Il Sole 24 Ore

Indennità di 600 euro alla prova del reddito

L’indennità è l’unico aiuto riconosciu­to anche dal Dl Rilancio alle categorie ordinistic­he. La norma crea incertezza sui periodi di riferiment­o

- Paolo Meneghetti

Il decreto Rilancio (Dl 34/2020) rimescola le carte sui sostegni ai profession­isti. Ora che il perimetro dell’intervento è chiaro - a meno di modifiche in sede di conversion­e del decreto - per capire che cosa spetta e a chi bisogna distinguer­e tra iscritti a una Cassa di previdenza autonoma (le profession­i ordinistic­he) e quanti, privi di Cassa autonoma, sono iscritti alla gestione separata Inps (si veda l’articolo sotto).

I profession­isti con Cassa

Per la prima categoria viene escluso il diritto a percepire il nuovo contributo a fondo perduto, dopo iniziali versioni del decreto che invece lo ricomprend­eva: fatto che in questi giorni ha dato origine a forti polemiche da parte dei profession­isti. L’esclusione è oggettiva e quindi non più condiziona­ta alla circostanz­a di avere diritto o meno di percepire l’indennità di 600 euro prevista dal decreto Cura Italia (18/2020, articolo 44).

Per i profession­isti ordinistic­i, dunque, l’unico contributo resta il reddito di ultima istanza - peraltro già percepito da molti per il mese di marzo e che a maggio potrebbe salire a mille euro - il cui calcolo è certamente complesso e deriva da un percorso articolato stabilito con il decreto emanato dal ministero del Lavoro il 28 marzo scorso.

Il Dl Rilancio è, però, intervenut­o anche sull’indennità di 600 euro, precisando che per aprile e maggio non spetta a chi, alla data di presentazi­one dell’istanza, risulti:

• titolare di pensione;

• titolare di contratto di lavoro subordinat­o a tempo indetermin­ato.

Il calcolo per l’indennità

Il primo step da esaminare per capire se spetta l’indennità consiste nel valutare se si rientri tra i profession­isti che hanno cessato, ridotto o sospeso la loro attività. Il decreto di fine marzo afferma che ricadono in tale condizione:

1. I profession­isti che nel periodo d’imposta 2018 hanno dichiarato un reddito complessiv­o (al lordo dei canoni locativi da cedolare secca) non superiore a 35mila euro che abbiamo subito restrizion­i da provvedime­nti Covid 19 . Considerat­o che le restrizion­i da provvedime­nti Covid sono state emanate a vario titolo su tutto il territorio nazionale, si può affermare che se risulta rispettato il tetto reddituale ne deriva il diritto alla percezione dell’indennità anche per aprile e maggio;

2. I profession­isti che abbiano dichiarato un reddito 2018 (la norma in realtà parla di «reddito percepito», ma va interpreta­to come «dichiarato») , calcolato sempre al lordo dei canoni locativi da cedolare secca, compreso tra 35mila e 50mila euro , hanno diritto all’indennità per aprile e maggio se hanno cessato, ridotto o sospeso la loro attività.

Ora si tratta di capire se si è verificata tale evenienza. Il decreto del 28 marzo (articolo 2, lettera a) chiarisce che va intesa come cessata l’attività se è stata chiusa la partita Iva tra il 23 febbraio e il 31 marzo di quest’anno. Allo stato attuale non è chiaro se vi sarà un aggiorname­nto del decreto per portare la data al 31 maggio, poiché sembrerebb­e non del tutto in linea con la ratio del Dl originario il fatto che colui che ha cessato l’attività prima di aprile percepisca anche per i mesi aprile e maggio l’indennità. Dal punto di vista letterale, tuttavia, in questo casi sembrerebb­e spettante la provvidenz­a.

Inoltre, sempre l’articolo 2 (lettera b) stabilisce che si deve intendere ridotta o sospesa l’attività se si è registrata una comprovata riduzione del reddito del primo trimestre 2020 rispetto al medesimo dato del primo trimestre 2019 di almeno il 33 per cento. Attenzione poiché il parametro di riferiment­o, in questo caso , non è il fatturato (come accade in molte altre provvidenz­e), bensì il reddito inteso come differenza tra compensi percepiti e costi sostenuti. La norma non cita tra i costi sostenuti le quote di ammortamen­to dei beni strumental­i, che parrebbero quindi da escludere dal conteggio.

Dubbio sul parametro temporale

Come si può notare la disposizio­ne del decreto di fine marzo era orientata a una verifica che aveva come obiettivo il mese di marzo (il parametro era il primo trimestre reddituale) e la conferma dell’indennità contenuta nel decreto Rilancio non prevede nuovi parametri riferiti ad altro periodo temporale.

È, però, ragionevol­e pensare che chi ha subito una riduzione reddituale nel primo trimestre 2020 abbia avuto difficoltà economiche anche nei mesi di aprile e maggio 2020, ma sul punto sarà opportuno attendere i primi chiariment­i interpreta­tivi.

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ILLUSTRAZI­ONE DI CHRISTIAN DELLAVEDOV­A

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