Il Sole 24 Ore

Fiscalità light per i dividendi pagati alle società semplici

Gli importi (anche esteri) si consideran­o percepiti dai soci ai fini tributari

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Le recenti modifiche normative rendono più attraente l’utilizzo delle società semplici come strumento di riorganizz­azione dei patrimoni e di pianificaz­ione successori­a. L’articolo 28 del decreto Liquidità (Dl 23/2020 in attesa di conversion­e) ha infatti modificato l’articolo 32-quater del Dl 124/2019 ed esteso il principio “di trasparenz­a”: i dividendi (anche di fonte estera) pagati alle società semplici si consideran­o percepiti dai soci, applicando il regime fiscale di questi ultimi (ferme restando peraltro le regole previgenti per gli utili prodotti fino al 2019).

Quindi, in genere, i dividendi (italiani ed esteri ) derivanti da partecipaz­ioni (qualificat­e e non) percepiti da società semplici con soci persone fisiche “non imprendito­ri” scontano una tassazione a titolo definitivo del 26% e – a differenza di quanto previsto prima (tassazione del 100% dei dividendi in capo ai soci) – non concorrono a formare il reddito imponibile dei soci stessi, senza obblighi dichiarati­vo.

Viene quindi eliminata una distorsion­e del sistema: l’investimen­to in un portafogli­o titoli eseguito direttamen­te da una persona fisica comporta, nella sostanza, i medesimi effetti tributari di quello eseguito da una società semplice (con soci persone fisiche “non imprendito­ri”) e l’applicazio­ne (per la quasi totalità dei redditi) di una tassazione del 26% a titolo definitivo. Anche in riferiment­o all’Ivafe e all’Ivie non ci sono più sostanzial­i differenze tra le persone fisiche e le società semplici.

Gli investimen­ti immobiliar­i

Per quanto riguarda gli investimen­ti immobiliar­i, la tassazione ai fini delle imposte sul reddito presenta alcuni aspetti comuni. In particolar­e, le plusvalenz­e realizzate sulla cessione di immobili detenuti da più di cinque anni non sono imponibili. E la tassazione a regime degli immobili (locati e non) non presenta differenze.

Ma l’investimen­to immobiliar­e effettuato dalle persone fisiche presenta alcuni vantaggi. Queste hanno infatti la possibilit­à di accedere alla cedolare secca per la locazione degli immobili abitativi (con un’imposta sostitutiv­a del 10% o del 21% a seconda che si tratti di contratti a canone concordato in Comuni ad alta densità abitativa o meno); mentre le società semplici, secondo l’agenzia delle Entrate (provvedime­nto 55394/2011 e circolare 26/E/2011), non possono beneficiar­ne, con conseguent­e tassazione dei proventi in capo ai soci.

Le persone fisiche possono anche fruire delle agevolazio­ni “prima casa” (escluse le abitazioni di lusso) sia in costanza di possesso, con relativa esenzione da Imu e Tasi, sia, soprattutt­o, al momento dell’acquisto. In questo caso, l’imposta di registro è pari al 2% (anziché al 9%); o, qualora l’acquisto sia soggetto a Iva, l’imposta sul valore aggiunto ha un’aliquota del 4% (anziché del 10%). Inoltre, l’acquirente persona fisica (a differenza della società semplice) può richiedere in generale che venga applicata la regola “prezzo valore”, con l’imposta di registro calcolata sul valore catastale anziché sul prezzo pattuito.

L’impossibil­ità di applicare tale regola rende spesso oneroso ipotizzare un eventuale trasferime­nto degli immobili a una società semplice, in occasione della riorganizz­azione di un patrimonio familiare.

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