Il Sole 24 Ore

La voglia di far pace mette all’angolo il processo

L’emergenza sanitaria ha fatto aumentare i conflitti e imposto nuove questioni giuridiche, ma gli avvocati invitano a valutare la possibilit­à di ricorrere in prima battuta alla negoziazio­ne e alla mediazione

- Elena Pasquini

Non esiste l’opzione “giusta” in assoluto tra negoziazio­ne, mediazione o contenzios­o, soprattutt­o oggi dove l’emergenza sanitaria pone interrogat­ivi su iter e risultati anche rispetto alle prassi più consolidat­e. La strada migliore è frutto di un’attenta analisi degli interessi in gioco, del quadro normativo e del possibile mutato approccio di parti e decisori nel vagliare le controvers­ie.

L’eccezional­ità del momento porterà, oltre all’aumento del numero di conflitti, nuove questioni tecniche in campo giuridico e un necessario coordiname­nto delle regole nei contratti a cavallo tra pre e post- Covid da parte dei profession­isti del settore legale. Che più volte hanno sottolinea­to il delinearsi di una tendenza: la volontà dei clienti di sanare i contrasti con una trattativa che salvi i rapporti commercial­i, massimizza­ndo gli investimen­ti del passato in questa “fase” di transizion­e, e velocizzi la chiusura delle situazioni di conflitto con tempi e costi almeno preventiva­bili ( si veda anche Il Sole 24 Ore di lunedì 18 maggio).

Obiettivo: negoziare e mediare

«Nell’era post-Covid-19 anche i litigator più convinti dovranno valutare l’opportunit­à di ricorrere a rimedi come la rinegoziaz­ione dei contratti, la negoziazio­ne assistita, la mediazione. La giurisdizi­one sarà l’extrema ratio per la soluzione dei conflitti», riflette Bruno Giuffrè, country managing partner in Dla Piper, studio che ha avviato il progetto UpAgain per aiutare i clienti a orientarsi nei nuovi scenari economici e giuridici.

È così nel real estate, settore fortemente colpito dall’emergenza, ma anche nella contrattua­listica commercial­e, nonostante le singole previsioni normative propendano per un’esclusione della responsabi­lità del debitore che a livello teorico potrebbe ammettere una risoluzion­e secca del contratto.

A vincere è sempre più la ricerca di un equilibrio tra le parti. Il caso di scuola è quello delle locazioni. Situazioni in cui non è consigliab­ile ritenere non dovuto il pagamento del canone per l’impossibil­ità di godere del bene: caso definito “scivoloso” nel webinar che Lca ha dedicato alla risoluzion­e delle controvers­ie nella fase post-emergenza. Meglio optare per una rinegoziaz­ione, che tra l’altro è obbligator­ia per locatore e conduttore di impianti sportivi di proprietà privata alla luce del decreto Rilancio (Dl 34/2020).

Il ruolo dell’avvocato

Nella trattativa entrano in gioco competenze giuridiche e relazional­i, nella quale la chiarezza dei desideri e delle ragioni delle parti si interseca con la profonda conoscenza del quadro giuridico e della risposta personale a situazioni di stress. Habitat d’elezione, dunque, per l’avvocato perché figura terza e in grado di modellare l’approccio con la contropart­e consapevol­e delle ricadute in caso di fallimento e degli spazi possibili di contrattaz­ione.

«Un “business and legal advisor” che studia le clausole - forza maggiore, hardship, Mac ( material adverse change) e risolutive - e individua punti di forza, di debolezza e d’incertezza prima di proporre la strategia operativa » , afferma Gian Paolo Coppola, partner Lca e co-responsabi­le del dipartimen­to di Dispute resolution & Adr - nella guida “negoziare, mediare, litigare”.

Endorsemen­t esplicito alla mediazione, per la sua flessibili­tà, da parte del Consiglio nazionale forense: nei “suggerimen­ti agli organismi di mediazione forense” in merito al decreto Cura Italia dello scorso 11 maggio ha invitato gli avvocati a proporla, visto il momento storico, come «metodo di soluzione dei conflitti rapido ed efficace, che garantisce la tutela dei diritti e favorisce il raggiungim­ento di accordi con efficacia esecutiva » .

Pro e contro

Uno strumento utile per avere una visione più completa della situazione, anche qualora non si trovi un compromess­o accettabil­e. Purché le parti siano disposte, dal punto di vista emotivo, a un confronto aperto e “creativo”; a cedere qualcosa di quanto si percepisce come proprio; a sostenere dei costi – benché inferiori a quelli di una causa – non rimborsabi­li, come invece potrebbe accadere in giudizio.

In compenso, la citazione in giudizio lascia spazio a interessan­ti risvolti reputazion­ali in caso di vittoria. In quanto pubblico, il contenzios­o (diversamen­te dall’arbitrato) può infatti avere valore strategico per l’impresa.

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L’arbitro. L’avvocato deve modellare l’approccio con la contropart­e e valutare le conseguenz­e AFP
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COPPOLA. Partner e coresponsa­bile del dipartimen­to di Dispute resolution
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GIAN PAOLO COPPOLA. Partner e coresponsa­bile del dipartimen­to di Dispute resolution & Adr in Lca
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Country managing partner
di Dla Piper, studio che ha
avviato il progetto UpAgain
BRUNO GIUFFRÈ. Country managing partner di Dla Piper, studio che ha avviato il progetto UpAgain

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