Da studio associato a Stp: un passaggio in cerca di neutralità
Per evitare inutili liti serve una norma che escluda il presupposto impositivo
In questo momento storico l’aggregazione sembra un processo quasi obbligato per molti studi professionali. Ma molti progetti riorganizzativi risultano bloccati a causa di alcune prese di posizione delle Entrate (in particolare, la risposta a interpello 107/2018).
L’Agenzia ha stabilito che, nel caso di una trasformazione da studio associato in Stp, si applica il comma 2 dell’articolo 171 del Tuir, che disciplina la “trasformazione eterogenea” da ente non commerciale a società soggetta all’Ires.
Questa conclusione, tuttavia, non è corretta. Occorre rilevare che il comma 2 dell’articolo 171 stabilisce una sorta di “finzione tributaria” per i beni impiegati nell’ambito dell’attività istituzionale dell’ente che confluiscono, per effetto della trasformazione, in una società di capitali. Tale immissione viene qualificata come conferimento. Si tratta di una finzione in quanto, evidentemente, sotto il profilo giuridico non si realizza alcun conferimento societario, poiché l’ente trasformando non riceve alcuna quota o azione della società risultante dalla trasformazione (chi riceve le quote o le azioni risulta il socio o associato dell’ente).
Si nota, peraltro, che la norma disciplina il passaggio dei beni da una sfera “privata” a una sfera economica: ipotesi che non si realizza per la trasformazione dell’associazione professionale in Stp, perché i beni sono già presenti in un circuito economico.
Occorre però anche considerare la “intima connessione” tra il comma 2 dell’articolo 171 e la lettera n) dell’articolo 67 del Tuir, secondo la quale costituiscono redditi diversi «le plusvalenze realizzate a seguito di trasformazione eterogenea di cui all’articolo 171, comma 2, ove ricorrono i presupposti di tassazione di cui alle lettere precedenti » . In sostanza, si determina la tassazione della trasformazione solo se ricorrono le condizioni per la realizzazione di un reddito diverso di cui all’articolo 67 Tuir.
Ed è questo, a ben vedere, l’elemento cruciale nel caso di trasformazione di uno studio professionale in Stp: le regole dell’articolo 67 Tuir non possono essere applicate quando i redditi vengono conseguiti nell’esercizio di una professione, e di conseguenza non può realizzarsi nemmeno la “finzione tributaria” del conferimento.
Così, in definitiva, nella trasformazione di uno studio professionale non si verifica alcun presupposto impositivo, visto che non c’è alcuna ipotesi di realizzo o, comunque, di destinazione dei beni a una finalità diversa.
A ogni modo, per evitare inutili contenziosi, è opportuno stabilire per legge al più presto la neutralità delle operazioni di aggregazione degli studi professionali. Si potrebbe stabilire la neutralità fiscale delle sole trasformazioni “progressive” degli studi associati (e delle società semplici) in Stp o Sta. Inoltre, sempre in un’ottica “progressiva”, si potrebbe stabilire la neutralità del solo conferimento dello studio professionale svolto in forma individuale.
Accanto a ciò – oltre alla non rilevanza Iva di questi “passaggi” – basterebbe sancire che per evitare salti o duplicazioni d’imposta si applicano i principi stabiliti dalla circolare 11/E/2017 nel passaggio del reddito “per cassa” a quello di competenza.