Cessioni intra Ue, nel Crm solo la firma del trasportatore
Le indicazioni del Fisco sulle prove nei movimenti di beni con altri Stati membri
Con la circolare 12/ E del 12 maggio scorso, l’agenzia delle Entrate ha affrontato il tema del trasporto o della spedizione dei beni verso un altro Stato membro, quale elemento probatorio delle cessioni intracomunitarie dopo l’entrata in vigore dell’articolo 45- bis del regolamento Ue 282/ 2011, come modificato dall’articolo 1 del regolamento di esecuzione ( Ue) 2018/ 1912.
Si tratta, dunque, di una norma di carattere sovrannazionale, diventata immediatamente operativa in tutti i Paesi dell’Unione, senza la necessità di essere recepita nei vari ordinamenti da parte dei legislatori nazionali.
Peraltro, la disciplina Iva – adeguandosi alla direttiva 2006/ 112/ Ce – non ha mai disposto alcuna specifica previsione circa i documenti di cui il contribuente dev’essere in possesso nell’ipotesi di un eventuale controllo, per provare l’avvenuto trasferimento del bene in un altro Stato dell’Unione europea.
L’efficacia della prassi
Fino all’entrata in vigore dell’articolo 45- bis del regolamento Ue 282/ 2011, infatti, gli unici riferimenti per gli operatori erano dati da alcuni documenti di prassi ( documenti che, si ricorda, sono l’interpello n. 100 dell’ 8 aprile 2019, e le risoluzioni 345/ E del 28 novembre 2007, 477/ E del 15 dicembre 2008 e 19/ E del 25 marzo 2013).
A ogni modo, secondo quanto precisato nella circolare 12/ E, la citata prassi non perde di efficacia, poiché deve essere osservata nelle situazioni in cui non opera l’articolo 45- bis: ad esempio, nelle spedizioni o nei trasporti effettuati dal cedente o dal cessionario senza l’intervento di altri soggetti, come lo spedizioniere o il trasportatore.
In questa ipotesi, infatti, per espressa previsione dell’articolo 45- bis mancherebbero gli elementi di prova non contradditori provenienti da due parti indipendenti tra loro, nonché diverse dal venditore e dall’acquirente.
È una puntualizzazione di estrema importanza che si allinea con quanto a suo tempo indicato dalla Commissione europea con le Note esplicative sui “quick fixes 2020”, pubblicate a dicembre 2019.
Dubbi operativi risolti
La circostanza che le disposizioni contenute nell’articolo 45- bis abbiano una portata non estensibile a tutte le fattispecie di trasporti o spedizioni connesse a cessioni intracomunitarie, e che i precedenti orientamenti di prassi possano trovare ancora applicazione in alcune operazioni, ripropone alcuni dubbi di tipo operativo.
Primo fra tutti, il problema finora mai risolto della firma sul Cmr che, peraltro, è stato all’origine di un ampio contenzioso. Su questo punto, la circolare 12/ E/ 2020 è molto importante, perché chiarisce una volta per tutte che il Cmr deve contenere solo la firma del trasportatore.
In termini pratici, questo significa che sussistono gli elementi di prova che l’articolo 45bis richiede per riconoscere effettuato il trasporto in un altro Paese Ue: se il cedente è in possesso di un Cmr, dove risulta la destinazione in un altro Stato dell’Unione e la firma del trasportatore, gli è sufficiente entrare in possesso di un ulteriore documento, quale la fattura dello spedizioniere, purché questi non sia lo stesso soggetto che ha effettuato materialmente il trasporto e ha sottoscritto il documento Cmr, ovvero acquisisca la contabile bancaria dalla quale risulta il pagamento del trasporto.
Un’altra importante puntualizzazione della circolare 12/ E del 12 maggio riguarda l’efficacia retroattiva delle disposizioni contenute nell’articolo 45- bis, poiché l’amministrazione finanziaria sostiene che « in presenza della documentazione di prova ritenuta idonea ai sensi dell’articolo 45bis, la stessa deve essere ammessa ( con forza di presunzione relativa) quale dimostrazione dell’avvenuto arrivo dei beni nell’altro Stato membro » .
Le confutazioni del Fisco
Da ultimo, è bene segnalare come la circolare sottolinei che la valenza della presunzione contenuta nel paragrafo 2 dell’articolo 45- bis del regolamento 282/ 2011, in quanto relativa e non assoluta, consente alle autorità fiscali di confutarla anche nel caso in cui la documentazione in possesso del contribuente risponda ai requisiti ivi previsti.
A tale riguardo, l’agenzia delle Entrate propone due esemplificazioni che ben rappresentano la mancata realizzazione di un trasporto in altro Paese Ue e non consentono l’applicazione del regime della non imponibilità di cui all’articolo 41 del Dl 331 del 1993.
Vengono richiamati, in particolare, « il caso in cui nel corso di un controllo si riscontri che i beni sono ancora giacenti nel magazzino del venditore o il caso in cui si venga a conoscenza di un incidente durante il trasporto che ha comportato la distruzione dei beni » .