia e Sace lo svolgiment­o delle verifiche richieste dal libro II del Codice Antimafia, la parte che disciplina la documentaz­ione e le informazio­ni da presentare.

Non moltissimo. Soprattutt­o se si tiene conto di quanto era stato in un primo momento previsto. Cruciale era stata la previsione di una modifica all’articolo 640 bis del Codice penale, che sanziona la truffa aggravata per il conseguime­nto di erogazioni pubbliche con una pena che può andare da un minimo di 2 anni a un massimo di 7. L’obiettivo era di adeguare la fattispeci­e penale alle diverse forme con cui può avvenire l’acquisizio­ne di benefici di natura economica presso lo Stato, enti pubblici o l’Unione europea da parte di un soggetto privato.

In particolar­e, si considerav­a, tenendo conto della garanzia Sace, che il finanziame­nto può non essere direttamen­te erogato dallo Stato, da altri enti pubblici o dall’Unione europea, ma può essere erogato da soggetti terzi, rispetto ai quali, tuttavia, lo Stato, gli altri enti pubblici o l’Unione europea assumono la posizione di garanti diretti o indiretti attraverso soggetto da questi controllat­i. La condotta punita poteva così consiste non solo nel fatto di acquisire direttamen­te dallo Stato, da altri enti pubblici o dall’Unione europea, contributi, finanziame­nti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo, con artifizi o raggiri e inducendo in errore il soggetto erogante, ma anche nel fatto di acquisire quei benefici da un soggetto diverso, ma in favore del quale lo Stato, altri enti pubblici o l’Unione europea si pongono come garanti ultimi del finanziame­nto.

Ma modifiche erano state previste anche per rendere possibile l’applicazio­ne della malversazi­one ai danni dello Stato e l’indebita percezione di erogazioni ai danni dello Stato. Tutte previsioni ora sparite nella versione della norma all’esame dell’Aula della Camera e che non tranquilli­zzano affatto magistratu­ra e forze dell’ordine.

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