Quattro no a Merkel e Macron «Solo prestiti e per due anni»
Olanda, Austria, Svezia e Danimarca rispondono al piano francotedesco che prevede risorse per 500 miliardi sotto forma di contributi a fondo perduto
Come preannunciato da dichiarazioni pubbliche nei giorni scorsi, quattro paesi europei – Austria, Olanda, Danimarca e Svezia – sono contrari al meccanismo che Francia e Germania hanno proposto per rilanciare l’economia dopo lo shock provocato dalla pandemia Covid-19. Preferiscono che il sostegno finanziario della Commissione europea si traduca in prestiti ai governi, non in sovvenzioni. Detto ciò, dietro ai toni perentori si nascondono i contorni di possibili compromessi.
In un documento di due pagine fatto circolare ieri a Bruxelles i quattro governi hanno ribadito quanto affermato fin da lunedì scorso. « Non possiamo accettare strumenti o misure che si traducano in mutualizzazione dei debiti, e neppure possiamo accettare aumenti significativi del bilancio comunitario». Nel proporre anch’essi un Fondo d’emergenza per la ripresa economica, i quattro paesi dicono di favorire un approccio legato « ai prestiti per i prestiti » .
In altre parole, il denaro verrebbe raccolto sui mercati finanziari da Bruxelles ma distribuito ai paesi sotto forma di crediti, e non di sovvenzioni, come invece proposto da Parigi e Berlino lunedì scorso. Austria, Olanda, Danimarca e Svezia chiedono ai paesi membri beneficiari dei prestiti «il rispetto di riforme e delle regole di bilancio » . Il fondo avrebbe una durata massima di due anni e sarebbe una tantum, spiegano i quattro governi.
Le posizioni nazionali dei quattro paesi non sono coincidenti. All’Aja, il premier olandese Mark Rutte ha sottolineato la necessità di introdurre riforme più che sulla dicotomia tra sovvenzioni e prestiti. A Vienna, la posizione dei Verdi, partner nel governo federale, è più smussata rispetto a quella del cancelliere democristiano Sebastian Kurz. A Stoccolma, l’accento è messo sulla necessità di evitare che il denaro premi i paesi in violazione dello stato di diritto.
Osserva un diplomatico: «Al di là della diatriba prestiti-sovvenzioni, va notato che ormai nessuno mette in discussione né la necessità di un Fondo per la Ripresa, né l’idea di finanziarlo con emissioni di debito comune della Commissione europea». E’ interessante poi notare che i quattro paesi che si oppongono al piano franco-tedesco hanno goduto in questi anni di sconti nel bilancio comunitario (i cosiddetti rebates). Che un accordo possa trovarsi proprio sulla perennità dei rebates?
La Commissione europea guidata da Ursula von der Leyen dovrebbe presentare mercoledì prossimo la sua attesa proposta di bilancio comunitario 2021- 2027 a cui dovrebbe essere associato l’ormai noto Fondo per la Ripresa. Quest’ultimo nuovo strumento dovrebbe essere basato su tre pilastri, dedicati rispettivamente al sostegno dei Paesi membri, al rilancio dell’economia europea, e al rafforzamento di programmi già esistenti.
La bozza dovrà poi essere negoziata tra i Ventisette. Oltre alla quota di prestiti e sovvenzioni, vi sono nodi quali gli ammontari dei vari capitoli di spesa e dello stesso Fondo per la Ripresa, il controllo di Bruxelles sul modo in cui il denaro è usato, la chiave di allocazione e di rimborso del denaro. La speranza qui a Bruxelles è che il negoziato sul bilancio 2021-2027 venga chiuso prima della pausa estiva, magari con due vertici europei, l’uno in giugno, l’altro in luglio.
Da Roma intanto il ministro degli affari europei Enzo Amendola ha definito ieri il documento di Austria, Olanda, Danimarca e Svezia « difensivo e inadatto » alla luce della crisi economica. Ciò detto, al di là degli ammontari più o meno elevati su cui i Ventisette si accorderanno, è da tenere a mente che le procedure comunitarie sono macchinose. Il denaro verrà incanalato attraverso meccanismi amministrativi che nulla hanno a che fare in termini di velocità con le operazioni di mercato della Banca centrale europea.
Oltre la retorica potrebbero esserci margini negoziali sugli sconti (rebates) di cui godono i quattro